Roma e il filobus, una storia mai nata. Chissà se veramente questa pandemia ci lascerà migliori rispetto a prima, chissà se ci avrà restituito un rispetto per il pianeta che ci ospita e una maggiore attenzione al pericolo di contagio globale. E se veramente i proclami di investimenti massicci sulla sanità e l’ambiente saranno rispettati. A Roma si è ripartiti con secchi e pennelli per disegnare strisce gialle un po’ ovunque. Piste ciclabili transitorie le chiamano, serviranno a evitare il traffico nella fase di ripartenza. Serviranno ai romani per raggiungere il lavoro in bicicletta e magari divenire una sana abitudine. Chissà se dopo mille tentativi andati persi, riusciremo finalmente ad andare su e giù per i 7 colli pedalando in sicurezza.
Un investimento che punta sull’ecologia e sul risparmio energetico, stessi principi che fecero cadere la scelta, per un ingente investimento, sui filobus e i corridoi a loro dedicati. Un sogno durato sempre poco, interrotto sempre bruscamente. Il corridoio di via Nomentana, dove transita la linea 90, la linea più importante della Capitale, circa 200 mln di posti km/anno, una vera e propria metropolitana di superficie, una linea talmente importante che però viene lasciata nella decadenza dei filobus trollino , ormai quasi totalmente con le batterie a terra e mai rinnovate. Una boccata di ossigeno sembravano essere i famosi filobus della discordia. Quelli acquistati all’epoca della giunta Alemanno, con tanto di condanna per mazzette per il presidente di Eur spa e nati per lavorare sul corridoio Laurentino, sono finiti a scorrazzare sulle linee 60 e 90.
Una linea 60 che definirla ecologica è solo un artificio, una linea che percorre i ⅔ con motore a gasolio e solo ⅓ alimentato a corrente e che forse, con le enormi buche di via Nazionale ha contribuito alla rottura in due pezzi del serpentone ‘ecologico’. Dal 3 maggio il sogno ecologico dei filobus sembra essersi arenato definitivamente, insabbiato nelle beghe burocratiche, soffocato dai contenziosi legali. Un appalto di manutenzione che dovrebbe ripartire tra Roma Metropolitane (società in fase di liquidazione) e la casa costruttrice. La quale, a quanto pare, non vuole attribuirsi la responsabilità delle carenze strutturali dei bus a trazione elettrica. Ecologia, efficienza, qualità, sembrano parole sempre più lontane dal trasporto pubblico della Capitale. E mentre i bus turistici vanno a sussidiare la metropolitana, i 45 filobus restano a riposo forzato in deposito.
Mario Franceschi
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