Si era rifugiato a Roma, Paolo Scarlata, calabrese, classe 58, latitante già da 2 anni, pregiudicato per reati contro il patrimonio e tributari. E’ terminato il suo periodo di latitanza allorquando la Squadra Mobile lo ha fermato a Roma, in zona Prati, dopo servizi di appostamento durati diversi giorni; le sue tracce, infatti, erano state individuate in più zone, sempre nel quartiere suddetto, con particolare attenzione a piazza Mazzini.
Quando è stato visto e riconosciuto per strada, dopo un servizio di osservazione che si protraeva già dalle prime ore della mattinata, verso le ore 17 è stato bloccato; rintracciato pure il suo rifugio, un’abitazione, praticamente vuota ed usata solo per dormire, sempre situata nel quartiere Prati. Era ricercato dall’Autorità Giudiziaria di Pavia e di Milano; nei suoi confronti era stato emesso un ordine di carcerazione che riguarda diversi reati cumulati in un unico provvedimento restrittivo di pene concorrenti emesso dall’Ufficio Esecuzioni della Procura della Repubblica di Pavia nel 2015: bancarotta fraudolenta; associazione a delinquere finalizzata alla truffa; ricorso abusivo al credito; esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza sulle cose; insolvenza fraudolenta; furto aggravato.
Gli erano state anche comminate le pene accessorie dell’interdizione dai pubblici uffici e l’incapacità di contrattare con la Pubblica Amministrazione. Dopo aver lasciato Reggio Calabria nel 2006, si rinvengono le sue tracce a Parma e poi a Milano e Pavia, dove aveva iniziato a commettere i reati sopradetti. Era specializzato nelle truffe: come quella fatta nel 2008 quando, in qualità di accompagnatore di una Squadra di Calcio ligure di serie D, ospitata in un albergo in provincia di Cuneo con vitto e alloggio completo per 2 giorni, per un totale di 16 giocatori e 2 accompagnatori, emetteva per il saldo un assegno di 1.100 €uro, rivelatosi poi protestato.
L’arrestato è stato, inoltre, denunciato per possesso e fabbricazione di documenti di identificazione falsi, poiché aveva con sé un documento di riconoscimento falso, nello specifico una carta d’identità rilasciata dal Comune di Tivoli sulla quale all’effigie del suo volto corrispondeva un altro nominativo. Dovrà scontare 12 anni di carcere.
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