La notizia che tiene banco in questi giorni di “calma piatta” amministrativa, in attesa dell’imminente votazione per le elezioni europee, è quella del prossimo rimpasto della Giunta Capitolina.
La cosa, a prima vista, potrebbe apparire secondaria agli occhi dei cittadini romani e di chi ci segue, mainvece ha una sua importanza ed è bene che i cittadini capiscano come funziona questo gioco delle poltrone e quali effetti potrebbe produrre.
Dunque, dicevamo, pare proprio che stavolta il rimpasto ci sarà davvero e forse metterà fine alle pressioni – che qualcuno ha definito come un “assedio” – che il PD romano ha messo in atto da diverso tempo nei confronti del sindaco Marino.
Non è un segreto che il PD fosse scontento delle scelte che il sindaco aveva fatto senza ascoltare il Partito che l’aveva portato alla vittoria e non è un segreto che la Giunta voluta da Marino fosse indubbiamente debole. E non solo perché la squadra era formata da persone di esclusivo gradimento del sindaco, ma anche perché alcuni assessori apparivano inadeguati agli incarichi che dovevano ricoprire, oppure mal posizionati rispetto alle loro esperienza politiche e professionali.
Da quando i sindaci sono scelti direttamente dagli elettori è abbastanza normale che il primo cittadino pretenda di scegliersi la sua squadra, visto che la vittoria, di solito, è anche frutto del prestigio personale. Ma è anche vero che Marino, inutile nasconderselo, non è stato scelto dagli elettori, che pure l’hanno votato, ma dalla segreteria del PD Romano, che gli ha fatto vincere le primarie e poi l’ha fatto eleggere sindaco.
Marino ha forse commesso un peccato di doppia presunzione, sia per non aver capito che uno come lui, senza il PD, non sarebbe mai diventato sindaco di Roma, che per non aver ascoltato i consigli di chi conosce bene Roma e le dinamiche delle sue componenti sociali ed economiche.
Dunque rimpasto sarà, anche se il sindaco continua a dire ai giornalisti che il rimpasto, del quale sente parlare da sempre, è un tema che appassiona solo i giornalisti, mentre le persone comuni sarebbero più interessate “al trasporto pubblico, alla raccolta dei rifiuti o al funzionamento delle scuole”.
Il sindaco ha ragione, ma sa, altrettanto bene, che se trasporti, scuola e rifiuti non funzionano bene (e in questi giorni di rifiuti ammucchiati nelle stradedi Roma se sono visti) dipende anche dalle capacità e dal carisma degli assessori.
Pare che adesso, che si è finalmente deciso, il sindaco avrebbe anche fretta di fare il rimpasto e vorrebbe farlo prima del voto di domenica. Perché mai? Semplice, perché siccome teme che nei seggi elettorali di Roma per le elezioni europee Grillo possa sorpassare il PD, non vuole subire il processo politico che gli farebbero i Democratici rimproverandogli di aver dilapidato, nel giro di un anno, l’immenso patrimonio di voti che il PD gli aveva consegnato. E se dovesse davvero accadere, il conto che il PD gli presenterebbe sarebbe molto più salato di quello che oggi egli sarebbe disposto a pagare.
Il punto, però, è che questo rimpasto, stando ai nomi che girano rispetto ai vari assessorati, sembrerebbe più un gioco dei “quattro cantoni”, con poche sostituzioni e molti nomi che cambiano semplicemente di sedia. E questo è sinceramente incomprensibile.
Mi spiego meglio con un esempio: il sindaco aveva scelto come assessore all’Urbanistica l’architetto e professore Giovanni Caudo, scegliendolo come fosse un tecnico (e Caudo ha confermato questa sua veste scegliendo di non avere un dirigente tecnico a capo del suo Dipartimento perché di tecnico bastava già lui) ma poi Caudo ha subito messo in atto delle scelte decisamente politiche, bloccando quasi tutte le iniziative urbanistiche che erano in itinere. Ora gira voce che Caudo dovrebbe lasciare l’Urbanistica per andare all’Assessorato alla Casa. Ma se era stato scelto come tecnico esperto di urbanisticaperché ora dovrebbe interessarsi dell’emergenza abitativa? Quindi non era un tecnico ma un politico. E se era un politico, quale partito o movimento rappresentava?
Lo stesso vale per tutti gli altri nomi che dovrebbero solo cambiare sedia.
Insomma, se così fosse sarebbe l’ennesima operazione gattopardesca: cambiare tutto per non cambiare niente. E allora saremmo punto e a capo e i problemi irrisolti resterebbero tali.
Ma c’è anche chi, dentro la macchina capitolina, sostiene che il problema di Roma non sarebbero solo gli assessori ma anche i dirigenti, scelti anch’essi, così si mormora, secondo logiche poco chiare e senza un rapporto chiaro tra le loro competenze reali e i posti che occupano.
Marino, anche su questo sembra di non aver prestato la necessaria attenzione ai problemi della macchina amministrativa, facendosi forse guidare dalle persone sbagliate, più interessate a piazzare i loro uomini nei posti chiave che non a utilizzarli per le loro effettive capacità. Si dice addirittura che sarebbero uomini adatti a tutte le stagioni e quindi non sarebbero certo adatti a imprimere una svolta alla città.
Se fosse davvero così i rimpasti di Marino servirebbero a poco, perché c’è poco da fare rimpasti se gli ingredienti della “pasta” non sono buoni.
Ma forse queste sono solo le chiacchiere delle malelingue e invece, magari, da questo rimpasto, potrebbe venire la scossa che, come un elettroshock, risveglia dal coma il paziente moribondo.
Insomma, speriamo bene.
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