Cucina

Ristorante Pulejo, una nuova stella Michelin illumina Roma (nel nome di Giulia)

Da quest’anno una nuova stella brilla a Roma ed è quella del Ristorante Pulejo dello chef e patron Davide Puleio. Stella arrivata a soli sette mesi dall’apertura avvenuta il 31 Marzo 2022. Davide inizia il suo viaggio nell’alta ristorazione a Il Convivio Troiani con Angelo Troiani, a soli 21 anni. Poi un salto in Europa, prima Londra poi Copenaghen al Noma ma la nostalgia dell’Italia è troppo forte.

Davide Puleio

Pulejo, da Copenaghen a Roma via Milano

Riparte da Milano, alla guida della cucina de L’Alchimia, dove conquista la sua prima stella Michelin; ma, come un cerchio che si chiude, torna nella sua Roma dove tutto era iniziato. Davide è un ragazzone dall’aspetto forte ma buono, il suo tono di voce pacato e rassicurante nasconde il grande dolore che porta nel cuore. Davide oggi è soprattutto uno degli chef più apprezzati nel panorama romano e non solo, consapevole della sua bravura e determinato a raggiungere gli obiettivi prefissati. Siamo andati a trovarlo in via dei Gracchi, a pochi passi da Piazza San Pietro, proprio a ridosso del primo compleanno di Pulejo e ci siamo fatti raccontare la sua storia e la sua cucina.

Mi-Ro risotto alla milanese con vaccinara e cacao

Buongiorno Davide, cosa ti ha portato ad aprire Pulejo?

Io ho sempre lavorato per questo! E’ un pò il sogno di tutti noi chef quello di aprirci un ristorante, esprimerci, crearci il nostro piccolo mondo ed è sempre stato anche il mio sogno. Proprio durante il periodo del Covid, in una fase di cambiamenti, ho capito che era il momento di andare in banca, indebitarmi fino al collo ed avviare il mio ristorante.

Anche la scelta di chiamarlo con il mio cognome non è casuale, non riuscivo a trovare un nome giusto e siccome il concept è quello di riportare a casa la cucina della memoria, elegante ma confortevole ho scelto Pulejo dove la “i” diventa “j” in memoria di una persona molto cara che, da quasi 5 anni, non c’è più. La nascita di questo ristorante è stata molto veloce ma, forse per bravura, forse per fortuna siamo sempre pieni. Ma credo che anche questa fortuna ce la siamo creata insieme ai ragazzi sia di cucina che di sala che sono molto bravi, ma siamo sempre in fase di crescita.

Cosa hai portato qui delle tue esperienze passate?

Ovviamente tutte le tecniche che ho imparato in giro per l’Italia, il sapersi rapportare con la brigata, poi questo lavoro non è soltanto cucinare ma c’è anche la parte del business e alla fine bisogna far quadrare i conti. Hai giovani chef consiglio sempre di fare esperienze importanti, in cucine importanti e sotto i grandi chef perché ti permettono di imparare non solo a cucinare ma anche a gestire il ristorante. Qui siamo undici dipendenti più me e gestirli non è facile. Ci vuole tanta esperienza, pelo sulla pancia, una tempra importante, e tutte le esperienze passate mi hanno portato a saper gestire determinate situazioni, problem solving, gestione manageriale e del personale. Poi ovviamente c’è la parte del saper cucinare, ma io dico sempre che se c’è un minimo di scaltrezza e consapevolezza viene naturale, la parte difficile è la gestione.

Peperone come manzo

Quando racconti la tua cucina ti riferisci spesso alla memoria e ai ricordi

Penso sia una cucina di memoria ed evocativa. Ho studiato la sinestesi, il processo mentale che porta ognuno di noi ad associare un colore, un odore, un sapore ad un avvenimento della propria vita e penso che avere questi ricordi faccia bene all’anima e al cuore, come l’odore del sugo della domenica che preparava la nonna. Secondo me questa cosa non va persa e dovrebbe essere presente in tutti i ristoranti, anche nei tre stelle. In Italia abbiamo una storia gastronomica importante, perché perdere questi ricordi, come l’odore della brace per esempio? La mia è quindi una cucina evocativa e quando penso ad un piatto lo penso anche in base ai miei ricordi, ad un’esperienza, una camminata da qualche parte… Ogni mio piatto deve avere un senso, dietro ogni piatto c’è una storia.

Raviolo, pomodoro arrosto, crema di latte al midollo e battuto di manzo

Pulejo in meno di un anno ha vinto il People’s Choice nei TheFork Awards e soprattutto dopo soli sette mesi dall’apertura è arrivata la prima Stella Michelin, ti aspettavi questo successo immediato?

Ni! All’inizio no, poi si! C’è da dire che, al di là del passo azzardato che ho fatto, qualcosina avevo già dimostrato precedentemente, la guida sapeva di questa apertura, gli ispettori mi conoscevano quindi ho semplicemente riaffermato quello che avevo già preso. Mi sono ripreso quello che avevo e quello che merito. Adesso stiamo cercando di alzare il livello sia in cucina che in sala cambiando anche alcuni piatti, ora deve essere solo un crescendo mantenendo però la costanza sulla qualità e sul servizio.

Piccola pasticceria

La tua squadra è molto giovane, quanto è importante il team?

Tanto! Però è anche tanto difficile tenerli uniti, non si può essere sempre accondiscendenti e amici anche se io per il 70/80% per loro sono un amico ma deve esserci quel 20% in cui bisogna fare la parte del cattivo altrimenti non capiscono dove si trovano, il contesto e l’importanza del posto in cui si trovano. Non possiamo ragionare ad ore, in ristoranti come questo c’è bisogno di tanto impegno e sacrificio, bisogna essere consapevoli ed evocati a questo lavoro, ci vuole tanta determinazione.

C’è Giordana che è qui dal primo giorno, il responsabile di sala Mattia anche, poi c’è la mia compagna Shiren che ho strappato ad un altro ristorante, in cucina idem. La squadra è importantissima, una delle forze del ristorante poi nulla è per sempre, vorrei che rimanessero sempre con me però ci sta che ci sia un ricambio prima o poi. Per questo è importante che ci sia una standardizzazione nei processi di lavoro in modo che il ristorante vada avanti chiunque ci sia anche se dovessi mancare io il ristorante deve andare avanti, a prescindere.

Come vedi c’è una bella atmosfera, molto conviviale; poi stiamo cambiando le porcellane, arriveranno dei piatti importanti della Meissen, una delle porcellane più antiche, cambieremo alcuni bicchieri, la cantina dei vini è arrivata a quasi 200 etichette. Si respira una bella energia anche grazie ad un servizio più dinamico.

Quanto è importante avere la tua compagna di vita anche come compagna di lavoro?

Non è facile! Tempo fa un signore anziano mi disse: ”Ci vuole tanta comprensione, tanta pazienza e certe volte mordersi la lingua”. Alla fine però Shiren è qui e ci aiutiamo a vicenda, se non lo fa lei chi lo deve fare?

Davide Puleio al lavoro

Qualche nuovo progetto?

Non nego che ho aperto questo ristorante per arrivare alle due stelle, ora punto tutto su questo e sono concentrato al raggiungimento di questo obiettivo. Poi magari un giorno mi piacerebbe aprire anche un posticino sul mare, con una cucina più casereccia, un’alternativa nel progetto Pulejo e se continua così non penso passeranno molti anni. Ora però voglio la seconda stella a tutti i costi, la vita è tanto breve che bisogna cercare di fare tutto senza avere rimpianti. Amo questo lavoro, amo l’adrenalina e la stanchezza, sono molto ambizioso e punto sicuramente molto in alto.

Durante questa chiacchierata abbiamo fatto solo un piccolo accenno… possiamo concludere con un ricordo, anche professionale, di Giulia?

Certe volte sembra come se il tempo non fosse mai passato e quando mi fermo a pensare mi rendo conto che la vita alcune volte è proprio stronza e ingiusta. Avevamo tanti sogni che volevamo realizzare insieme, questo ristorante ad esempio. Infatti anche mia mamma e mio papà lo hanno voluto fortemente. Ci sono tanti bei ricordi ma anche malinconia, rabbia, delusione è un misto di sensazioni inspiegabili. Cerco di portare avanti la sua memoria; io sto tutto il giorno, tutti i giorni qua dentro e lo faccio anche per lei. Tutti i risultati che raggiungo sono dedicati a lei, lei fisicamente non può ma ci penso io e questo aiuta anche i nostri genitori.

Giulia Puleio, sorella di Davide, è tragicamente scomparsa nel Giugno del 2018, a soli 25 anni, in seguito ad un incidente stradale insieme allo chef Alessandro Narducci. Entrambi lavoravano al ristorante Acquolina, Giulia era la responsabile di sala. (Il fatto viene citato anche da Andrea La Caita nell’intervista dello scorso mese).

Simone Pacifici

Nato a Tivoli (Rm) il 28/07/1977, narratore di enogastronomia per la passione ereditata dalla famiglia materna. Negli anni ha frequentato corsi di cucina, pasticceria, sala e giornalismo enogastronomico.

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