Lisbona è una di quelle città che si lasciano scoprire lentamente. Non basta, infatti, una prima sommaria impressione per apprezzarla ma è necessario percorrerla a piedi seguendo gli itinerari, spesso tra salite e discese, che le stradine dei quartieri più caratteristici suggeriscono.
La sua particolare atmosfera, resa dalla mutevolezza della luce, si ritrova nelle pagine dello scrittore Fernando Pessoa (Lisbona, 1888-1935), nella malinconia tagliente de’ ‘ll Libro dell’inquietudine’ (1982) ma anche nella guida-racconto ‘Lisboa. Quello che il turista deve vedere’ (1925) in cui accompagna il lettore in una visita dei luoghi a lui più cari e ancora oggi mèta dei visitatori.
Pessoa è diventato uno dei simboli della città. Il suo volto e la sua silhouette si trovano ovunque: stampati sugli oggetti in vendita nei negozi di souvenir come sui biglietti del tram. Una statua in bronzo lo rappresenta seduto ad un tavolino all’esterno della storica caffetteria ‘A Brasileira’ (Rua Garrett, 120) nel cuore dell’elegante Chiado, in un dialogo ideale a distanza con la statua di un altro poeta, António Ribeiro (Évora, 1520 – Lisbona, 1591) soprannominato ‘O Chiado’ (l’astuto), da cui si pensa derivi il nome stesso del quartiere.
Dall’aeroporto arriviamo in città con la pioggia dopo un tragitto in metropolitana che merita quanto la visita in un museo, tanto sono belle le architetture e le decorazioni colorate delle diverse stazioni.
Il nostro albergo si trova nella parte bassa della città, la Baixa, nel tessuto di strade regolari lastricate di sanpietrini bianchi e neri. Cerchiamo un posto in cui cenare e la scelta cade su ‘Uma’ (Rua dos Sapateiros, 177), un piccolo e spartano ristorante con le pareti ricoperte di piastrelle in tipico stile portoghese. A prima vista non fa una bella impressione ma il suo ‘arroz de pescado’, riso con il pesce servito direttamente nella pentola di alluminio, ci introduce alle godurie della cucina lusitana.
Non è certo un problema che il signore baffuto non ci guardi mai negli occhi e che ci tolga i piatti immediatamente dopo aver terminato perché abbiamo davvero apprezzato la specialità della casa ritrovandoci a grattare con il cucchiaio il fondo della pentola.
Nei giorni successivi visitiamo i monumenti più celebri della città come il Mosteiro dos Jerónimos con il suo chiostro, la severa torre fortezza di Belém bagnata dal fiume Tago, la cattedrale, le rovine del Convento do Carmo e proseguiamo per i vicoli stretti dell’Alfama dove quasi ogni abitazione ha porte d’ingresso colorate, panni stesi ai balconi e una gabbia per gli uccelli. Siamo nell’anima più popolare e autentica di Lisbona che preserva tutto il suo fascino nonostante i gruppi di turisti come noi diretti al vicino Castello di São Jorge che si può raggiungere anche con il caratteristico tram 28 e dal quale si gode una delle viste più belle della città.
Gli improvvisi belvedere, i miradouros, si aprono come grandi terrazze in vari punti offrendo una visione sempre diversa sul mosaico variopinto degli edifici e sulle facciate completamente ricoperte di maioliche ancor più luminose sotto la luce del sole.
Scendendo a piedi da una delle tante stradine del Bairro Alto, tra antiche librerie dagli scaffali in legno, piccole macellerie e botteghe di barbieri scopriamo per caso una piccola caffetteria, ‘Bom de Noz’ (Rua de São Bento, 78), arredata semplicemente e del tutto dedicata alla produzione dell’omonimo dolce a base di noci ricoperto da una croccante granella al caramello.
Lisbona, città dai tanti volti e del Fado, il genere musicale che la grande interprete portoghese Amália Rodrigues descrive come ‘una ferita che canta’, diventa per noi anche città di delizie culinari
Senza l’aiuto di guide abbiamo, infatti, affinato un certo istinto nello scovare ottimi posti in cui mangiare. Eccoci, dunque, a terminare il nostro breve viaggio nella ‘Tasca O Eurico’ (Largo de Sao Cristovao, 3) e nella ‘Tasca do Chico’ (Rua do Diário de Notícias, 39).
Nel primo locale il pesce è ottimo e simpatiche signore servono con orgoglio il ‘bacalhau à Braz’, uno dei tanti piatti della casa a base di baccalà; nel secondo, invece, il protagonista è il Fado eseguito da appassionati non professionisti che si esibiscono a luci spente e in un totale silenzio. Sulle note della chitarra portoghese riapriamo, non troppo a caso, la nostra guida preferita:
“È disteso su sette colli, altrettanti luoghi da cui godere esaltanti panorami, il vasto, irregolare e multicolore che costituisce Lisbona. Per il viaggiatore che arriva dal mare, Lisbona, anche da lontano, si erge come un’affascinante visione di sogno, contro l’azzurro vivo del cielo che il sole colora del suo oro. E le cupole, i monumenti, i vecchi castelli si stagliano sopra il turbinio di case, come araldi lontani di questo luogo delizioso, di questa regione fortunata”.(F. Pessoa, ‘Lisboa. Quello che il turista deve vedere’)
Eliana Cupiccia
(Già pubblicato su le città delle donne )
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