La folla ha mangiato e si è saziata. Gesù costringe i discepoli a salire sulla barca e a precederlo sull’altra riva, mentre lui si ritira sul monte, solo, a pregare: una solitudine dei discepoli, soli sulla barca, senza Gesù, e una solitudine del Maestro abitata, nella preghiera, dal Padre.
E’ sera e di nuovo Gesù insiste per rimanere da solo (v. 23). Ha bisogno di questi momenti di solitudine, che non sono mai disinteresse per gli altri, volontà di esclusione dal mondo. Gesù abita la vita, ma la vive facendo sgorgare per essa la sorgente di ogni relazione: la preghiera e il rapporto col Padre. Gesù non “sparisce” per ignorare i Dodici; al contrario si riserva un tempo per essere, tra loro, ancora più segno dell’amore e della presenza di Dio; insegna che sentirsi indispensabili è ingannare sé stessi e gli altri.
Gesù lascia che i discepoli s’imbarchino per andare all’altra riva del lago di Galilea: che stiano un po’ da soli anche loro, pur in mezzo alle contrarietà di un vento “nemico”! E’ come se Gesù li guardasse da lontano, con amorevole fiducia, con la mano pronta a salvare se qualcosa andasse storto. E’ “dietro” di loro, anche se non è ancora sulla barca. I discepoli non sono certamente un esempio di coraggio: paura, fantasmi e notte sono elementi classici che preannunciano i loro timori, l’instabilità della situazione, il bisogno di rassicurazione. Solo il Signore Gesù sa quanti bisogni abitino il cuore dell’uomo. Gesù sa di questa paura e conosce bene le nostre incertezze. Per questo non teme di far risuonare la sua voce forte nella notte della paura che schiaccia i discepoli. “Coraggio, sono io, non abbiate paura!” (v. 27). Il coraggio Gesù lo infonde nella vita di ciascuno perché nessun discepolo ne sia privo.
E’ interessante l’atteggiamento di Pietro col suo desiderio di verificare: “Signore, se sei tu, comandami di venire verso di te sulle acque” (v. 28). In un certo senso Pietro vuole provare se nella sua vita Gesù c’è, oppure se è tutto un sogno. In Pietro sembra di risentire tanti nostri discorsi: e se dopo questa vita non c’è nulla? E se la Chiesa ci raccontasse delle favole? Pietro chiede una verifica: se Gesù cammina sull’acqua, che possa camminare anch’io! Pietro cammina sull’acqua, ma fino a un certo punto. Il vento forte e la paura possono scombinarci più che la parola di Gesù. Ed è la mano di Gesù ad afferrarlo e a “rimetterlo in piedi”. La mano di Gesù che salva Pietro non è la mano di un fantasma. E’ quella di Dio. La sola capace di ridarci coraggio, di consolare nelle nostre pene, di farci affrontare l’impossibile.
Il Capocordata.
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