50mila diffide sono state mandate dall’Ater per recuperare gli affitti arretrati nelle case popolari. Questo è ciò che è successo dopo che l’Azienda territoriale per l’edilizia residenziale del Comune di Roma ha pubblicato i dati sulla situazione affittuaria delle case popolari della Capitale e si è resa conto della gravità del problema.
Secondo il report solo il 30% degli inquilini dell’Ater paga regolarmente l’affitto e ha diritto a una casa popolare. Tutti gli altri, invece, non ha alcun diritto di possedere la casa e anche se ne ha diritto è in ritardo con i pagamenti.
Nel suo articolo il Corriere della Sera, nella sezione dedicata a Roma, riporta le parole di Angelo Fascetti, coordinatore nazionale dell’associazione inquilini e abitanti Asia-Usb. “Molti appartamenti vuoti non vengono riassegnati. Il risultato è che all’interno si insediano persone che non ne avrebbero diritto”. Infatti, di circa 49 mila alloggi a Roma 8 mila, ossia il 17%, sono occupati abusivamente da irregolari. Di questi, invece, 14 mila sono inquilini considerati insanabili, ossia che hanno fatto richiesta di sanatoria e sperano di ottenerla. Tra le persone aventi diritto circa il 20% è moroso, mentre gli irregolari morosi sono il 40%.
Per risolvere questa situazione l’Ater ha provato a risanare il debito con l’attuazione di piani di recupero della morosità. Per questo motivo ha inviato circa 50 mila diffide. Tuttavia, questo provvedimento non ha risolto il problema. Infatti, il ricavo non pattuito rimane di circa un miliardo di euro.
A rendere così smisurata la cifra dei mancati introiti sono anche l’indennità occupazionali attribuite agli affittuari non avente diritto. Su questi debiti però risulta una grande disparità in base alle zone in cui è collocata la casa dell’occupante.
Le zone con più case dell’Ater sono Montesacro, Tufello e Tor Bella Monaca. Mentre tra le zone più ambite oltre al Centro, ci sono i quartieri come Prati, San Saba e l’Eur.
Per le case situate in periferia, contrariamente alle possibili deduzioni, arrecato un’indennità maggiore, circa mille euro, rispetto a quelle situate al Centro, per cui l’indennità da pagare non supera i 200 euro. Questa disparità come sottolinea Fascetti, è dovuta sicuramente al fatto che nelle zone periferiche si accumulano più debiti che non sono poi “realmente esigibili e dunque rimarranno iscritti nel bilancio aziendale per molti anni ancora senza che l’ente incassi un euro. L’Asia-Usb ha chiesto per questo ripetutamente l’intervento normativo necessario a regolare in modo univoco la questione”.
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