Era rimasto a casa per badare alla sorella disabile mentre il resto della famiglia era in giro a far compere, lo hanno ritrovato in coma dopo un volo di circa nove metri dalla finestra della sua camera in seguito a un intervento di alcuni agenti in borghese della Polizia per un controllo dei documenti.
È la storia di Hasib Omerovic, ragazzo sordomuto di 36 anni di origini rom, che da tre anni abitava insieme alla sua famiglia in una casa popolare in zona Primavalle, a Roma, al termine di un percorso di inclusione sociale che aveva portato il nucleo – i genitori e quattro figli, due minori e due disabili adulti – alla fuoriuscita dal campo nomadi di provenienza e all’assegnazione di un alloggio di edilizia residenziale pubblica.
A dare voce alla famiglia è stata l’Associazione 21 Luglio, che stamattina ha organizzato una conferenza stampa alla Camera dei deputati insieme a Riccardo Magi, deputato e presidente di +Europa, ai legali e alla mamma del ragazzo, Fatima Sejdovic.
Il racconto della vicenda è stato affidato a un esposto alla Procura della Repubblica di Roma, mentre Magi ha firmato un’interrogazione a risposta scritta nei confronti del ministro dell’Interno per fare chiarezza sulle dinamiche dell’episodio. E’ stata, inoltre, già inoltrata a Roma Capitale una richiesta di trasferimento della famiglia in un altro alloggio dato il “clima di terrore” attuale che non ha più permesso il rientro del nucleo nell’attuale abitazione.
I fatti risalgono allo scorso 25 luglio. A ricostruire l’accaduto è l’avvocato Susanna Zorzi: “In mattinata la famiglia si allontana da casa insieme a uno dei figli, a casa rimangono l’altra figlia Sonita, con una grave disabilità, e Hasib, un ragazzo sordomuto ma assolutamente autonomo, indipendente e senza ulteriori problematiche. La famiglia era uscita per svolgere delle normali attività quotidiane, poi intorno alle 13 ricevono la telefonata di una vicina che dice loro di tornare immediatamente a casa perché Hasib aveva avuto un incidente.
La telefonata passa immediatamente nelle mani di un poliziotto che spiega che Hasib si è solo rotto un braccio ed è già in ospedale”. Quando la famiglia torna a casa, ha spiegato il legale, “non c’è quasi più polizia, dicono loro che Hasib è stato ricoverato al Gemelli per il braccio rotto e non ricevono ulteriori spiegazioni. Hasib si sarebbe quindi gettato dalla finestra dell’abitazione, un appartamento a cui si accede dal piano terra del palazzo ma che sul retro, dov’è la finestra della camera del ragazzo, è a 9 metri da terra, praticamente un terzo piano.
E Hasib, che non ha mai lasciato intendere di avere strane problematiche, si sarebbe gettato da quella altezza”. Al momento dell’accaduto, ha proseguito Zorzi, “sul posto c’era la Polizia in forze con almeno otto agenti del commissariato Primavalle, che erano lì per chiedere i documenti ad Hasib non si sa per quale ragione, una cosa già di per sé molto strana”.
Poi, quando i familiari si recano al policlinico Gemelli, “apprendono che invece il ragazzo è in fin di vita, lo è stato per due giorni e ora dopo due mesi è ancora in coma: ha subito interventi chirurgici importanti, le braccia sono compromesse e non si sa se potrà mai più comunicare con qualcuno.
Nei giorni successivi i familiari si rivolgono al commissariato ma senza ricevere alcuna delucidazione o chiarimento ulteriore se non illazioni, perché sembrerebbe che Hasib avesse molestato o dato fastidio a qualche ragazza e per quello si rendeva necessario un intervento all’interno dell’abitazione”.
A quel punto, ha raccontato ancora l’avvocato, “viene fuori che su Facebook in un gruppo del quartiere Primavalle qualcuno si lamentava di Hasib e qualche giorno prima aveva pubblicato un post in cui diceva di fare attenzione al ragazzo, perché avrebbe molestato delle donne e bisognava dargli una lezione.
Viste le sue condizioni i suoi gesti potrebbero anche essere stati fraintesi, fatto sta che anche qualcun altro in quei giorni riferisce ai familiari che girava la voce che bisognava dargli una lezione. La Polizia alla fine ci ha detto che il soggetto era stato indicato per aver molestato delle persone, che loro erano lì per un controllo e che lui si è chiuso in camera e ha fatto quello che ha fatto senza che gli agenti potessero intervenire: spiegazioni che non bastano ai familiari, anche perché abbiamo riscontrato delle stranezze all’interno dell’abitazione”.
Nelle foto della camera di Hasib mostrate alla stampa, infatti, si vedono una scopa rotta “che prima dell’intervento della Polizia era integra”, un termosifone quasi sradicato dal muro, la porta di ingresso della camera completamente scardinata, macchie di sangue su una felpa. Tutti elementi, ha sottolineato Zorzi, “che chiediamo al pm di approfondire, non è il nostro ruolo individuare le responsabilità ma sono avvenute cose che non riusciamo a spiegarci, oltretutto in un arco temporale così breve”.
Sul posto, ha continuato l’avvocato della famiglia, “sono intervenuti probabilmente più di 4 agenti ma non c’è nessuna notifica, non hanno firmato alcunché. Non abbiamo nulla, né un mandato né un referto, capiremo dalla cartella clinica in che condizioni Hasib è arrivato in ospedale. Non ci risulta inoltre nessuna traccia della scientifica e di rilievi effettuati quel giorno o in quelli successivi”. Per quanto riguarda i soccorsi, “il 118 è stato chiamato immediatamente e sono arrivati in 20 minuti, dovrebbe essere stata proprio la Polizia a chiamare.
Lo sappiamo dalla testimonianza dell’unica signora che al momento si è resa disponibile a parlare, ci ha detto che ha sentito un tonfo e ha visto nell’immediatezza degli agenti di polizia avvicinarsi, quindi era certa la loro presenza in quel momento”. L’unica vera testimone però, oltre allo stesso Hasib, è sua sorella Sonita che “non parla bene la lingua ed è come se fosse una bambina di cinque anni, perché ha una disabilità psicofisica importante”.
La ragazza, comunque, ha raccontato che “gli agenti sono entrati, hanno chiesto i documenti a Hasib, gli hanno fatto delle foto e poi lo hanno picchiato con un bastone, lui è caduto, ha ricevuto dei calci ed è scappato in camera chiudendosi dentro; gli agenti a quel punto hanno rotto la porta, lo hanno preso a pugni e calci, poi lo hanno preso per i piedi e alla fine è caduto dalla finestra”.
Tutti questi elementi, ha sottolineato sempre Zorzi, “sono stati raccolti e portati al pubblico ministero, il dottor Stefano Luciani, che indaga nei confronti di ignoti per tentato omicidio in concorso“. I documenti di Hasib, infine, “sono stari ritrovati disposti in maniera molto ordinata sul tavolo del salone, quindi glieli aveva mostrati tranquillamente. E sicuramente non si è trattato di un intervento in flagranza di reato, perché quella mattina non era uscito di casa ma era rimasto per badare alla sorella”.
“Il 25 luglio siamo usciti alle 10:30 e siamo tornati dopo una telefonata della vicina che ci avvisava che c’era la Polizia in borghese per Hasib e che forse si era buttato dalla finestra. Siamo arrivati a casa alle 13:30 e dicevano che si era solo rotto un braccio“, le parole di Fatima, mamma del ragazzo, rotte dall’emozione e dalla rabbia. “Deve venire fuori la verità, Hasib è sordomuto al 90% e ora è in ospedale in gravi condizioni, voglio giustizia per mio figlio. Non dimenticherò mai quel 25 luglio, combatteremo fino alla fine”.
Per Magi si tratta di “una vicenda tragica resa ancora più sconvolgente dalla mancanza di chiarezza che la avvolge. La famiglia ha deciso di rendere pubblica questa vicenda nella speranza che l’attenzione pubblica aiuti a sapere la verità. Da fine luglio la famiglia Omerovic è sprofondata in un incubo di terrore e da quel giorno non sono più tornati in quella casa che gli era stata regolarmente assegnata e in cui vivevano da tre anni”.
Il deputato ha quindi indirizzato “un’interrogazione al ministro dell’Interno basata sull’esposto della famiglia alla Procura di Roma, interrogazione che sarà pubblicata in occasione della prima seduta della Camera, credo già domani, e che include il post sul gruppo Facebook che era stato cancellato ma di cui la famiglia ha salvato uno screenshot: nel testo, accompagnato da una foto fatta in strada a Hasib, si legge ‘Fate attenzione a questa specie di essere, perché importuna tutte le ragazze.
Bisogna prendere provvedimenti’. Dopo quanto accaduto alcune persone hanno detto alla famiglia che girava una voce secondo cui Hasib darebbe fastidio alle ragazze e che lo volevano mandare all’ospedale. C’è anche la testimonianza con Sonita, una ragazza con disabilità, che immaginiamo sarà ascoltata e il cui racconto è già inserito nell’esposto”.
Al Governo, ha concluso Magi, “chiediamo se il ministro sia a conoscenza del fatto e se non ritenga di avviare almeno un’indagine interna, e se vi sia un rapporto di servizio su quell’intervento di polizia anche per capirne il motivo, perché alla famiglia non è mai stato notificato un esposto, una denuncia: nulla. Vogliamo capire come e perché è avvenuto l’intervento e cosa intenda fare, con urgenza, il ministro.
A Camere sciolte purtroppo non abbiamo strumenti come le interpellanze urgenti per chiamare il Governo a rispondere ma solo la possibilità di presentare un’interrogazione a risposta scritta; chiediamo comunque che il ministro e il Governo rispondano in tempo brevissimi. La verità di fronte a un fatto così grave e a questa mancanza di chiarezza non la richiede solo la famiglia, ma le istituzioni democratiche nella loro interezza”.
“Chi difende i più deboli da quelle istituzioni che dovrebbero difenderli? Da anni siamo impegnati ad accompagnare la fuoriuscita delle famiglie rom dai campi, loro, che hanno seguito con successo questo percorso di inclusione, si sono presentati da noi quest’estate per raccontarci una storia a cui all’inizio abbiamo stentato a credere, quindi abbiamo voluto vedere documenti e foto e abbiamo fatto dei sopralluoghi ricostruendo il tutto nei dettagli.
A quel punto abbiamo capito che ci trovavamo di fronte a una vicenda dai lati oscuri e inquietanti”, ha commentato il portavoce dell’Associazione 21 Luglio, Carlo Stasolla. “Abbiamo costruito una rete intorno a questa famiglia addolorata e abbandonata; Hasib è in ospedale da 50 giorni in condizioni gravissime senza ancora riprendersi, e noi vogliamo gettare luce su questa storia affinché tanti altri cittadini del nostro Paese possano accompagnare Fatima nel percorso di ricerca della verità.
I familiari sono caduti in un tunnel da quel maledetto 25 luglio, si sono trasferiti lontano, hanno perso il lavoro, vanno tutti i giorni in ospedale a trovare Hasib”. Due le iniziative al momento portate avanti dalla 21 Luglio: ‘Un appello al Comune di Roma affinché alla famiglia venga assegnata una casa diversa dall’attuale, perché non possono più tornare lì, e una raccolta firme indirizzata al capo dea Polizia, Lamberto Giannini, affinché anche lui si attivi per fare chiarezza”, ha concluso Stasolla. (Mgn/ Dire)
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