C’è chi, una volta varcata la porta del museo, rimane a bocca aperta, chi si diverte a cercare luoghi familiari, come la propria casa, chi invece segue i segni incisi sui frammenti con il dito accompagnando con esclamazioni di meraviglia la corrispondenza della pianta antica con quella moderna.
In effetti, il nuovo Museo della Forma Urbis, allestito all’interno dell’Ex Palestra della Gioventù Italiana del Littorio, nel Parco Archeologico del Celio, e aperto recentemente, costituisce un unicum nel panorama museale romano.
È costituito, in realtà, da un solo reperto, la Forma Urbis, rappresentata qui da alcuni frammenti, circa 200, dei quali è stato finora possibile raggiungere un’identificazione e un’ideale collocazione sulla topografia moderna.
I frammenti sono posizionati sui pavimento della sala, sovrapposti, come base planimetrica, alla Pianta Grande di Giovanni Battista Nolli del 1748. I visitatori possono così effettuare un vero e proprio viaggio nella città antica, apprezzando i particolari delle planimetrie con una visione il più possibile ravvicinata.
In pratica, una volta varcato l’ingresso alla sala, ci si trova immediatamente catapultati all’indietro nel tempo senza avere il tempo di rendersi conto, e quindi prepararsi, del salto temporale di diciotto secoli.
L’effetto sorpresa è assicurato.
La Forma Urbis Severiana, ovvero Forma Urbis Romae o Pianta marmorea severiana, è una pianta di Roma antica incisa su lastre di marmo risalente all’epoca di Settimio Severo, tra il 203 e il 211, ed era originariamente collocata nel Tempio della Pace (o “Foro della Pace”).
Il settore più conservato del Foro della Pace è oggi inglobato in due monumenti: Tor de’ Conti, posta all’inizio di via Cavour, al di sotto della quale è ancora visibile la struttura in opera quadrata di una delle esedre del portico, e la chiesa dei Santi Cosma e Damiano, edificata tra il 526 e il 530, sull’angolo meridionale del Foro all’interno dell’aula retrostante il muro della Forma Urbis.
Il nucleo più imponente dei resti del Foro è dunque addossato alla Basilica di Massenzio, giunto finora a noi proprio perché inglobato dalla chiesa dei Santi Cosma e Damiano.
Si trattava della versione monumentale in marmo dei documenti catastali del tempo depositati negli archivi della Prefettura; in pratica raffigurava le planimetrie degli edifici di Roma, a una scala media di circa 1:240.
Attualmente si conservano 1.186 frammenti delle lastre, che corrispondono a circa il 10-15% del totale in uno stato che varia da piccole schegge a settori di lastra con interi quartieri, case, portici, templi e botteghe. Solamente per circa 200 frammenti circa è stato finora possibile raggiungere un’identificazione e un’ideale collocazione sulla topografia moderna.
Una volta terminata la visita del museo, è possibile passeggiare nel contiguo giardino archeologico, in cui sono stati organizzati per nuclei tematici una grande quantità di materiali epigrafici e architettonici di grandi dimensioni delle collezioni dell’ex Antiquarium Comunale, provenienti dagli scavi di Roma di fine Ottocento.
Insomma, un viaggio nel tempo che consigliamo vivamente a tutti per meglio comprendere, apprezzare e toccare con mano, ma soprattutto con i piedi, la grandezza e la bellezza della città eterna.
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