Roma, omicidio Desirée: fu lasciata morire per non turbare lo spaccio
Gli imputati dell’omicidio di Desirée Mariottini hanno mostrato un “cinico assoluto disinteresse per il progressivo decadimento delle sue funzioni vitali”
Omicidio Desirée Mariottini. La 16enne di Cisterna di Latina morì il 19 ottobre 2018 dopo ore di agonia a causa di un cocktail di droghe.
L’omicidio di Desirée Mariottini
La giovanissima venne prima violentata in un immobile abbandonato di via dei Lucani nel quartiere San Lorenzo a Roma.
Ieri 9 marzo i giudici della terza Corte di Assise di Roma hanno reso manifeste le 281 pagine di motivazioni della sentenza del 19 giugno dello scorso anno. La sentenza ha condannato quattro cittadini di origine africana.
I reati vanno dall’omicidio volontario alla violenza sessuale aggravata alla cessione di sostanze stupefacenti.
“Non solo cinica e malevola volontà di non salvare la giovane”
“Non si trattò solo della cinica e malevola volontà di non salvare la giovane dall’intossicazione di cui loro stessi erano stati autori e di impedire le indagini delle violenze da lei subite. Ma in forma più estesa, di conservare la propria ‘casa’ e le proprie fonti di ‘reddito’.
Oltre ad un tranquillo e sostanzialmente indisturbato luogo di consumo degli stupefacenti, che rendeva eccezionale e noto quel rifugio.
Anche chi non ha partecipato o non vi è prova abbia partecipato alla somministrazione delle sostanze tossiche che indussero allo stato comatoso della ragazza, ben può essere chiamato a rispondere dell’evento morte.
Laddove le condizioni di fatto fossero risultate tali da imporre e pretendere anche da parte sua un dovere di protezione e di impedimento delle conseguenze di danno per il bene della vita di Desiree”.
Gli imputati sapevano perfettamente che Desirée poco prima aveva bevuto molto metadone e aveva fumato il crack e hanno mostrato un cinico assoluto disinteresse rispetto al progressivo decadimento delle funzioni vitali di Desirée“. Così si sono espressi i magistrati.
Omicidio Desirée Mariottini, sussiste la violenza di gruppo
Per i giudici “solo una condizione di totale obnubilamento, associata all’effetto analgesico, sedativo ed antidolorifico secondario che il mix di sostanze le provocò, spiegano come la giovane abbia potuto resistere ad una tale forma di dolorosissima violenza, senza alcuna reazione apparente e senza neppure sottrarvisi. Tanto più che si trattava della prima esperienza sessuale completa”.
“Sussiste comunque la violenza sessuale di gruppo, anche se circoscritta all’azione di due soli imputati. I quali in ogni caso hanno entrambi compiuto atti sessuali approfittando delle condizioni menomate di Desirée”.
Cessione di droga finalizzata allo stupro
La Corte evidenzia “la spasmodica ricerca di droga da parte di Desirée e poi il soddisfacimento dei suoi bisogni di tossicodipendente, dopo che la giovane aveva avvicinato i vari uomini presenti.
Questo denota come le cessioni di sostanze fossero finalizzate all’aggressione sessuale poi realizzata dentro il container, in un unico contesto spazio-temporale”.
L’edificio abbandonato in via dei Lucani è secondo i giudici “la centrale dei rifornimenti di droga. Una sorta di supermercato degli stupefacenti con ampia offerta di prodotti, da eroina e cocaina a psicofarmaci e altro. Con spazi deputati alla preparazione e al consumo delle droghe”.