Ricordare Accumoli, a tre anni dal terremoto: i palazzi, i vicoli, il museo…

“A tre anni dal terremoto l’unica preoccupazione che mi passa per il cervello è quella di salvare i vivi, le persone che abitano il territorio”

Roberta è una accumolese, una dei tanti sopravissuti al terremoto del 24 agosto 2016, quello che ha avuto ad Accumoli il suo epicentro e che nel piccolo borgo reatino – neppure 600 anime in inverno, poco più di mille in estate – ha spezzato 11 vite. La terra si aprì letteralmente alle 3.36. I tetti, i solai e i muri interni crollarono, le volte e i muri portanti cedettero, le case si aprirono in due sotto le scosse che hanno squarciato il borgo.

Roberta ha voluto condividere con i lettori de "Il Quotidiano del Lazio", le emozioni affiorate nel ricordare la vita che animava il suo amato borgo, prima del nefasto dì del 24 agosto.

Ecco il suo racconto.  

"Sicuramente lo scenario di mucchi di pietre e terra, di erba che sommerge ogni via un tempo abitata, piena di colori e voci, non aiuta a raccontare un paese che un tempo vantava la fama di 'Oppidum', Fortezza. Potrei raccontare infinite cose sulla nascita di Accumoli nei secoli che si sono succeduti.

I palazzi erano il vanto del paese datati dal 1200 – 1400 al 1600. Potrei raccontare la pietra arenaria con cui sono state erette le abitazioni, le mura enormi che caratterizzavano le strutture, finemente intagliate da abili mani di scalpellini, e poi gli affreschi che abbellivano gli interni.

Senza dimenticare i vicoli, le pianelle delle case e le chiese, so bene però che tutto questo non c’è più e non può esistere se non nella mia fantasia e nei racconti con i paesani. Purtroppo il 24 agosto del 2016 un terremoto devastante ha distrutto il paese e solo allora si è venuti a conoscenza che non si poteva costruire più come un tempo.

La nostra terra è sismica bisogna farsene una ragione e non piangere più sopra i palazzi storici che non vedranno più la luce, o saranno costruiti in maniera diversa, più snella e con criteri antisismici.  A tre anni dal terremoto l’unica preoccupazione che mi passa per il cervello è quella di salvare i vivi, le persone che abitano il territorio. 

C’è una parola 'resilienza' che racchiude un significato stupendo, andare oltre le sventure e sfruttare le situazioni che si possono creare nonostante il dramma. Cosa possiamo sfruttare ad Accumoli? sicuramente il turismo perché anche se siamo stati privati di ogni cosa, almeno ancora non ci hanno distrutto le nostre montagne che rappresentano i veri pilastri del turismo.

Accumoli possiede luoghi incantati, posti nati per soddisfare la vista al visitatore e a chiunque si soffermi anche solo per un attimo a guardare l’orizzonte. Un tempo in paese avevamo il 'museo del parco' gestito dal Parco Nazionale Gran Sasso Monti della Laga e dallo stesso Comune che aveva messo a disposizione un locale ovvero Palazzo Cappello.

All’interno del palazzo si poteva fare un percorso chiamato 'un giorno da florista' e un programma didattico per scolaresche e famiglie. Sicuramente un progetto ambizioso che andava curato e custodito. Purtroppo il turismo per l’amministrazione comunale di allora che poi è sempre la stessa di oggi non è stato mai preso in considerazione più di tanto, così ci siamo lasciati sfuggire dalle mani un progetto che se meglio organizzato e pubblicizzato avrebbe portato tanta gente sul posto.

Si poteva partire dalle scolaresche e arrivare alle famiglie. Conosco bene questa situazione perché ho lavorato per anni a Palazzo Cappello come l’addetta al turismo e al programma didattico. Purtroppo però, sempre per pochi mesi e con contratti stagionali, che non aiutano se si vuole portare avanti un programma d’avanguardia e di ricerca rispetto al territorio.

Un giorno magari l’amministrazione lo capirà , visto che si parla tanto di temi riguardanti l’ecologia. Dopo il terremoto il turismo viene affrontato solo in maniera invasiva e rispettando poco il territorio. La zona SIC dei Pantani è una località che merita di essere visitata ma a piedi, questi ambienti non possono subire modifiche drastiche, tutto deve rimanere in equilibrio per permettere all’ecosistema dei langhetti di sopravvivere.

Pensate, vi faccio fare una risata, mi era arrivata la voce che qualcuno volesse costruire un albergo ai Pantani, mi son detta tra me: chi potrà essere quello squilibrato che pensa una simile idiozia. La nostra terra, i nostri pascoli vanno difesi e custoditi, è tutto quello che ci rimane. 

Mi auguro che presto, si arrivi a capire che posti come i nostri non hanno prezzo, quindi è giusto saperli valorizzare, ma non distruggerli. Il turismo porterebbe riscontri economici nel territorio, persone impiegate come guide, e sicuramente muoverebbe l’economia del luogo partendo dai commercianti alle strutture ricettive ancora da costruire a valle.

Il buon senso nella vita è tutto quello che ci accompagna e che ci distingue, usiamolo per ritornare a essere un paese che conta, senza mura ma con ali per volare".

(Testo a cura di Roberta Paoloni)

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