Roma, 1 luogo e 4 tesori nascosti: gli Oratori e la biblioteca di Papa Agapito I

lI segreto di questa città sta proprio nel suo “invisibile”, in ciò che era prima e oggi non è più, ma che ancora vive

Biblioteca Agapito I

C’è un luogo, a Roma che contiene ben quattro tesori assolutamente imperdibili.
Basta arrivare ai piedi della scalinata che conduce alla Chiesa di San Gregorio al Celio e deviare a sinistra per una cancellata da cui si accede a uno slargo in fondo al quale si aprono tre luoghi di culto sistemati agli inizi del ‘600 dal cardinale Cesare Baronio: gli Oratori di Sant’Andrea, Santa Barbara, Santa Silvia, tre piccole cappelle che conservano splendidi affreschi di Guido Reni, del Domenichino e di Antonio Viviani.
E poi c’è il quarto tesoro, la Biblioteca di Papa Agapito I (535-536 D.C.) di cui resta ben poco ma che è altamente suggestiva.

Gli affreschi di Guido Reni

Al centro, la Cappella di Sant’Andrea conserva al suo interno splendidi affreschi del Domenichino e di Guido Reni, al quale si deve anche la decorazione dell’abside (con il “Concerto degli Angeli”) della Cappella di San Silvia. La Cappella di Santa Barbara contiene invece il cosiddetto “Triclinio”, la tavola di marmo sulla quale San Gregorio serviva personalmente il pranzo a dodici poveri. La leggenda racconta che un angelo un giorno si sedette alla tavola vestito da povero.
A ricordo di questo fatto, nella metà del XV secolo, vi fu incisa una frase in latino: “Bis senos hic Gregorius pascebat egentes, angelus et decimus tertius accubuit” (Qui san Gregorio nutriva i poveri e un angelo sedette come tredicesimo).
Le pareti dell’oratorio sono affrescate con uno splendido ciclo pittorico che ritrae undici momenti importanti della vita di san Gregorio Magno eseguiti da Antonio Viviani tra il 1603 ed il 1604.
L’unicità di questi tre luoghi, oltre alle opere pittoriche di altissimo pregio che da quattro secoli sono impresse nelle loro pareti, è nella loro disposizione a ventaglio che permette di uscire dall’uno e di entrare immediatamente nell’altro senza discontinuità alcuna.

La biblioteca di Papa Agapito I

È come se qui, Roma abbia voluto “esagerare”, offrendo al visitatore la possibilità di non saziarsi mai, ma di accrescere la fruizione della bellezza spingendola a un livello tale da rasentare l’estasi.
Questo mi porta a suggerire di non lasciarsi andare alla casualità, ma di seguire un ordine sequenziale che anteponga la visita degli oratori a quella della Biblioteca di Papa Agapito I.
È proprio in questo luogo, il più antico di tutti, che potrete scaricare la tensione estatica accumulata nella contemplazione dell’orgia dei dipinti del ‘600 degli oratori.
Vi si accede da una passaggio esterno che in realtà dice ben poco.
Eppure, percorso qualche metro e superato un piccolo cancello, si entra nella parte più intima e ricca di storia di questo scrigno di meraviglie che, nonostante l’aspetto spoglio e anonimo, possiede un fascino che non ti sai spiegare, ma che ti prende fino a stordirti.
È la potenza della storia millenaria di Roma, strati su strati di opere di epoche diverse ognuna delle quali ha dato vita alla successiva e così facendo ha assicurato la conservazione di un patrimonio unico al mondo, fruibile da tutti, desiderato, sognato, invidiato e soprattutto amato da chiunque né venga a contatto.

Strato sopra strato

Le fonti medioevali ci parlano di una biblioteca fondata sul Celio proprio sul Clivus Scauri nel VI secolo da Papa Agapito I per raccogliervi i testi cristiani.
Ma prima, al posto della biblioteca, vi era un’insula romana del II secolo con botteghe e appartamenti e poi, molto più in là, nel 1600, parte di questa struttura è servita come basamento per l’oratorio di Santa Barbara.
In mezzo, il vuoto, perché non è che si sappia molto in dettaglio e del prima e del dopo.
Quello che invece si sa, una volta entrati in questo spiazzo spoglio a cielo aperto, è che anche il silenzio della storia, con tutti i suoi misteri, è nutrimento per lo spirito e pane per l’immaginazione.

La magia di Roma

E, forse, il segreto di questa città sta proprio nel suo “invisibile”, in ciò che era prima e oggi non è più, ma che ancora vive nei pavimenti, nei muri, nei soffitti che oggi calpestiamo, che tocchiamo, che contempliamo e che ci parlano di un tempo passato mai morto che pulsa nel nostro DNA così come pulsa il tempo imprigionato nei resti confusi ma distinti di epoche passate di cui è percolante il tessuto urbano della città.
Sta a noi “imbibirci” e godere di questa incredibile opportunità che ci viene offerta.
Oratori e Biblioteca sono aperti il sabato mattina.
Non si paga nulla.
Approfittatene.