Giovanni Battista, scelto da Dio per predisporre il popolo di Israele all’accoglienza del Messia, è la figura che, insieme a Maria e al profeta Isaia, meglio esprime la dimensione dell’attesa che caratterizza il tempo di Avvento. La predicazione penitenziale, la testimonianza di vita coerente e coraggiosa, lo stile sobrio e misurato del Battista sono un monito per ogni credente desideroso di incontrare Cristo.
Le convenzioni storiografiche antiche, sia greco-romane che giudaiche, imponevano allo storico di non trascurare la cronologia e il contesto che facevano da sfondo alle vicende che si apprestavano a esporre. Luca (3, 1-6) conferisce ai fatti che racconta un colorito non solo locale, ma universale: per questo motivo, sincronizza l’inizio del ministero di Giovanni con la cronologia dell’Impero romano, menzionando l’anno quindicesimo del regno di Tiberio, succeduto ad Augusto e in carica dal 14 al 37 d.C.
Il dominio romano era esercitato in Giudea dal governatore Ponzio Pilato (26-36 d. C.), il cui compito di prefetto era soprattutto di ordine amministrativo (riscuotere le tasse e garantire la pace). Il quadro politico è completato dai riferimenti a due discendenti della famiglia erodiana, Erode Antipa e Filippo, cui era stato concesso di governare rispettivamente la Galilea, l’Iturea e la Traconitide, mentre Lisania amministrava il territorio dell’Abilene. Da un punto di vista religioso, l’evangelista Luca menziona inoltre due figure sacerdotali: Anna, sommo sacerdote dal 6 al 15 d. C., e Caifa, genero di Anna, che conservò il prestigioso incarico dal 15 al 36 d. C.
In uno scenario politico-religioso così complesso, la parola di Dio venne su Giovanni, nel deserto (v. 2): egli avrà il compito di ricondurre il cuore degli israeliti a Dio e di preparare al Signore che viene un popolo ben disposto. “Egli percorse tutta la regione del Giordano, predicando un battesimo di conversione per il perdono dei peccati” (v. 3): la missione del Battista è all’insegna dell’itineranza e dell’appello alla conversione. Giovanni annuncia un battesimo di pentimento in vista del perdono dei peccati.
Non si tratta di un rito di purificazione o di iniziazione che segnava l’ingresso dei pagani tra i proseliti; esso serve a radicare nel cuore di chi lo riceve un nuovo stile di vita, pronto per accogliere il Signore che viene. In questo senso il termine “conversione” (metànoia) non ha solo una valenza etico-morale, legata al perdono dei peccati, intesi complessivamente come tutto ciò che ostacola la relazione con Dio; esso investe l’esistenza nella sua interezza perché chiede all’uomo di volgere le spalle agli idoli del mondo per tornare decisamente a Dio.
Per Luca la predicazione di Giovanni si presenta come il compimento della profezia contenuta in Is. 40, 3-5: il Battista è identificato con la voce profetica che annuncia ai deportati in Babilonia il futuro ritorno in patria; si tratta del nuovo esodo che Israele è chiamato a percorrere secondo la promessa divina. In un luogo inospitale e privo di vita, il deserto, riprende vigore e vita la speranza del popolo; tuttavia si rende necessaria un’opera di radicale cambiamento, descritta attraverso le immagini dei sentieri da raddrizzare, delle valli da colmare e dei passi tortuosi da appianare (vv. 4-5).
Il brano termina in chiave universalistica: “Ogni uomo (letteralmente: “ogni carne”) vedrà la salvezza di Dio” (v. 6). Nella prospettiva di Luca “la salvezza di Dio” è interpretata in senso cristologico: Gesù Cristo è il Salvatore atteso da Israele; la portata salvifica del suo messaggio non è ristretta esclusivamente a beneficio del popolo eletto, ma si estende anche alle nazioni. Proclamando Cristo come Salvatore delle genti, l’evangelista Luca ridimensiona notevolmente la pretesa universale degli imperatori romani: per ottenere pace e salvezza, gli uomini non devono piegare le ginocchia ai regnanti dell’Impero, ma esclusivamente a Cristo Signore.
Giovanni Battista è l’uomo del deserto, luogo inospitale e arido, ove dimorano fantasmi e paure non domate; il deserto esige capacità di resistenza morale, di austerità e di solitudine e sottopone a dura prova coloro che vi dimorano o che lo percorrono. E la voce del Signore accade non nei palazzi dei personaggi, ma nel deserto. Giovanni abita nel deserto in forma stabile per indicare che “ogni uomo” deve uscire continuamente da ogni schiavitù e camminare verso la terra promessa da Dio. Nel deserto cielo e terra sono egualmente vuoti, tesi al silenzio. Nulla distrae. Solo in questo “nulla” di ciò che c’è può risuonare ed essere sentita la parola di Dio, il contrario della via dell’uomo che da esso rifugge. Giovanni, che ha udito la voce del Signore nel deserto, lì ci vuole condurre per poter percepire la parola di Dio. Infatti, il luogo della storia non è il palazzo, ma il cuore dell’uomo.
Bibliografia consultata: Landi, 2018; Boselli, 2018.
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