Cronaca

Rieti, disavventura shock al De Lellis. Tutto quello che non dovrebbe essere un Pronto Soccorso

E’ di dominio pubblico la situazione critica in cui versano la maggior parte dei Pronto Soccorso degli ospedali italiani, ma quando prendiamo coscienza del degrado presente nelle realtà locali della Sanità nazionale, allora un moto di repulsione e di rabbia si impadronisce di noi.

Questo breve preambolo è per introdurre il racconto di una incresciosa esperienza di malasanità vissuta da un cittadino di Rieti presso il Pronto Soccorso dell’Ospedale San Camillo de Lellis del capoluogo reatino. Riportiamo quindi un episodio di malasanità dove prevale il comportamento negligente e incurante del personale sanitario della struttura ospedaliera nei confronti del paziente.

Riceviamo e pubblichiamo

“Sabato 22 aprile, alle ore 10:30, mi sono recato al pronto soccorso dell’ospedale San Camillo de Lellis sotto consiglio del mio medico di base; premetto che, prima di recarmi al pronto soccorso, ho chiamato per accertarmi ci fosse un otorinolaringoiatra che potesse aiutarmi con il mio problema alle tonsille, problema che purtroppo degenerava da giorni nonostante le diverse cure antibiotiche.

Dopo una lunghissima attesa per il triage al desk del pronto soccorso spiego la mia situazione con molta fatica e dolore per via dell’occlusione alla gola facendo capire perfettamente all’infermiera che necessitavo di un otorino. Finito di spiegare tutte le cure che avevo fatto non mi è stato rilasciato neanche il foglio dell’accettazione.

Dopo un ulteriore lunga attesa, nonostante fossimo solo in due ad avere la necessità dell’otorino, vedo che la ragazza prima di me riesce a farsi visitare; al suo ritorno al pronto soccorso ho chiesto quanto fosse occupato il dottore e lei mi ha risposto che non c’era nessun paziente. Dopo quasi 4 ore di attesa, sollecito il desk per avere maggiori informazioni, e molto scocciate mi rispondono che l’otorino era andato via da un quarto d’ora, che io non necessitavo di un otorino e che avrei dovuto aspettare ulteriormente.

Premetto che durante quelle ore ho assistito a delle scene raccapriccianti: un signore in condizioni pessime è stato ignorato per tantissimo tempo mentre un infermiere al desk parlava di fatti suoi con un signore che non necessitava di nessuna cura, molto probabilmente un conoscente.

Ho visto questo signore che purtroppo spazientito ha interrotto la chiacchierata tra i due e ha iniziato a raccontare con sofferenza quello che gli era accaduto e che sarebbe stato carino venisse accettato al pronto soccorso visto che gli era caduto un albero addosso; ovviamente, dopo la sfuriata, ha deciso che fosse opportuno andare via (giustamente).

Oppure persone anziane lasciate tra l’entrata e l’uscita, mentre la porta scorrevole continuava a sbattere interrottamente nella barella, per non parlare dei modi quasi offensivi, omertosi e saputelli degli infermieri nei confronti dei pazienti.

Insomma, ho vissuto per poche ore all’inferno, fino a quando non ho deciso di prendere la scelta più saggia e dirigermi al pronto soccorso dell’ospedale Santa Maria di Terni dove, dopo neanche 5 minuti al triage, mi hanno accolto dentro; nel giro di due ore sono riuscito a fare le analisi, il tampone per il Covid come da prassi, e a sottopormi alla visita con l’otorino che ha deciso di farmi ricoverare vista la mia situazione.

Devo dire che ho trovato un ambiente completamente diverso, la gentilezza e la vera dedizione che ci mettono gli infermieri e i dottori, sono stati eccellenti dal primo momento che ho messo piede nell’ospedale”.

(Testo scritto dal nostro lettore Stefano Tarquini, protagonista della disavventura al Pronto Soccorso di Rieti)

Redazione

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