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Roma, Sala Umberto va in scena “Mimì” regia di Moni Ovadia

Alla Sala Umberto va in scena “Mimì” dal 28 – 29 novembre 2017, uno spettacolo di e con Mario Incudine, la regia di Moni Ovadia e Giuseppe Cutino, con Mario Incudine, Antonio Vasta pianoforte, fisarmonica e organetto, Antonio Putzu fiati, Manfredi Tumminello chitarre e bouzouki, Pino Ricosta contrabbasso, Emanuele Rinella batteria, testi di Sabrina Petyx, suono Ferdinando Di Marco, disegno luci Giuseppe Cutino, costumi Daniela Cernigliaro, arrangiamenti musicali Mario Incudine e Antonio Vasta.

Un giovanissimo Domenico Modugno durante le riprese di un film, a cui partecipava con un piccolo ruolo come attore/cantante, viene notato dal protagonista Frank Sinatra mentre canta una ninna nanna pugliese. Sinatra, incuriosito, chiede al giovane cosa fosse quella stupenda nenia e Mimì, cosi lo chiamavano tutti in paese, risponde che era un vecchio canto della sua terra, la Puglia.

Il divo americano sorrise e gli consigliò immediatamente di fingersi siciliano, perché, diceva “la Sicilia la conoscono tutti, tutti sanno dov’è e poi il dialetto è molto simile al tuo. Fingiti siciliano e conquisterai il mondo”. E cosi il giovane Mimì Modugno, nato a Polignano a Mare, cominciò a inventare la nuova canzone d’autore in dialetto. Fu il primo a dare una voce agli animali, prima ancora che lo facesse Disney con i suoi cartoni animati e un po’ come Esopo nelle sue favole sottolineò vizi e virtù degli uomini prendendo ad esempio proprio gli animali.

Da tutto questo nascono capolavori come “musciu niuru” (gatto nero), canzone sulla diversità dell’uomo; “lu grillu e la luna” poetica canzone sull’amore impossibile; “Cavaddu cecu di la miniera” e “Sciccareddu ‘mbriacu”, struggente canto il primo, ironico e divertentissimo il secondo, raccontato lo sfruttamento sul lavoro. E ancora la più grande storia d’amore tra due animali nel famosissimo brano “u pisci spata”. Aveva anticipato i tempi di tutto Modugno.

Quando apriva i concerti di Gilbert Becaud, aveva già inventato il teatro canzone con brani come “lu frasulinu” cunto ironico e drammatico sulla morte improvvisa dello scemo del paese trovato congelato in una pozzanghera d’acqua di fronte alla totale indifferenza di tutti. Cantava contro la Guerra in “tamburo della guerra”, portò per la prima volta alla ribalta la pizzica della terra salentina con “pizzica po’” e cantò la sua preghiera laica nella dolcissima “notte chiara” fino a raccontare il mondo femminile con dissacrante poesia nella “donna riccia”.

Parte da qui lo spettacolo creato da Mario Incudine, con la regia di Moni Ovadia e Giuseppe Cutino e i testi di Sabrina Petyx, che annoda tutte le fila della narrazione per dipingere un personaggio unico che ha creato uno stile inimitabile. Incudine porta sul palcoscenico tutta quell’energia del cantore fintosi siciliano che ha conquistato il mondo. Porta alla luce quel repertorio sommerso, quasi inedito, poco esplorato della canzone d’autore in dialetto che ha segnato l’inizio della carriera di Domenico Modugno in un’originale rilettura con particolari arrangiamenti che restituiscono tutto l’incanto di un mondo che è resistito grazie alla voce di quello che sarebbe poi passato alla storia come “Mister Volare”. 

Un progetto che racconta un pezzo importante della storia del nostro paese. Un’ occasione per conoscere il sud da un'altra angolazione, per guardarlo per una volta senza oleografia e senza retorica, lontano da facili folklorismi e ritratti da cartolina, ma visto con gli occhi di chi, da lontano, fingendosi siciliano, è riuscito forse a disegnare l’immagine più autentica e poetica di una terra agrodolce.

PRIMA NAZIONALE

UFFICIO STAMPA SILVIA SIGNORELLI

Redazione

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