I giudici della I Corte d'Assise del Tribunale di Roma, presieduta da Vincenzo Capozza, hanno condannato a 12 anni i carabinieri Alessio Di Bernardo e Raffaele D'Alessandro per la morte di Stefano Cucchi, avvenuta nel reparto penitenziario dell'ospedale Pertini il 22 ottobre 2009, una settimana dopo il suo arresto per possesso di droga nella notte tra il 15 e 16 ottobre.
I carabinieri Alessio Di Bernardo e Raffaele D'Alessandro sono stati riconosciuti colpevoli di omicidio preterintenzionale in seguito alle lesioni procurate a Cucchi tramite percosse nella stazione Casalino perché il geometra romano si era rifiutato di sottoporsi al fotosegnalamento. Condannati anche a tre anni e otto mesi il maresciallo Roberto Mandolini, all'epoca comandante della stazione Appia, accusato di falso nella redazione del verbale d'arresto, e a due anni e mezzo il carabiniere Francesco Tedesco accusato di falso sempre per la compilazione dello stesso.
"Oggi ho mantenuto la promessa fatta a Stefano dieci anni fa quando l'ho visto morto sul tavolo dell'obitorio. A mio fratello dissi: 'Stefano ti giuro che non finisce qua'. Abbiamo affrontato tanti momenti difficili, siamo caduti e ci siamo rialzati, ma oggi giustizia è stata fatta e Stefano, forse, potrà riposare in pace". Così Ilaria Cucchi subito dopo la sentenza che ha riconosciuto l'omicidio preterintenzionale del giovane pestato dopo l'arresto nel 2009 e condannato, a vario titolo, quattro carabinieri.
"Ci sono voluti 10 anni e chi è stato al nostro fianco ogni giorno sa benissimo quanta strada abbiamo dovuto fare. Ringrazio tutti coloro che non ci hanno abbandonato e ci hanno creduto, assieme a noi", aggiunge.
Amnesty International Italia ha espresso soddisfazione per la sentenza emessa dalla prima Corte d'Assise di Roma al termine del cosiddetto "processo bis" sulla morte di Stefano Cucchi. Due dei carabinieri imputati sono stati condannati a 12 anni per omicidio preterintenzionale e altri due a pene minori per falso. "La sentenza è di grande importanza. Non solo restituisce dignità a Stefano Cucchi che per anni, insieme alla sua famiglia, è sembrato essere imputato della sua stessa morte.
Soprattutto, conferma che Stefano ha subito gravissime violazioni dei diritti umani delle quali oggi, dopo dieci anni, si certificano sul piano giudiziario precise responsabilità – ha dichiarato Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia – A un certo momento di questi lunghi anni, il clima intorno alla ricerca della verità sui responsabili della morte di Stefano Cucchi è cambiato: grazie alla caparbietà e al coraggio della famiglia Cucchi e del loro avvocato e grazie anche a chi finalmente ha deciso di collaborare a quella ricerca.
Quel momento è stato un passaggio fondamentale. Resterà poi da capire, e non sarà cosa di poco conto, come e perché il muro dell'impunità abbia potuto reggere così a lungo", ha concluso Noury.(Mtr/ Dire)
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