Per le figlie vietate le uscite con gli amici, WhatsApp o Facebook. No alle serie TV, ma sì all’obbligo di riempire fogli A4 con scritte quali “io sono stupida“, “non si risponde“, “non si disonora il padre“. Per la madre vietato lavorare (i soldi doveva chiederli solo al marito) e parlare con le altre mamme fuori da scuola. E poi i maltrattamenti e le punizioni. E tutto ciò per un solo motivo: essere donne. Anzi, “Femmine e in quanto tali esseri inferiori“, citando le stesse parole che il 48enne, autista dell’Atac, ripeteva alle figlie e alla moglie, “colpevoli” di non essere maschi. L’incubo per le tre è andato avanti per 6 anni, dal 2014 al 2020.
Una famiglia all’apparenza normale quella in cui si è consumato l’orrore: la madre casalinga (per volere del marito), il padre autista Atac, due bambine, una di 12 l’altra di 15 anni, e un figlio maschio. Ma in realtà tra le mura domestiche del quartiere romano di Centocelle, per le tre donne, colpevoli nella mente di un folle, di essere “inferiori perché femmine”, ogni giorno si trasformava in un incubo terrificante. E quando la madre non faceva rispettare le regole alle figlie, allora partivano le botte. Al figlio maschio, invece, tutto concesso. Per poter controllare meglio che le sue folli regole fossero rispettate, il 48enne si era fatto inserire nei turni notturni, così da essere in casa durante il giorno.
È nel 2020 che la famiglia ha ripreso a vivere, quando l’aguzzino è stato allontanato da casa. Ora è sotto processo per maltrattamenti in famiglia davanti alla quinta sezione collegiale del Tribunale, dove a rappresentare l’accusa sarà il pubblico ministero Silvia Santucci. La fine di un incubo per le tre. Anche se l’uomo continua a vivere a Centocelle mentre la famiglia si è trasferita in un’altra regione.
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