“L’emergenza Afghanistan è una realtà improvvisa che chiama le nostre coscienze di cristiani e di cittadini ad una risposta!”. Così ha esordito Lubiana Restaini nel commentare le drammatiche immagini provenienti da Kabul. In quel Paese, l’ennesima debacle USA sta spingendo migliaia di persone, in particolare donne e bambini, ad abbandonare un teatro di guerra strisciante che è precipitato in tragedia con l’ingresso vittorioso dei Talebani nella capitale afghana.
“Dobbiamo mettere in campo ciò che di meglio ha prodotto in questi anni la legislazione d’urgenza sui rifugiati, in applicazione della nostra Costituzione. Come il Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (SPRAR), che è costituito dalla rete degli enti locali che per la realizzazione di progetti di accoglienza integrata accedono, nei limiti delle risorse disponibili, al Fondo nazionale per le politiche e i servizi dell’asilo.
A livello territoriale gli enti locali, con il prezioso supporto delle realtà del terzo settore, garantiscono anche interventi SAI, Servizi Accoglienza Integrazione, che superano la sola distribuzione di vitto e alloggio, prevedendo anche misure di informazione, accompagnamento, assistenza e orientamento, attraverso la costruzione di percorsi individuali di inserimento socio-economico.
C’è da tener conto, come ha ben chiarito Antonio De Caro, Presidente di ANCI, che il problema della distribuzione dei profughi è fondamentale e che bisogna evitare gli errori del passato quando in un comune di qualche migliaio di abitanti si inviavano centinaia di persone e famiglie, mettendo a dura prova la sociabilità e stabilità dell’intera comunità paesana.”
C’è bisogno di saggezza affinché anche i piccoli Comuni possano essere opportunamente coinvolti con pochi rifugiati per ciascuno di loro, di uno o al massimo due nuclei familiari, per fare in modo che si vada oltre l’accoglienza, verso un percorso integrativo.
La legge n° 141 del 2014 che finanzia i sistemi SPRAR e SAI, riserva risorse proprio specificamente ai profughi dall’Afghanistan e quindi un’accurata programmazione dovrebbe supplire a disguidi, incomprensioni o peggio conflitti con i residenti dei Comuni.
Le aree interne e montane potrebbero anche veder attuato un aspetto del controesodo da tempo invocato, quello del ripopolamento guidato verso una effettiva integrazione. Lo dobbiamo per impegno morale, a popolazioni che abbiamo coinvolto nel nostro processo di democratizzazione, in un paese da decenni in guerra, e che purtroppo abbiamo poi abbandonato alla dominazione medievale dei Talebani”.
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