Il brano evangelico (Lc. 12, 49-53) di questa 20^ domenica del Tempo ordinario si apre con due affermazioni che circoscrivono il significato della missione di Gesù: “Sono venuto a gettare fuoco sulla terra, e come vorrei che fosse già acceso! Ho un battesimo nel quale sarò battezzato, e come sono angosciato finché non sia compiuto!” (vv. 49-50). Si tratta di due affermazioni enigmatiche, che esprimono da un lato l’urgenza con la quale Gesù desidera dare compimento alla sua opera, dall’altro riflettono la consapevolezza che la missione comporta inevitabilmente sofferenza e sacrificio.
L’immagine del fuoco può essere letta alla luce dei diversi significati già presenti nella letteratura del Vecchio Testamento: Dio, il giudizio, la Legge e la purificazione dei tempi ultimi. Anche nel Vangelo di Luca il fuoco evoca tutti questi significati: da un lato il giudizio ultimo, dall’altro il dono dello Spirito, mediante il quale la Legge viene scolpita nel cuore dell’uomo.
Anche l’immagine dell’acqua riferita al battesimo racchiude una molteplicità di significati: nel racconto di Noè l’acqua evoca il giudizio di Dio; in diversi passi dell’A.T. l’acqua è simbolo di vita, un bene assai prezioso per la terra di Israele; il profeta Isaia predice l’effusione dello Spirito alla fine dei tempi paragonandola alla pioggia che fa rifiorire il deserto, per cui il simbolo dell’acqua finisce per identificare lo Spirito di Dio.
Dunque, con l’immagine del fuoco associata alla missione, Gesù ha inteso parlare del giudizio e, al tempo stesso, del dono dello Spirito. Parlando poi del battesimo, che egli avrebbe presto ricevuto, il Maestro intende affermare che il giudizio sarebbe caduto su di lui e che, anziché essere foriero di morte e distruzione, avrebbe riversato sul mondo vita e benedizione, segni tangibili dell’azione dello Spirito. Si tratta perciò di una missione paradossale, che Gesù assume volontariamente per manifestare al mondo l’amore di Dio. Gesù, dunque, è davvero venuto a portare il giudizio mediante il quale Dio manifesta la sua collera a motivo del peccato dell’uomo, ma al tempo stesso ha preso su di sé il medesimo giudizio, espiando una volta per tutte il peccato dell’umanità.
Grazie al sacrificio della croce, il Figlio di Dio ha riversato sul mondo il dono dello Spirito Santo. Perciò possiamo affermare che Gesù è venuto per assumere su di sé il potere devastante della morte, affinché gli uomini potessero trovare in lui la sorgente della vita eterna ed essere salvati grazie al dono dello Spirito. Di per sé la venuta di Gesù e il conseguente dono dello Spirito dovrebbero essere, per l’umanità, motivo di gioia e di pace. Sorprendentemente, invece, il Signore dichiara di essere venuto non a portare la pace, ma la divisione, una divisione in grado di lacerare persino i legami familiari.
“Pensate che io sia venuto a portare pace sulla terra? No, io vi dico, ma divisione. D’ora innanzi, se in una famiglia ci sono cinque persone, saranno divisi tre contro due e due contro tre; si divideranno padre contro figlio e figlio contro padre, madre contro figlia e figlia contro madre, suocera contro nuora e nuora contro suocera” (vv. 51-53).
La divisione è provocata da più volontà aventi, ciascuna, una parte di responsabilità. La divisione si inscrive nella durata ed è suscitata da una passione più che da una scelta intellettuale. Come accadde un tempo con i profeti dell’Antico Testamento, anche il messaggio di Gesù risuona in un mondo in cui le forze del male si oppongono strenuamente al compimento del disegno di Dio. Ciò significa che l’accoglienza o meno dell’annuncio della Parola provocherà inevitabilmente divisioni tra coloro che l’accoglieranno e coloro che invece lo rifiuteranno.
Gesù certamente non desidera la divisione, ma è ben consapevole che davanti all’annuncio del Vangelo non esiste neutralità: o si è a favore o si è contro, altre possibilità non sono tollerate. In tale prospettiva, il tempo della Chiesa viene caratterizzato da Luca come un tempo di conflitto e, alla luce della formula “d’ora innanzi” (v. 52), sembra che tale tempo si protrarrà fino al ritorno finale di Gesù.
Gesù contesta la pace frutto di compromesso: questa pace è una menzogna; Gesù contesta la pace frutto di silenzio: questa pace è disimpegno. Gesù è venuto a dire e a portare una precisa verità nel nome di Dio: ma la verità è scomoda, la verità crea divisione, la verità innervosisce tutti coloro che vogliono la menzogna. Allora non diremo più la verità? No, diremo la verità e affronteremo la persecuzione. La vita di fede infatti non è un gioco: la fede vera sconvolge letteralmente la vita. Credere in Cristo, infatti, significa organizzare la vita in modo completamente nuovo.
La sua pace? Ha il prezzo del sangue, dell’offerta della sua vita. E, paradossalmente, viene proprio dalla croce, uno strumento di morte. La sua missione? Portare il fuoco perché divampi un incendio che trasforma la faccia della terra. E’ tempo, allora, di rompere gli indugi e di mostrare maggiore determinazione nel credere in lui e nel seguirlo.
Bibliografia consultata: Gennari, 2019; Laurita, 2019.
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