Ho sempre osservato con attenzione il funzionamento – a essere sinceri dovrei dire il “mal” funzionamento – degli uffici pubblici, soprattuttoquelli romani.
In questi anni la cosa che ho notato e che mi ha colpito di più, è la facilità con la quale certe disfunzioni potrebbero essere eliminate. L’altra cosa, che mi colpito forse addirittura di più, è il fatto che quasi nessuno, però,intervenga per eliminarle.
Da ragazzo pensavo che gli uffici pubblici fossero dei centri di potere e che, in alcuni casi, fossero anche luoghi di maltrattamento dei cittadini-sudditi. Poi, quasi per caso, mi ci sono trovato dentro a lavorare. E “da dentro” mi sono reso conto che le cose, per alcuni versi, stavano anche peggio.
Mi spiego: molti uffici pubblici, anche quando non hanno intenzione di maltrattare i cittadini,sono organizzati in un modo tale per cui è inevitabile che i cittadini siano danneggiati. E questo avviene nei confronti di tutti, persino di quelli che, come si suole dire, hannole loro “entrature”, nel senso che sono di casa dentro quegli uffici.
E ve lo dimostro, raccontandovi quello che è capitato la scorsa settimana a due giovani professionisti, che frequentano abitualmente gli uffici capitolini. Uffici nei quali conoscono quasi tutti e dai quali, quindi, non avrebbero difficoltà ad avere le informazioni indispensabili per fare bene il loro lavoro.
Il primo dei due si è visto recapitare un invito a comparire presso il comando della Polizia Locale di un Municipio, per dei lavori che stava eseguendo su un immobile. Essendo un mio amico e sapendo che conosco bene il funzionamento degli uffici, mi ha chiesto, con una certa apprensione, se doveva preoccuparsi. Sinceramente non sapevo cosa rispondergli.
Certo che se l’avevano convocato dovevano esserci dei problemi, ma non volendo allarmarlo gli ho detto “vai e senti cosa devono contestarti”, poi vediamo.
In realtà non dovevano contestargli nulla, ma volevano solo delle informazioni. Volevano sapere che opere stava realizzando, con quale procedura aveva avviato i lavori, i tempi previsti e la finalità di quei lavori. Tirato un bel sospiro di sollievo il professionista harisposto che l’Ufficio Tecnico del loro Municipio aveva tutte le informazioni e quindi non capiva perché le notizie non le stessero chiedendo a quell’Ufficio. La risposta, decisamente singolare è stata: “Noi con l’Ufficio Tecnico non ci parliamo”.
Ora noi ci domandiamo: ma se non parlano con l’Ufficio Tecnico, come fanno a valutare correttamente la legittimità dei lavori in corso sugli edifici? Ecco, una domanda che vorremmo rivolgere al Comandante dei Vigili e anche al Capo dell’Ufficio tecnico. Insomma, per quale motivo non si parlano e non si scambiano le informazioni?
Quello che è successo al secondo professionista è ancora più incredibile. Dopo aver discusso per diversi giorni con l’Ufficio Tecnico di un Municipio ha finalmente ottenuto l’ok per presentare una DIA per ristrutturare un edificio.Finiti i lavori è andato alla ASL per chiedere informazioni su alcuni aspetti igienico sanitari del nuovo edificio e ha scoperto che il depuratore che dovrà accogliere gli scarichi della nuova utenza è saturo e quindi non potrà utilizzare l’edificio per l’uso per il quale l’ha trasformato. Quindi ha fatto spendere inutilmente dei soldi al proprietario, che certamente se la prenderà con lui.
Ora, la domanda che si è fatto lui e che ci facciamo tutti è: ma perché l’Ufficio tecnico, che sapeva che il depuratore è saturo, non glielo ha detto prima di dargli l’ok per i lavori? E aggiungo, ma chi deve dirlo al cittadino che il depuratore è saturo? Il Municipio prima dei lavori o la ASL a lavori finiti?
Quanto successo a questi due professionisti è solo un dettaglio, un fatto minuto, ma è solo la punta dell’iceberg del malfunzionamento di certi uffici romani e il discorso potrebbe allargarsi a dismisura, su altri uffici, comunali e non.
Si dice che la P.A. si è riorganizzata e che i dirigenti lavorino per obbiettivi. Ma quali sono questi obbiettivi? Semplice: obbiettivi di riduzione o di ottimizzazione della spesa e di utilizzo delle risorse. Molto bene. Ma a nessuno viene in mente che a fianco dell’obbiettivodi ridurre i costi della P.A., chepure è importante, bisognerebbe mettere l’obiettivo, secondo me addirittura più importante, di ridurre i costi che la P.A. fa pagare ai cittadini?
Insomma, in una parola l’obbiettivo dell’efficienza e dell’efficacia. Efficienza, che vuol dire rapiditàed efficacia, che vuol dire favorire l’ottenimento dei giusti risultati. Ma di questo ormai si parla sempre meno. E, sinceramente, non so comesi possa parlare di riorganizzazione della P.A., della quale tutti si riempiono la bocca, rinunciando a questi obbiettivi.
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