C’è chi semplicemente non vede. Chi invece preferisce non guardare per non soffrire. C’è chi guarda e va avanti per la sua strada come se niente fosse. Chi guarda e vorrebbe fare qualcosa, ma desiste prima ancora di provarci pensando che tanto non servirà a nulla. C’è chi guarda, agisce, attende e poi si arrende alla prima evidenza di essere una voce in un mondo di sordi. Infine, c’è chi guarda, denuncia, attende e poi ricomincia, all’infinito, senza arrendersi mai, senza mai farsi travolgere dalla consapevolezza di essere un naufrago al centro di un oceano.
Una città dai mille problemi nella quale è difficile vivere, praticamente impossibile avere punti di riferimento, un luogo dove il più delle volte gli amministratori vivono realtà parallele, lontane anni luce da quella quotidianità che pesa come un macigno insopportabile sulla schiena di chi si trova a combattere con problemi che paiono non interessare o addirittura disturbare chi sarebbe pagato per risolverli.
E così, ad esempio, Roberto T, in zona Tor Sapienza, documenta ogni santo giorno con video e foto i fumi tossici che si levano ogni sera dal campo rom di via Salviati e avvolgono tutti i fabbricati intorno, compreso quello dove lui e sua moglie vivono, costringendoli a respirare i veleni frutto della combustione di pneumatici, metalli e rifiuti di ogni tipo usati indiscriminate nel campo.
La sua giusta rabbia nei suoi post è qualcosa che dovrebbe scuotere le coscienze degli amministratori del municipio, del Sindaco stesso, ma nessuno pare avere a cuore la salute della comunità che dovrebbe proteggere.
Mai una risposta, ma qualcuno che si sia degnato di andare a controllare, nulla di nulla. Al massimo, stucchevole propaganda, slogan mai seguiti da fattività. A nessuno importa che la gente non possa nemmeno stendere i panni all’aria mefitica o vivere con le finestre chiuse anche d’estate, quando ci sono 40°C e le case diventano degli autentici forni crematori.
Ma lui non si arrende. Perché Roberto fa parte della categoria 6, quella degli “irriducibili”, quelli che combattono fino alla morte per difendere la propria dignità, il diritto alla salute, e quella di tutta la comunità. Lancia i suoi strali contro il primo cittadino, definito ironicamente “il chitarrista” e tutti i suoi assessori senza mai arrendersi, senza mai perdere la speranza in un possibile miracolo.
Stessa cosa per Francesca DS. Anche lei urla la sua rabbia postando foto e video di roghi, fumi, degrado di ogni genere nella zona di Porta Portese Est. Tonnellate di rifiuti che invadono strade, marciapiedi, entrano perfino nei portoni delle case nei giorni di mercato. E non solo. Trans e prostitute che esercitano a pochi metri dalle case, di notte e di giorno, clienti che si fermano e contrattano le tariffe a seconda delle prestazioni richieste mentre mamme riportano a casa dalle scuole i figli piccoli cui non sanno cosa dire, come spiegare. Francesca è un’altra che grida in un mondo di sordi, di indifferenti.
Non si ferma mai. Ore e ore buttate al vento nella speranza di essere ascoltata. I suoi video silenziosi urlano un dolore che non si può descrivere con parole adeguate. Eppure, questo dolore, come quello di Roberto, non suscita alcun interesse.
La politica, quella che dovrebbe spegnere i roghi, soffiare sui fumi tossici, spazzare via i rifiuti, il degrado, lasciare che i bambini percorrono strade sicure dove la trasgressione sia dare un calcio ad un pallone, non esiste, non è interessata al cittadino. Forse è questa, più di ogni altra, la cosa più triste e tragica di tutta questa triste, tragica storia di dolore inascoltato.
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