Roma. Elena Aubry, morta a 26 anni per il manto stradale sconnesso: chiesto rinvio a giudizio per 7 imputati
“Prima di andare alla camera mortuaria mi sono fatta portare dalla Polizia su quella strada, volevo sapere come era morta mia figlia, a 2 ore dalla morte di Elena ho visto quell’accidenti di strada”
Chiesto il rinvio a giudizio per 7 imputati e una condanna a 2 anni per l’unico imputato che ha scelto il rito abbreviato: sono le richieste del pm di Roma Laura Condemi all’udienza preliminare nel procedimento per la morte di Elena Aubry, la ragazza 26enne deceduta nel maggio 2018 in un incidente in moto in via Ostiense causato dalle pessime condizoni del manto stradale.
L’incidente è avvenuto su un percorso disseminato di buche e radici di alberi, un’autentica trappola mortale per chi viaggia sulle due ruote.
Fra gli imputati, accusati di omicidio stradale in concorso, ci sono sei funzionari comunali, tra cui due ultimi direttori del Simu (dipartimento Sviluppo infrastrutture e manutenzione urbana) mentre la condanna a 2 anni in abbreviato è stata chiesta per il responsabile della sorveglianza della ditta vincitrice dell’appalto per la manutenzione della strada.
“Era suo dovere avvertire della gravità della situazione in cui versava quella strada”, afferma la mamma di Elena, Graziella Viviano, il 4 luglio presente in aula. “Dopo la morte di mia figlia, in quello stesso tratto – continua Graziella – sono caduti altri due motociclisti. Sono qui perché queste cose non succedano ad altri. Credo nelle istituzioni e sono sicura che la giustizia trionferà”. La decisione del Gup è attesa per il 16 novembre.
Cosa si aspetta da questo processo? Chiediamo alla madre di Elena
“Mi aspetto che succeda quello che sta già succedendo, si è osato per la prima volta di toccare gli intoccabili, le amministrazioni pubbliche, i gestori della strada, che fino al caso di Elena non venivano toccati. Sono quattro anni e mezzo che ricevo delle lettere, mi scrivono persone che hanno avuto a che fare con le amministrazioni comunali per fatti simili, e le risposte, le sentenze dicevano: la responsabilità non è nostra, la buca dovevi vederla, accorgertene prima. Le cose stanno cambiando dopo la vicenda di Elena. I gestori della strada, le amministrazioni comunali non sono più intoccabili.”
Sulle dichiarazioni del sorvegliante della ditta vincitrice dell’appalto per la manutenzone della strada
“Lui ha detto che il suo appalto semestrale scadeva il 24 aprile (Elena è morta il 6 maggio), che ovviamente ha fatto tutto quello che era giusto fare; il Pubblico ministero gli ha contrabbattuto il fatto, lui ha dato un responso su tutta la strada, i 27 chilometri, ma di fatto andava eseguito un intervento di differente tipo, così come lo richiedeva l’appalto, cioè localizzare quale fossero le zone più pericolose, e sicuramente dove è morta Elena è una di quelle.
Io sono uno dei testimoni oculari che sono arrivati immediatamente dopo la morte di mia figlia, perché volevo sapere come era morta mia figlia, prima di andare alla camera mortuaria mi sono fatta portare dalla Polizia su quella strada, a 2 ore dalla morte di Elena ho visto quell’accidenti di strada”.
E cosa ha visto?
“Cosa ho visto? I lati di quella stradina, perchè poi alla fine è una via a doppio senso di marcia molto stretta (l’Ostiense), sono evidenziati dalle strisce fatte di vernice che non solo circoscrivono la carreggiata ma permettono la notte di vedere la strada. Quelle strisce che la ditta aveva in manutenzione erano coperte totalmente da aghi di pino, cordoli di aghi di pino che entravano per almeno 60 cm nella sede stradale sui quali addirittura era cresciuta l’edera che li rendeva compatti.
Tutto questo non avviene sicuramente in 15 giorni, cioè dal 24 aprile al 6 di maggio, e guardacaso la maggior parte delle radici, la parte più pericolosa della strada stava esattamente là sotto, una trappola mortale alla quale nessuno, inclusa la ditta che doveva fare manutenzione, ha mai guardato, perché non se n’è occupata, col principio che siccome non è mia competenza togliere gli aghi di pino me ne frego di quello che c’è sotto, ma guarda caso là sotto c’erano le strisce stradali, la segnaletica stradale alla quale quella ditta doveva adempiere”.
Cosa è capitato a Elena, è stata ricostruita la dinamica dell’incidente?
“Il caso di Elena è stato il primo processo in cui è stata realizzata la ricostruzione del manto stradale in 3 D. Sono state eseguite prove compiuterizzate per capire e vedere cosa era successo, la dinamica dell’incidente e perché la moto di Elena si era impuntata, cosa era capitato?
Da queste ricostruzioni è emerso il dato che non ha fatto nulla di sbagliato con il suo comportamento di motociclista, né sotto il profilo di guida, né tanto meno sotto il profilo “rispetto della strada”, questo è stato chiaramente evidenziato. Purtroppo quella strada è una vera e propria trappola.
Quando è morta mia figlia, quindici giorni dopo, ci sono state anche due persone che mi hanno scritto in privato, ovviamente ho dato tutto agli atti del Pm, che erano cadute su quella strada, per fortuna non sono morte ma si erano fatti male.
Quindi la trappola c’era, innescata, chi doveva controllarla non l’ha controllata, sia chi doveva fare la manutenzione straordinaria sia quella ordinaria, chi doveva vedere il pericolo e non l’ha visto perchè non ha fatto bene il proprio lavoro. Se gli aghi di pino fossero stati tolti, sicuramente si sarebbero visti gli ammaloramenti e sicuramente non si sarebbe aggiunto al pericolo un altro pericolo”.
L’udienza è andata per le lunghe, tant’è che il giudice l’ha interrotta e ha rimandato tutto al 16 di novembre”.
Quale è il suo pensiero su questo processo?
“Credo che ci sia ben poco da dire su questo processo, poco da scoprire, perché ha tirato fuori, sviscerato e già scoperto e accertato tutto il Pubblico Ministero. E’ stata fatta una perizia dal perito del Tribunale, non di parte, che ha detto chiaramente con tutte le ricostruzioni che sono state fatte, ecc… che la responsabilità di questo incidente è della strada, della manutenzione della strada, delle radici di alberi miste agli aghi di pino.
Credo che ci sia poco da scoprire sotto questo punto di vista, adesso bisogna andare avanti e stabilire le responsabilità, quante sono queste responsabilità, il loro peso.
Sotto questo profilo sono abbastanza tranquilla. Quando un genitore va in processi di questo genere, dove si parla di tuo figlio morto, perché qualcuno l’ha ammazzato, per incuria o come ti pare, quando esci dal processo, comunque vada, esci sempre perdente perchè nessuno ti potrà ridare tuo figlio”. Così si conclude l’incontro che abbiamo avuto con la madre di Elena, Graziella Viviano, una donna di forte tempra, dignità e coraggio.