“Finché c’è vita c’è speranza” dice un proverbio. L’uomo naturalmente pensa che la morte ponga fine a ogni speranza. La risurrezione non può che suscitare incredulità o ilarità. Indeducibile da ogni premessa umana, essa è rivelata a chi conosce la promessa e la potenza di Dio. E’ la realizzazione piena della sua salvezza. Amante della vita, Dio non vuole la morte: ha creato l’uomo per l’immortalità. In Gesù ce l’ha manifestata totalmente, mostrandoci come in lui tutta la creazione, insieme con noi, è destinata alla risurrezione. La fede infatti è esperienza del Cristo risorto: la nostra vita è illuminata dalla gioia pasquale e trova nell’incontro con il Signore glorificato la forza per camminare fin dove lui già ci attende. La nostra risurrezione sarà corporea, come la sua; sarà una creazione nuova, passaggio a una vita altra. Il nostro corpo sarà animato dallo stesso Spirito di Dio e parteciperà della sua vita. Anche il racconto della risurrezione (Lc. 24, 1-12) intende mostrarci come noi ancora oggi possiamo incontrare il Signore, narrandoci la scoperta del sepolcro vuoto, l’annuncio della risurrezione, l’incredulità, l’incontro con il Risorto non riconosciuto, il riconoscimento attraverso la Parola e l’Eucaristia.
Constatazione delle donne: non è qui (vv. 1-5)
La settimana giudaica finiva con il sabato, giorno di riposo. Il primo giorno della settimana era dunque il giorno dopo il sabato, che i cristiani hanno chiamato il giorno del Signore Risorto, cioè la Domenica. Le donne che si recano al sepolcro sono quelle che hanno seguito Gesù fin dalla Galilea, e accompagnato Giuseppe di Arimatea al momento della sepoltura. Portano con sé i loro profumi per ungere il corpo di Gesù, come espressione di amore e gioia dell’incontro con lo Sposo. Sorprese nel vedere la pietra rotolata via dal sepolcro, le donne entrano nel sepolcro aperto e osservano: non trovano il corpo di Gesù. Il sepolcro vuoto è un dato di fatto fondamentale. Non è creazione, bensì condizione della fede pasquale. Al vedere i due angeli le donne hanno paura: è il timore di chi avverte la presenza dello straordinario, comune a tutte le manifestazioni di Dio; e chinano il volto verso terra: al timore segue l’adorazione. La rivelazione di Dio è accolta nel silenzio riverente e nell’adorazione.
Messaggio degli angeli: Gesù è risorto (vv. 5-8)
Ecco la grande dichiarazione, la buona novella: Gesù è risorto. Gesù, come il Signore, è il Dio vivente: lui solo è la sorgente e il padrone della vita. Dio non è Dio dei morti, ma dei viventi. Solo la sua parola è in grado di portare la nostra ricerca a chiarire l’enigma del sepolcro vuoto e a sperimentare il Vivente. Infatti ci libera dalla nostra fissazione di morte e ci indirizza verso dove non osiamo sperare. “Non è qui”: il Vivente è passato di qui, ma non è qui. Tuttavia solo chi cerca qui sa che è da cercare altrove. Non tra i morti, bensì tra i vivi, al cui cammino si accompagna. Il sepolcro vuoto, smentita di Dio ad ogni nostra attesa. Volge la nostra mente in una direzione nuova e sorprendente.
Le parole degli angeli contengono anche un rimprovero: le donne avevano dimenticato le profezie riguardanti la passione di Cristo e la sua risurrezione. Le donne lo cercano dove egli non può assolutamente essere: la vista del sepolcro vuoto avrebbe dovuto bastare perché esse potessero comprendere. Il rimprovero degli angeli alle donne non è vano: esse riconoscono nel sepolcro vuoto il segno dell’adempimento delle profezie, e credono che Gesù è risorto. Il ricordo delle parole di Gesù è il principio di ogni incontro con lui. Il racconto del Vangelo strutturato attorno al “memoriale” eucaristico, è questa “anamnesi” (ricordo), trasmessa fino a noi, di ciò che lui ha fatto e insegnato. E’ la luce sia per vederlo che per riconoscerlo come Risorto. Ricordare significa custodire nel cuore la Parola: l’uomo è ciò che ricorda, vive la parola che gli sta a cuore.
Diffusione del messaggio, incredulità dei discepoli (vv. 9-11)
“Esse annunciarono tutto questo agli Undici e a tutti gli altri”. Certamente gli apostoli sono i testimoni ufficiali della risurrezione di Cristo, ma Luca si dà cura di dimostrare che questa missione non era riservata a loro: anche altri discepoli hanno ricevuto anch’essi una missione (cfr. “i settantadue”). La testimonianza delle donne è solida. Si tratta delle stesse donne che hanno seguito Gesù dalla Galilea, in particolare Maria di Magdala, Giovanna, moglie dell’intendente di Erode e Maria, madre di Giacomo. Per attestare che Gesù era uscito vivo dalla tomba, si potevano desiderare testimoni più qualificati di queste donne, le quali avevano assistito all’inumazione del crocifisso, visto il sepolcro e il modo in cui il cadavere era stato collocato? Eppure non sono state credute dagli apostoli, troppo scoraggiati: in quei racconti vedono soltanto chiacchiere di donne. Nella cultura ebraica, infatti, le donne non erano abilitate a testimoniare. Ma Dio ha scelto ciò che nel mondo è disprezzato, perché ha fatto della pietra scartata la testata d’angolo.
Pietro constata (v. 12)
Soltanto Pietro resta scosso dai discorsi delle donne e vuole rendersi conto personalmente dell’accaduto. Questi, sempre così vivace nella sue reazioni, corre al sepolcro e constata la scomparsa del corpo di Gesù. Questa constatazione, tuttavia, non genera in lui che sorpresa e stupore. L’incredulità deve aprirsi alla meraviglia, per non chiudersi al dono di colui che in tutto ha potere di fare molto di più di quanto possiamo domandare o pensare. Il vangelo di Giovanni precisa che il suo compagno (l’apostolo Giovanni) credette, e lascia intendere in questo modo che Pietro non ha ancora creduto alla risurrezione. Nel sepolcro non c’è più la spoglia del morto, ma le spoglie della morte (le sole bende). Sono il segno del trionfo su colei che trionfava su tutti. Finalmente la vincitrice è vinta.
Bibliografia consultata: Gaide, 1970; Fausti, 2011.
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