Rieti, scandalo ARES: dirigenti e associazioni nell’occhio del ciclone
Coinvolti 5 dirigenti e 7 rappresentanti legali di associazioni di volontariato. Abuso d’ufficio, concussione, corruzione, peculato, falso ideologico, truffa ai danni dello stato e frode nelle pubbliche forniture i reati di cui dovranno rispondere
Nella mattinata del 31.05.2017, i carabinieri del nucleo investigativo notificavano un avviso di conclusioni indagini, emesso dal GIP del Tribunale di Rieti, nei confronti di 5 dirigenti dell’ARES (Azienda Regionale Emergenza Sanitaria) e 7 rappresentanti legali delle principali associazioni di volontariato reatine, perché ritenuti responsabili a vario titolo dei reati di abuso d’ufficio, concussione, corruzione, peculato, falso ideologico, truffa ai danni dello stato e frode nelle pubbliche forniture.
L’operazione aveva inizio nel maggio 2014, su delega della Procura della Repubblica di Rieti, a seguito di un esposto contenente la registrazione “in ambientale” di un colloquio fra l’allora direttore della centrale operativa ARES di Rieti e il presidente della “Croce Bianca di Rieti”. Nel corso dell’incontro, il primo pretendeva il pagamento di una tangente di 30.000 euro per ottenere il rinnovo delle convezioni relative alle postazioni emergenziali 118 di Borgo San Pietro di Petrella Salto e Paganico Sabino. L’indagine, condotta dai militari non solo con l’utilizzo di strumenti di natura tecnica di intercettazione telefonica, ma anche per mezzo dei cosiddetti “metodi tradizionali”, consentiva di accertare l’esistenza di un sistema corruttivo che vedeva coinvolte alcune delle principali associazioni di volontariato reatine.
Risultava inoltre che le prestazioni eseguite da tali associazioni, per le quali percepivano un lauto rimborso spese da parte della regione Lazio, non erano conformi alle prescrizioni indicate nelle rispettive convenzioni, risultando difformi dai requisiti richiesti sia per quanto riguarda i mezzi utilizzati, che per il numerico o le qualifiche del personale impiegato, producendo pertanto un danno erariale superiore ai 4 milioni di euro nell’arco temporale relativo agli anni dal 2012 al 2014. In relazione al personale utilizzato si appurava inoltre che, in alcuni casi, lo stesso veniva assunto a tempo determinato per pochi mesi e poi licenziato, continuando di fatto a svolgere le proprie mansioni e percependo “in nero” la propria retribuzione.