Un vecchio detto recita che il calzolaio ripara le scarpe degli altri mentre le sue restano rotte. Un altro detto, anzi, chiediamo scusa, addirittura una parabola del Vangelo di Matteo, ammonisce a non guardare la pagliuzza nell’occhio degli altri quando dovremmo guardare le travi che sono nei nostri occhi.
Entrambe le affermazioni sono totalmente confermate da ciò che succede al Dipartimento Ambiente di Roma Capitale. Almeno stando alle notizie che ci sono giunte in redazione e che riterremmo poco attendibili se non fossero dimostrate da fotografie e fatti precisi che mettono sotto accusa proprio il Dipartimento preposto al benessere dei cittadini.
Il benessere degli individui dipende molto dalla pulizia e dalle condizioni degli ambienti che essi frequentano ed è proprio qui che casca l’asino (absit iniuria verbis) del Dipartimento.
Pare che l’impianto di climatizzazione sia rotto da anni, con grande patimento del personale che si trova costretto a subire il freddo d’inverno, con temperature spesso al di sotto dei 14 gradi ed il caldo d’estate, con temperature africane che superano abbondantemente i 30 gradi. Si può lavorare in queste condizioni?
Pare che l’impianto non venga riparato perché i tecnici addetti alla manutenzione si rifiutano di accedere al locale caldaia perché, per raggiungerlo, si deve passare attraverso uno stanzone nel quale sono ammassate alla rinfusa vecchie suppellettili e dove, a causa delle finestre rotte, frotte di piccioni depositano i loro escrementi coprendo il pavimento di uno strato di guano maleodorante.
Verrebbe voglia di fare battute ironiche. Forse, proprio perché loro sono il dipartimento preposto all’ambiente, hanno deciso di non riparare il riscaldamento per contribuire al risparmio energetico voluto dal governo Draghi? Ma qui altro che un grado e un’ora di riscaldamento in meno! E, siccome sono anche preposti alla tutela degli animali, hanno voluto contemporaneamente dare ospitalità nei loro saloni a centinaia di uccelli che così possono defecare felicemente al riparo dagli agenti atmosferici?
Ma c’è poco da ironizzare, perché di mezzo c’è la salute dei lavoratori.
Se questo succedesse in una azienda privata, arriverebbero di corsa frotte di solerti funzionari (forse gli stessi del Dipartimento ambiente?) a sanzionare il datore di lavoro ed a mettere i sigilli all’azienda inadempiente. Ma al calzolaio pubblico nessuno osa contestare le scarpe rotte.
Noi però, per dovere di cronaca, siamo obbligati a chiedere come ciò sia possibile. Il sindacato, l’Assessore preposto, i dirigenti ed il direttore del Dipartimento, davvero non ne sanno nulla? O la notizia è falsa? Delle due l’una: qualcuno si è colpevolmente distratto o qualcuno si è inventato tutto? Ci farebbe davvero piacere essere smentiti.
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