Un posto incantato, a pochi passi dalla riserva naturale del Monte Rufeno (non distante dal Lago di Bolsena), proprio all’incrocio di tre diverse regioni. Un tramonto bluette da togliere il fiato ci accoglie dopo diversi chilometri di guida in mezzo al bosco. Arriviamo in posizione privilegiata, con vista sulla valle del Paglia e il cielo capriccioso della giornata ci regala un colpo d’occhio che ha qualcosa di magico, come il luogo in cui siamo approdati.
E’ proprio qui, a Trevinano (frazione di Acquapendente), un piccolissimo borgo asserragliato sulle colline del Viterbese, all’estremità nord del Lazio, proprio al confine con la Toscana e l’Umbria, che si trova “La Parolina” di Iside De Cesare, la chef stellata ma anticonformista. Un’artista della cucina, pluripremiata e ben nota negli ambienti dell’haute cusine per la sua bravura, la sua determinazione ma anche per la sua “semplicità” che scopriremo essere la chiave del suo successo, fatto innanzitutto di autenticità.
Incontriamo la chef prima di cena, per un fuggevole tète-à-tète perchè sebbene il personaggio sia già ampiamente conosciuto, a noi interessa scoprire “la persona” per comprendere il segreto di una donna, mamma, chef e imprenditrice che, dopo la formazione e diverse esperienze ad alto livello (come quelle, ad esempio, con Heinz Back e Salvatore Tassa), ha optato per una scelta al confine tra il coraggio e l’incoscienza.
“Ho fatto di necessità virtù” ci confessa candidamente, rinunciando a costruzioni più allettanti, perchè Iside non ha davvero nulla di costruito, ma è tutta spontaneità allo stato puro, cordialità, un bel sorriso e lo sguardo sincero che arriva dritto al cuore. “Era l’unico modo per coniugare la mia professione con il mio grande desiderio di avere (e soprattutto vivere a pieno) una famiglia; lavorando per qualcun altro non avrei mai potuto crescere i miei figli come ho fatto. Questa duplice esigenza e l’amore per il contatto diretto con la natura mi hanno portato qui”.
Ed è così che, nel 2005, Iside e Romano Gordini (conosciuto in Romagna tra i fornelli de La Frasca), arrestano la loro ricerca di un posto speciale in questo piccolo borgo dell’alto Lazio. Prima rilevando un’attività dismessa da tempo, da cui deriva il nome originario “La Parolina” a cui restituiscono valore e sapore e poi costruendo, a pochi passi, una struttura ex novo. Innanzitutto la propria casa, annessa all’ormai noto ristorante stellato e poi due splendide suite dove solo gli ospiti più fortunati (e più previdenti) del ristorante posso fermarsi, coccolati da un mix di delicatezza, comfort e cura del dettaglio.
L’idea vincente è sicuramente quella di aver realizzato un ristorante (ed un alloggio annesso) a propria immagine e somiglianza con cui Iside ha stravinto la propria sfida anticonvenzionale.
Eh si perchè quando si entra a La Parolina si viene ammaliati da un ambiente elegante ma sobrio, privo di eccessi, la prevalenza dei colori tenui del legno, un sottofondo musicale avvolgente e, dalle ampie vetrate, la vista della valle che in serata sfuma in un tramonto inebriante che sembra dipinto da Yves Klein, tale è l’intensità del blu che illumina la valle all’orizzonte.
Quasi superlfuo, in questa ricerca dell’anima, è ricordare la stella michelin arrivata nel 2008, difesa sempre col sorriso e la professionalità (e che ha appena compiuto 15 anni dopo la recentissima, scontata, conferma nella guida 2024), così come il titolo di “miglior chef donna” a Identità Golose Milano nel 2010 o l’attività di docente illustre presso la scuola culinaria “A Tavola con lo chef” (dove si è formata negli anni ‘90). Solo per citare alcuni dei moltissimi ruoli e riconoscimenti di Iside che ha trovato il tempo per realizzare, a pochi chilomentri di distanza, anche “La Monaldesca”. Un progetto diverso, per un target più pop rispetto a quello de La Parolina, rappresentato da una sorta di agriturismo, posto proprio all’interno della riserva naturale che consente di dormire direttamente nel cuore del bosco, con attrezzature che si prestano perfettamente per team builnding, campi scuola e vacanze immerse nella natura, dove ritrovare se stessi in attività ritempranti (come la caccia al tartufo, le passeggiate a cavallo, l’orienteering o la visita all’osservatorio astronomico di Monte Rufeno).
Ma torniamo a La Parolina, la creatura gourmet di Iside che ci spiega come, a suo avviso, “innovazione e tradizione” sono inscindibilmente legate: “non può esistere l’una senza l’altra” ci dice, perchè l’innovazione determina inevitabilmente un cambiamento delle tecniche sia di coltivazione che di lavorazione delle materie prime ed impone un adeguamento alla tradizione, senza la quale però la sola innovazione resterebbe priva di contenuti e di sostanza.
E infatti nei suoi piatti troviamo innanzitutto la valorizzazione dell’ingrediente del territorio, come nell’antipasto (il fungo porcino arrostito con brodo di shiitake e crudo di prataiolo), dove il principe del bosco viene esaltato con semplicità; al pari dell’entré che lo ha preceduto (“il finto caviale”) realizzato con lenticchie nere di Onano, cremoso di patate e scorza di limone.
La semplicità raggiunge poi la perfezione nei due primi che saggiamo: Il risotto allo zenzero e zafferano, con sorbetto di mela verde, dal sapore sorprendente, delicato ma deciso allo stesso tempo, in un gioco di contrasti tra diverse consistenze e temperature. Altro primo da stella è rappresentato sicuramente dai cappelletti di coniglio alla cacciatora, brodo di carota e olive di Gaeta, un’autentica esplosione di sapori, dove il carattere della selvaggina è mitigato e in qualche modo nobilitato dal brodo vegetale.
Da segnalare poi i “Percorsi” (prevalentemente di carne ma con anche una deviazione verso “il lago di Bolsena”); delle mini degustazioni composte da più piatti in uno, come “Tutto il Piccione”, la “Cinta Senese” e “La Manzetta Maremmana” che scegliamo. Ci viene servito un tris di portate che inizia con uno stracotto di tenera guanciola con patate all’olio, per proseguire con un burger di bollito, capperi e salsa verde (che merita una menzione a parte perchè implode in bocca con un golosità imbarazzante) e termina splendidamente con la tartare majo di tonda gentile Romana, semplicemente squisita.
Un trionfo di sapori degnamente accompagnato da due vini azzeccatissimi: uno “Strappo alla regola” millesimato (cantina “Le Macchie”) ed un “Albarino de Feninanes” 2015 (D.O. Rìas Baixas)
La chiusura poi è tutt’altro che scontata.
Pur volendo provare praticamente tutti i dolci in carta, tanto alte erano le aspettative consapevoli della maestrìa in materia della chef De Cesare che nasce pasticcera, ci lasciamo invece piacevolmente fuorviare da una chicca geografica de La Parolina, L’Italia squisita. Una rappresentazione cartografica del Bel Paese (formato 40×30 cm) che diventa in 3D col posizionamento, sopra ogni regione, di una petite pàtisseries che, di volta in volta, la rappresenta. Solo per citarne alcuni si va dai piccoli cannoli siciliani sotto la punta dello stivale, ai pasticciotti leccesi sul tacco, alle sfogliatelle napoletane in Campania, ai cantucci toscani poco sopra, per concludere con un trio (la zuppa inglese, il tiramisù e la sbriciolona mantovana) che si distende ad arco lungo le regioni del nord.
Un gioco goloso, un’invenzione sorprendente ed educativa che diverte la mente e rapisce il palato, conquistando ed unendo grandi e piccini in un vortice ludico ed appagante. Consigliatissimo per le famiglie ma, ovviamente, non solo…
Al termine di questa splendida cena, fatta di coccole e scoperte gustose, in un ambiente elegante ma familiare, forse grazie alle bollicine inebrianti avidamente trangugiate, ci torna alla mente l’ultima domanda posta alla chef nella nostra chiacchierata pre-cena.
Il piatto che rappresenta di più Iside De Cesare? Sicuramente i cappelletti in brodo progressivo. Un cappelletto in brodo accompagnato a parte da una perla di brodo affumicato in gelatina e da un estratto di alloro; due componenti aggiuntive con cui il brodo, dopo un primo assaggio, viene contaminato per due volte, mutando quindi in progressione, in tre sapori diversi.
Ciò che stupisce, però, non è solo, in questo piatto come nella sua filosofia, la perfetta simbiosi tra tradizione e innovazione, bensì la genesi della sua ispirazione.
Iside ci aveva confessato che, a suo avviso, la forma d’arte per eccellenza è la scultura (perchè in essa non c’è spazio neanche per il minimo errore) ed ecco la scoperta di questa creazione, ispirata proprio ad una delle sculture più celebri del nostro sconfinato patrimonio artistico, conservata nella Galleria Borghese. I tre momenti in cui, nell’“Apollo e Dafne” del Bernini, il dio greco prima insegue con ardore la ninfa (l’esplosione e la carnalità del cappelletto), poi la creatura “sfuma” attraverso la metarfomosi (grazie alla perla di brodo affumicato) ed infine si trasforma in una pianta di alloro (simboleggiata dall’estratto che conferisce al piatto il sapore finale).
Una trilogia di momenti, quella della scultura dell“Apollo e Dafne”, che stupisce e conquista perché “semplice e perfetta” al tempo stesso, proprio come la “perfezione della semplicità” della Parolina di Iside De Cesare a Trevinano di Acquapendente.
Articolo a cura di Marco Tocci
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