Roma, sgominata banda del finto monsignore: truffatori in abito talare
Fingeva di essere un Monsignore, con tanto di abito talare, in affari con gli uffici del Vaticano
Questa mattina, nell’ambito di un’articolata indagine coordinata dalla Procura della Repubblica di Roma, i Carabinieri della Compagnia di Roma Piazza Dante hanno dato esecuzione ad un’ordinanza, emessa dal GIP del Tribunale di Roma, che dispone la misura cautelare degli arresti domiciliari per 6 persone, due cittadini italiani e quattro stranieri, ritenute responsabili, a vario titolo, di falsificazione di monete, spendita e introduzione nello Stato di monete falsificate; rapina; ricettazione; sostituzione di persona; truffa; violenza privata; contraffazione di carte filigranate in uso per la fabbricazione di carte di pubblico credito o di valori di bollo; sequestro; minacce; parificazione delle carte di pubblico credito alle monete.
L’indagine ha avuto origine da una perquisizione, risalente all’agosto del 2015, svolta dai Carabinieri della Stazione di Roma Casalbertone in cui furono sequestrati, all’interno di un’abitazione in suo ad un pregiudicato romano, 33.000 Euro circa in contanti ed una valigetta contenente un kit completo per effettuare la cosiddetta truffa “black money scam”, consistente nel far credere alla vittima di poter ottenere banconote, attraverso la smacchiatura di fogli di carta con uno speciale solvente.
Dopo la perquisizione, gli elementi raccolti fecero subito indirizzare le indagini verso un gruppo di soggetti dediti a svariati tipi di truffe. Nel corso dell’attività sono stati anche arrestati due soggetti, anch’essi destinatari della misura cautelare eseguita oggi, resisi responsabili di falsificazione, detenzione di filigrane o strumenti destinati alla falsificazione, contraffazione di altri pubblici sigilli e truffa in concorso. L’attività ha in dettaglio permesso di fare luce su numerose truffe, di vario genere, che il gruppo criminale poneva in essere: oltre al già menzionato “black money scam”, realizzavano anche fittizie compravendite di opere d’arte ed immobili. E’ emerso, infatti, che la realizzazione di questi reati non era un fenomeno occasionale ma il frutto illecito di un sistema ben strutturato e collaudato, a cui aderivano, con vari ruoli, tutti gli indagati. In sintesi i soggetti coinvolti, adescavano facoltosi imprenditori e/o soggetti molto ricchi, intenzionati a trarre profitto da compravendite di appartamenti e beni di lusso (soprattutto opere d’arte) e, millantando conoscenze in ambienti aristocratici, imprenditoriali ed ecclesiastici della Capitale, promettevano alle vittime di riuscire a vendere con grosse plusvalenze i beni, a fronte di un anticipo (spesso di diverse decine di migliaia di euro) finalizzato alla buona riuscita della transazione. Ricevuto l’anticipo, sistematicamente i truffatori sparivano senza lasciar traccia.
A titolo esemplificativo, basti pensare che uno degli indagati, per rinforzare nelle vittime la convinzione della bontà dell’affare che veniva prospettato, fingeva di essere un Monsignore (a volte vestito anche con tanto di abito talare) con cointeressenze con gli uffici del Vaticano, dando quindi un’apparenza regolare alla trattativa e suscitando nelle vittime un senso di sicurezza indotto proprio dalla presenza dell’alto prelato che in varie occasioni, addirittura, ha dispensato anche benedizioni. L’indagine, che oltre alle misure cautelari, ha portato anche al sequestro di un’autovettura di lusso in danno di uno degli indagati, ha permesso di acclarare un giro di truffe, consumate e tentate, di circa 13 milioni di euro.