Roma. Ama, ex Cda Bagnacani chiede 17 mln di danni per essere stato rimosso
“Non truccai i conti, così la sindaca mi licenziò” (Bagnacani, ex ad Ama)
L’ex presidente del cda di Ama defenestrato a febbraio 2019 da Virginia Raggi, Lorenzo Bagnacani, e l’ex consigliere, Andrea Masullo, hanno intentato una causa da 17,3 milioni verso la municipalizzata dei rifiuti per la loro rimozione.
E’ quanto emerge da un passaggio della delibera approvata dalla Giunta capitolina che dà l’ok ai bilanci 2017/18/19, al piano di risanamento e a quello industriale della partecipata.
Il collegio dei sindaci di Ama, nella sua relazione ha evidenziato “i seguenti fatti di rilievo successivi alla chiusura dell’esercizio 2018: 1) l’ex presidente, unitamente all’ex consigliere, hanno convenuto in giudizio Ama affinché il giudice dichiarasse l’illegittimità della revoca dell’intero Consiglio di Amministrazione e, conseguentemente, condannasse la società a corrispondere agli attori il compenso che gli stessi avrebbero percepito se rimasti in carica sino al termine per il mandato, nonché il risarcimento del danno di natura patrimoniale e non patrimoniale dagli stessi subito, per una somma complessiva pari a 17.324.247,90 euro”.
Questo non è l’unica spina giudiziaria per l’azienda: “In data 24.06.2020 Roma Multiservizi ha notificato ad Ama atto di citazione, chiedendo al Tribunale Civile di Roma di accertare e dichiarare l’inadempimento di Ama alle obbligazioni di cui ai contratti di appalto del 1.02.2019 afferenti ai Lotti IA, III, X, XIV e XV del Bando Ama 2/2018″, quello relativo alla raccolta differenziata delle utenze non domestiche, successivamente abbandonato dalla stessa partecipata di Ama che ha contestato il cambiamento in corso d’opera dei presupposti iniziali dell’appalto (in particolare il numero di utenze da servire) che l’avevano portata a partecipare alla gara.
La delibera capitolina spiega nitidamente i numeri della crisi di Ama, che ha chiuso il progetto di bilancio 2017 facendo registrare una perdita di 227 milioni, scesa a 12 milioni nel 2018, per poi arrivare a un utile nel 2019.
Tra i motivi del pesante risultato negativo del 2017 c’è la svalutazione del Centro Carni (dove doveva essere realizzata un’operazione immobiliare per patrimonializzare la società) per complessivi 115,8 milioni.
Mentre la perdita del 2018 è riferita in particolare alla distruzione del Tmb Salario, incenerito da un incendio nel dicembre di tre anni fa. Su questi due temi il Campidoglio non ha intenzione di rimanere inerte e così la Giunta ha deciso di dare mandato “al Segretario Generale e al Capo dell’Avvocatura Capitolina” per la “valutazione di eventuali profili di responsabilità e danno in ordine alla gestione del processo di valorizzazione del Centro Carni condotto dal Fondo Immobiliare Sviluppo che ha portato alla svalutazione del Centro Carni medesimo, alle altre vicende che hanno portato alla svalutazione del patrimonio della società quali l’incendio al Tmb di via Salaria 981 ed infine alle vicende connesse alla gestione Ta.Ri. sulla base delle documentate relazioni richieste agli organi di amministrazione e controllo della Società”.
Sulla Tari la questione è relativa ai 250 milioni di euro che, secondo un’inchiesta in corso da parte della Procura di Roma, non sarebbero mai arrivati nelle casse del Campidoglio ma sarebbero rimasti in mano al pool di banche, che li avrebbe utilizzati per rientrare delle linee di credito erogate alla municipalizzata.
“Al 31 dicembre 2020, la società ha restituito un importo complessivamente pari a circa euro 156,6 milioni”, si legge nella delibera sugli importi dovuti da Ama al Comune sulla tariffa rifiuti.
Tornando al bilancio 2017, tra le voci “pesanti” che hanno portato all’importante passivo c’è la riconciliazione dei crediti/debiti vantati da Ama verso Roma Capitale relativi alla Gestione Commissariale e Ordinaria.
“Alla luce delle risultanze delle attività di riconciliazione tra Ama e le strutture capitoline, la società ha ritenuto prudente la costituzione di un complessivo fondo svalutazione crediti di euro 115 milioni (di cui euro 50,9 milioni riferito alla gestione ordinaria ed euro 64,1 milioni riferito alla gestione commissariale)”.
Nel 2019, invece, Ama ha chiuso l’esercizio con un utile di 1.807.544 euro e un altro utile al 30 giugno 2020 di 8,6 milioni, accompagnato da disponibilità liquide di 121.031.856 euro “costituite dal saldo dei conti correnti bancari, postali e dalle giacenze di cassa”, che sale a 12,7 milioni al 30 dicembre 2020.
Un risultato “dovuto ad una forte contrazione dei costi d’esercizio, effetto principalmente della situazione emergenziale causata dalla diffusione del virus COVID 19”.
Secondo il collegio sindacale la continuità aziendale di Ama è garantita da una parte dalla provocazione contestuale dei tre bilanci e dalla situazione patrimoniale al 30 dicembre 2030 e poi dalla “erogazione da parte del socio delle necessità individuate nel Piano di Risanamento”. (Mtr/ Dire)