Rodolfo Laganà è “Nudo Proprietario 2.0” al Teatro Tirso
Il ritorno al teatro di Rodolfo Laganà a distanza di meno di un anno in veste di “Nudo proprietario 2.0”
Il ritorno al teatro di Rodolfo Laganà a distanza di meno di un anno in veste di “Nudo proprietario 2.0” è come per un vino generoso l’invecchiamento che segue ad una annata rigogliosa. Il destino riserva ad ognuno in un battito d’ali accadimenti imprevisti e le percezioni mutevoli del tempo che passa se colte in armonia con l’accettazione condivisa del proprio presente custodiscono l’ironia e rinnovano lo stupore. Nel caso in questione memoria e musica rappresentano il cuore pulsante di un percorso descritto in un monologo intenso e visceralmente sincero ed entrambi contribuiscono ad alimentare una prodiga maturità giunta imprevista nelle modalità di svolgimento. Due neuroni che hanno il merito della serenità oltre che della saggezza e sorreggono le riflessioni e i sogni di un artista che a 58 anni non sarà più sorpreso dagli inganni del tempo ma, divenuto ormai impermeabile alla imbecillità della specie, potrà essere solo rapito dai carezzevoli misteri della vita. Dal Ghione al Tirso in una versione rinnovata per ribadire la concezione del valore autentico dell’esistenza e dell’unica proprietà di cui disponiamo: l’età anagrafica e le passioni dell’anima. Il tema è subito al centro di questo onesto e originale “One Man Show”.
C’è chi ha lavorato tutta la vita ma non è proprietario di niente e chi non ha mai lavorato ed è proprietario di tutto. C’è la proprietà pubblica che se è pubblica non è proprietà, c’è quella privata, privata di tutto. La proprietà è solo un’illusione. La grande illusione è appunto la nuda proprietà che “te la passo quando trapasso”. Banche, assicurazioni, multinazionali, lobby finanziarie hanno espropriato i nostri averi. L’unica vera proprietà è la certezza di 58 anni che esibisce con fierezza da “ancien prodige”. Il tempo che passa ma non se ne va, anzi, rimane dentro; è l’età, quella che non ci sentiamo mai, o meglio, che ognuno vorrebbe diversa da quella che detiene. Quando arrivano le nozze d’oro dal battesimo, cambiano tante cose fra cui il carattere: ‘…a trent’anni al computer usavo il 12, adesso se non uso il 24 vedo solo una macchia nera e gli occhiali ce l’ho ma devo ricordarmi dove li ho messi perché anche la memoria è inversamente proporzionale all’età. Fino a 40 anni mi ricordavo tutto e non mi sfuggiva niente. Adesso mi sfugge tutto e non mi ricordo niente’. E’ la confessione agrodolce che adombra però un senso di libertà e di autoironia che l’età di certo favorisce, quello di dire e fare quello che più piace, in primis nomi e cognomi di personaggi squallidi. A cadere sotto la mannaia della memoria è un certo Fausto Piermarini, amico alle elementari, alle medie e al liceo, divenuto onorevole grazie anche al suo voto e sparito al momento opportuno.
Adesso ruba soldi pubblici dopo aver cambiato poltrona, ha la scorta pagata “anche da me che devo difendere te che hai rubato i soldi a me che ti ho pure votato…..Io al liceo mi son trombato tua sorella”. Privatosi di quel sassolino dalla scarpa così ingombrante scagliato al momento opportuno, Rodolfo è un fiume in piena perché mettersi a nudo significa essere proprietari della propria anima come dei pensieri liberi da accomodamenti per non consentire che altri lo facciano al posto tuo. Rodolfo introduce il brano musicale che dà il senso allo spettacolo. “Sta nuda proprietà io me la godo adesso ché sono proprietario di me stesso. Sono nudo proprietario, santo senza il calendario. L’orologio fuori orario. Editore di me stesso”. Accompagnano il mattatore nella sua performance Gianni Quinto e Roberto Giglio che sono i neuroni della memoria e della musica; gli unici rimasti, che lo aiutano a ricordare e ad assecondarne la vicenda umana e il talento. Per adeguarsi al cambiamento, inaugura percorsi nuovi e stili di vita impensati prima dei quarant’anni “perché il corpo, se lo tratti bene, ti dura tutta una vita”. Surreale e godibilissima dissertazione sulle nuove frontiere del food nell’era del bio. L’apertura ad una alimentazione alternativa fondata sui sesamini, che non sono gli appartenenti ad un ordine religioso bensì croccantini di sesamo e miele da ingurgitare in quantità industriale anche se spalmati di nutella perché inopinatamente leggeri! Oppure il latte di soia al cioccolato, da inzuppare a piacere con due o tre cornetti, intanto il latte di soia è altamente digeribile… E così via. La dieta a zone, quella a punti, quella mediterranea, tutte però reinterpretate.
La sofferenza fisica e psicologica della dieta è devastante, perché se è vero che l’appetito vien mangiando, “hai da vede come te viè digiunando”. Le riviste in bella mostra nelle edicole del tipo “Vivere sano”, “Stare in forma”, “Magna de meno!”, “Ammazza che rotoli!” aumentano la dipendenza psicologica. Non va meglio in farmacia. Le bilance hanno perso il rispetto di una volta. Prima mettevi cinquanta lire, diceva quanto pesavi, era un rapporto a due. Adesso è impicciona e confidenziale, fa la dietologa senza averne titolo. Metti un euro, ti chiede quanto sei alto, che tipo di parto ha avuto tuo padre, quanti siete in famiglia, che studi hai fatto. Non ti dice quanto pesi ma quanto dovresti pesare. Rodolfo ha un’aria compassata e sorniona, disincantata, sempre compostamente irriverente, mai ossequiosa. L’aspetto esteriore non conta? Oggi per migliorare l’immagine si paga qualsiasi prezzo. Palestre, saune, centri estetici, cliniche della salute. E’ una guerra. Ma Rodolfo quella guerra non la vuole combattere. Lui, col suo corpo, vuole essere tollerante, una via di mezzo, “massaggio shiatzu e m’assaggio pure le fettuccine”. I prodotti lights mettono sconforto: lo yogurth magro, il latte scremato, i biscotti ultrasecchi per colazione con l’80% di fibre, il 15 di proteine e il 2 di biscotto. Tornando alle diete da cui Rodolfo è particolarmente turbato, la dieta vegetariana potrebbe costituire una soluzione ma l’ecosistema è andato a rotoli perché le nubi sono tossiche, l’ozono si buca, le piogge sono acide e precipitando sulla terra fan crescere l’erba allucinogena per il pascolo di mucche più “fatte” che Pazze.
Omeopatia e rimedi naturali sono percorsi non convenzionali tentati, tra pillole, integratori, radici e fibre vegetali ma diventare vegano e rinunciare al piacere della tavola comprometteva il portafoglio del nostro e non placava la fame. L’ importante è avere preso coscienza del problema: la cura era giusta ma il paziente sbagliato. “Paziente alternativo” con l’accompagnamento musicale del “neurone” Roberto Giglio epitoma il concetto più di ogni altra esternazione. Viviamo nell’era del sospetto, tra controlli, intercettazioni, perquisizioni, e persino la richiesta dello scontrino anticipato al bar è un atto dovuto che soffoca sul nascere il godimento pregustato. Tra sensi di colpa e sensi di sfiducia si insinuano paranoie di ogni genere: al telefono conversazioni innocue che diventano gergo criptico, codici bancomat in attesa di codifica e tessere ritirate per digitazione fuori tempo massimo. E allora eravamo più poveri ma anche più sereni mezzo secolo fa e a ricordarcelo è “Vecchie storie” cantata con ardore da Roberto, affresco nostalgico e malinconico, una pellicola da “c’era una volta” Roma.
Ognuno di noi, chiosa Rodolfo, è un po’ sedici valvole e un po’ diesel, perché si vive di emozione, di ambizione ma soprattutto di passione. Ognuno di noi sogna di percorrere la strada a tavoletta, in tutta libertà, col vento sulla faccia, privo di cinture inibitorie. ‘Ognuno di noi ha il proprio incidente perché si vive di emozione, di ambizione, di accelerazione ma soprattutto la strada è piena di ‘coijoni’. Ognuno di noi ha una meta da raggiungere, un autostoppista da caricare, un tratto di strada da percorrere in due, perché si vive di incontri, di rimorchi ma anche di rimorsi. Ognuno ha una strada davanti che non ha mai imboccato, un’occasione perduta che non conta. Ognuno di noi è in viaggio, è un abbagliante acceso, è un paesaggio dal finestrino. Ognuno di noi è nudo proprietario’. Con l’età cambia anche il rapporto col sesso ma non è detto che manchino aspetti interessanti. Il sonno è un piacere sublime riservato a pochi, messo a rischio dal ritmo frenetico che scandisce la lotta quotidiana in una giungla inestricabile. Ognuno ha una competizione da onorare, come si preserva la reputazione, per sentirsi stupidamente vivo purché ‘dagli altri’ e ad ogni costo considerato. Tutti gli esercizi commerciali e le categorie, poliziotti, magistrati, politici vanno ‘in puzza’ fra di loro, in un ‘tutti contro tutti’ che attanaglia un paese allo sbando, piombato dall’umanesimo al puttanesimo. E allora restano i sogni che non costano nulla ma aiutano a vivere.
E fra i sogni il più suggestivo è quello di sentirsi un angelo scelto e di volare sulla città che l’artista ha nel cuore come l’impronta genetica . ‘Chi dice che la mattina sta città dorme non è mai stato alle 7.30 nel tratto S.Giovanni – Prenestina’. Il traffico rassegnato e nervoso attraversa una tangenziale concepita senza ritegno né riservatezza per i residenti profanati. Prati dall’alto sembra una scacchiera, con l’intreccio di strade titolate a nomi di illustri romani sconosciuti ai più ma familiari per abitudini apprese. La stazione Termini in confusione perpetua a metà tra il Cairo e Parigi. Il centro storico è come una donna da conquistare, non si riesce a penetrare; vigili, transenne, ci provi in tutti i modi e in palio c’è il traguardo della sosta a rischio. ‘Roma, immenso eterno lunapark. Le altre città hanno fari, riflettori, una sola ha l’occhio di bue, Roma’. Quello di Rodolfo è il compiacimento consapevole di chi vede la prospettiva senza finzioni, da un osservatorio privilegiato, e non può trattenere la sua struggente dichiarazione di appartenenza. Ripropone a richiesta un cavallo di battaglia senza età e il tema sui Promessi Sposi è il degno atto finale che conclude la performance di un comico di razza. Quel tema appartiene alla nostra infanzia, è il virtuale ritorno a scuola di tutti noi e suggella l’animo romantico, tenero, discolo e sognatore di questo ragazzone bonario che strizza l’occhio alla vita dopo averne appreso il segreto. Come un innamorato che sa aspettare, finalmente corrisposto.
Testi di Paola Tiziana Cruciani, Rodolfo Laganà, Gianni Quinto. Regia di Rodolfo Laganà.
Al teatro Tirso de Molina di Roma fino al 29 novembre.
Sebastiano Biancheri