Negli ultimi anni, Roma è diventata famosa per la presenza di pappagalli verdi, principalmente il parrocchetto dal collare e il parrocchetto monaco. Questi uccelli esotici, originari di Asia e Sud America, si sono adattati perfettamente all’ambiente urbano, proliferando nei parchi e nelle aree verdi della città.
Ormai è quasi impossibile camminare sulle vie e nel verde della Capitale senza ascoltare e vedere numerosi pappagalli sugli alberi e in volo. Sono una gioia, una nota di colore per i bambini, rallegrano l’ambiente, ma provocano anche un certo squilibrio ambientale, andando a toccare un ecosistema che si è creato nei millenni e che ha regole precise.
La loro diffusione è attribuita a fughe da gabbie domestiche e liberazioni volontarie o accidentali da parte di commercianti. Tuttavia, la loro presenza solleva preoccupazioni per l’ecosistema locale, poiché competono con le specie autoctone per cibo e habitat.
I pappagalli verdi, come il parrocchetto dal collare e il parrocchetto monaco, si sono adattati con successo al clima di Roma grazie a diversi fattori. Il riscaldamento climatico ha reso l’ambiente più favorevole, con inverni meno rigidi e temperature più elevate. Inoltre, la città offre abbondanza di cibo, come semi e frutti, e scarse competizioni da parte di predatori naturali. Questi uccelli hanno dimostrato una notevole capacità di adattamento e riproduzione, diventando parte integrante della fauna urbana romana.
L’arrivo dei pappagalli verdi a Roma presenta diverse sfide ambientali:
Queste problematiche richiedono interventi per gestire la loro popolazione e mitigare l’impatto ambientale.
I pappagalli verdi a Roma, in particolare il parrocchetto dal collare e il parrocchetto monaco, influenzano la biodiversità locale in vari modi, creando sia opportunità che sfide per l’ecosistema urbano.
La presenza di pappagalli verdi ha portato a una competizione diretta con le specie volatili locali per risorse come cibo e habitat. Questi pappagalli tendono a nidificare in cavità e buchi, spingendo alcune specie autoctone, come i pipistrelli, a cercare rifugi alternativi.
Inoltre, la loro capacità di adattamento e riproduzione rapida può mettere sotto pressione le popolazioni di uccelli già presenti nella zona.
La loro introduzione è stata definita da alcuni esperti come una forma di inquinamento ambientale, poiché altera l’equilibrio degli ecosistemi locali. L’arrivo di specie non native può disturbare le dinamiche ecologiche consolidate nel tempo, portando a un potenziale declino della biodiversità.
Questo fenomeno è spesso accompagnato dalla necessità di interventi per gestire la popolazione di pappagalli, che possono rivelarsi complessi e difficili da attuare.
Inoltre, i pappagalli verdi possono causare danni alle coltivazioni, competendo con gli agricoltori per frutta e semi. Questo aspetto rappresenta una preoccupazione per chi vive nelle aree periurbane di Roma, dove l’agricoltura è ancora praticata.
Nonostante le sfide ambientali, molti romani apprezzano la presenza dei pappagalli verdi per il loro aspetto vivace e il contributo alla fauna urbana. Tuttavia, ci sono anche timori riguardo alle conseguenze a lungo termine sulla biodiversità locale. In sintesi, mentre i pappagalli verdi arricchiscono la vita cittadina con il loro colore e vivacità, la loro presenza solleva interrogativi significativi riguardo alla salute degli ecosistemi urbani e alla conservazione delle specie autoctone.
Esperti e agricoltori si sono incontrati a Maccarese, in provincia di Roma, per discutere sulla proliferazione dei pappagalli verdi in Italia, in particolare nel Lazio, e sui provvedimenti da adottare per contrastare i danni causati dalle due specie di uccelli, i parrocchetti dal collare e i parrocchetti Monaco. A fare da cornice all’incontro svolto a Maccarese, il Castello di San Giorgio.
Il dibattito è stato organizzato dall’azienda agricola Maccarese – che con i suoi 160 ettari di mandorlo, è parte potenzialmente lesa nella questione, essendo i pappagalli tropicali una specie assai golosa di mandorle – e dalla Stazione Romana per l’Osservazione e la Protezione degli Uccelli (SROPU), con il patrocinio del Centro Italiano Studi Ornitologici (CISO), del WWF Italia e della Lipu-BirdLife.
Gli esperti riuniti a Maccarese si sono detti preoccupati dalla proliferazione massiccia delle due specie di pappagalli in Italia, e dalle relative conseguenze, dato che le due specie di uccelli consumano piante coltivate, ortaggi e alberi da frutto, oltre a danneggiare le alberature ornamentali dalle quali sottraggono ramoscelli per realizzare i nidi. Rappresentano quindi una vera e propria minaccia per l’agricoltura italiana.
In conseguenza di ciò, i convenuti a Maccarese hanno firmato una mozione persuasi sulla necessità di “limitare gli impatti che queste specie alloctone e invasive creano alle attività agricole”, i ricercatori e le imprese hanno lanciato un appello al ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica affinché “includa le specie nell’elenco delle specie esotiche invasive di rilevanza nazionale”. Sono considerate specie aliene, e la loro presenza implica una sorta di inquinamento ambientale.
“Con strategie differenti, le due specie partono delle nostre metropoli per diffondersi nelle campagne – afferma Fulvio Fraticelli, presidente della SROPU, al quotidiano Repubblica – il parrocchetto monaco colonizza letteralmente i centri urbani periferici: da Roma, si è diffuso ovunque, lungo la linea costiera, fino a Civitavecchia – continua l’esperto – il parrocchetto dal collare, invece, preferisce una vita da pendolare, fa base all’interno del raccordo anulare metropolitano e compie migrazioni quotidiane fino a 100 chilometri di distanza, per poi rientrare in dormitori composti anche da diverse centinaia di individui”, conclude Fraticelli.
Emiliano Mori, ricercatore del CNR e studioso delle due specie, nel corso del convegno a Maccarese, ha dato parere positivo a una pianificazione condivisa, “in attesa che sia l’Unione europea a farsi carico, in modo finalmente strutturale, di un problema che non è solo italiano”.
Per risolvere il problema dei pappagalli verdi in Italia, sono emerse diverse soluzioni, tra cui: la sensibilizzazione diffusa dei cittadini, i quali devono essere consapevoli che dare da mangiare ai pappagalli incentiva la formazione di nuove colonie, e la rimozione di nuovi nidi in costruzione, da eliminare prima che avvenga la riproduzione.
“La psittacosi è una malattia infettiva degli uccelli che può infettare anche l’uomo. L’Oms ha dato l’allarme per il riscontro di un numero di casi di malattia (in Europa) al di sopra della norma”, lo ha scritto la virologa Ilaria Capua sulle pagine del Corriere della Sera.
Capua ha spiegato che i pappagalli parrocchetti sono “in grado di essere serbatoio di psittacosi (o clamidiosi)”, aggiungendo anche che nei pappagalli e affini, la psittacosi è “in grado di raggiungere delle concentrazioni batteriche altissime nelle deiezioni che sono molto infettanti per l’uomo“.
Nella parte finale del suo articolo, Ilaria Capua ha affermato che “se non verranno gestite queste popolazioni di animali, che non dovrebbero essere in Italia, rischiamo di impestarci di una malattia che è molto più che fastidiosa“. La patologia, infatti, può provocare una “febbre molto alta e persistente” e anche “polmoniti atipiche, che necessitano di trattamento antibiotico”.
*Foto tratta da squarci.info / Squarci è il sito dell’antropocene
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