In questi giorni ha fatto parlare tanto di sé Antonio Cicchetti, attuale sindaco uscente di Rieti che, durante l’iniziativa elettorale del candidato di centrodestra alle amministrative, Daniele Sinibaldi, ha incitato i suoi sostenitori con lo slogan “boia chi molla“. Un motto che ha acceso le critiche poiché al pari di “vincere e vinceremo“, è ritenuto un incitamento alle masse di stampo fascista.
“Dobbiamo andare avanti col grido di battaglia che è sempre il solito: Boia chi molla“. Parole pronunciate dal sindaco di Forza Italia, ex membro del Msi, che non sono passate in secondo piano. La frase pronunciata al termine del comizio del suo protetto ha innescato un’ondata di polemiche. Per questo motivo, il leader di Forza Italia ha deciso di replicare.
“Boia chi molla è un motto, radicato nella storia d’Italia, non un indizio di reato. Pronunciarlo in un intervento nel quale si esorta a non desistere un attimo dal fare campagna elettorale rappresenta la conclusione sintetica di un discorso e non è un invito alla sollevazione popolare o alla discriminazione di chicchessia“.
Un discorso che non sembra così lontano dalla giustificazione di Pino e Amedeo: “non sono le parole, ma le intenzioni”. Tuttavia, se fosse davvero così non dovremmo riconoscere il potere delle parole nella costruzione del pensiero collettivo.
Numerosi studiosi, da Ciacotine a Reich, hanno dimostrato come il linguaggio e il simbolismo, insieme ad altri elementi, siano fondamentali e determinanti nella costruzione di un ideale condiviso. Nella psicologia collettiva, infatti, le parole utilizzate da un politico sono l’elemento cardine su cui si erge il proprio potere.
Seppur le intenzioni di Cicchetti non erano quelle di incitazione all’odio o alle masse, tuttavia, la ripresa di motti fascisti a “cuor leggero” potrebbe innescare meccanismi violenti o discriminatori senza controllo.
Una tesi condivisa da una numerosa fetta di cittadinanza, tra cui il presidente della comunità ebraica di Roma Ruth Dureghell, che in un tweet ha espresso il suo dissenso. “Boia chi molla’ non è il grido di battaglia, ma il motto di un’ideologia sconfitta dalla storia da condannare senza ambiguità o fraintendimenti“.
Anche gli avversari politici del Partito Democratico non hanno fatto attendere la loro presa di posizione. Oltre all’onorevole Emanuele Fiano e al presidente della Commissione Giustizia della Camera Mario Perantoni, ha preso parola anche Enrico Letta. Il quale nel suo tweet scrive: “un passato che non passa. Inaccettabile e vergognoso. Ancora più convintamente nei prossimi giorni sarò a Rieti al fianco di Simone Petrangeli. Per voltare pagina”
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