"Bisogna sottolineare il grave impatto sociale di questa malattia, responsabile della maggior percentuale di mortalità nella nostra epoca. La fame e l’obesità sono purtroppo strettamente legati. Se non ci fosse stata la fame e lo sfruttamento di alcuni ceti sociali da parte di altri non ci saremmo beccati una “mutazione genetica” e non saremmo obesi”. A sostenerlo è il dott. Alfio Garrotto Direttore del Reparto di Chirurgia Generale e di Chirurgia Metabolica dell’Istituto Ortopedico del Mezzogiorno di Italia (IOMI) di Messina dal 2013. Dal 2013 ad oggi sono stati operati con successo allo IOMI 2.500 pazienti affetti da obesità grave e sindrome metabolica.
Dottor Garrotto, stando al rapporto presentato a Roma lo scorso aprile in occasione del primo Summit italiano sull’obesità e redatto dall’Italian Barometer Diabetes Observatory Foundation in collaborazione con Istat, oltre 25 milioni di concittadini sono in sovrappeso o obesi. Tra questi il 46% degli adulti e il 24% di under 18. Quali sono le cause di questo fenomeno?
L’obesità è il sintomo di una patologia ben più grave quale la sindrome metabolica e, se si tengono in considerazione altre manifestazioni di essa quali il diabete tipo II e l’infarto, si comprende bene come l’incidenza è ben più importante di quanto si possa immaginare. La causa prima, vedendo la patologia sotto questa luce, è primariamente genetica, i fattori ambientali e culturali, sicuramente in passato hanno agito attraverso una mutazione genetica che all’inizio ci ha preservato dalle carenze croniche di cibo, potenziando tutti i meccanismi di accumulo, successivamente, in condizioni di vita differenti, la mutazione non può più annullarsi per cui l’organismo continua ad accumulare anche quando non ne ha più bisogno essendo ormai programmato in quel modo.
Perché in Italia il problema è maggiormente diffuso al Sud dove un bambino su tre ed un adolescente su quattro sono in eccesso di peso?
“In tutti i luoghi dove esiste un alto tasso di gente che lavora fisicamente e dove c’è carenza di alimenti è comparso un genotipo cosiddetto “florido” che consente di sopravvivere in quelle condizioni. Il momento stesso che le condizioni cambiano, il lavoro fisico si riduce, il cibo è disponibile, succede l’esplosione”.
L'Onu ha lanciato un allarme sulla mondializzazione del fenomeno. Gli ultimi dati parlano di 821 milioni di persone che soffrono la fame, pari all'11% della popolazione mondiale, a fronte di due miliardi di persone sovrappeso. L'obesità davvero preoccupa più della fame nel mondo?
La fame e l’obesità sono purtroppo strettamente legati. Se non ci fosse stata la fame e lo sfruttamento di alcuni ceti sociali da parte di altri non ci saremmo beccati una “mutazione genetica” e non saremmo obesi. La meccanizzazione, volenti o nolenti, ha sostituito le fatiche umane per cui il sopravvento della modernizzazione in alcune culture ha portato a quell’obesità espressione di quella grave sindrome metabolica che attanaglia la popolazione mondiale.
Ma il dato più grave è un altro: ogni anno 3,4 milioni persone muoiono per problemi legati all’obesità. E' corretto parlare di problema sociale e culturale?
Già nel 2014 l’obesità era stata definita “epidemia” dall’OMS. L’obesità ancora una volta sottolineo è una delle espressioni della sindrome metabolica. Il diabete tipo II, con tutto il corteo di complicanze ad esso legate, spesso colpisce persone magre. Persone che nascono normali e poi per un motivo o un altro diventano diabetici oppure obesi o all’improvviso riferiscono apnee notturne o problemi cardiaci. Molte espressioni genetiche non sempre sono presenti alla nascita: la calvizie compare inevitabilmente ad una certa epoca della vita, come la sindrome metabolica. Certamente una cattiva educazione alimentare può favorirne o meno la manifestazione. Ridimensionato il fatto culturale bisogna sottolineare certamente il grave impatto sociale di questa malattia, responsabile, con le tutte sue espressioni patologiche, della maggior percentuale di mortalità nella nostra epoca.
Come si può affrontare chirurgicamente con successo questa patologia?
La chirurgia agisce riducendo il calibro del tratto alimentare in vari modi: bendaggi, sleeve, ovvero una resezione di parte dello stomaco. Tutto questo comporta di certo una perdita di peso e se si mantiene una dieta adeguata si ottiene un buon risultato. Col bypass oltre alla riduzione del calibro si aggiunge il salto della porzione ammalata, quindi con risultati immediati sulle alterazioni metaboliche della patologia ovvero diabete, massa grassa eccetera. In entrambe i casi bisogna però assumere alcuni elementi essenziali con degli integratori in quanto non assorbiti con la normale dieta.
Conviene operarsi per poi fare una dieta o per prendere delle pillole a vita?
Se si considerano i vantaggi ottenuti questo spesso passa in secondo piano, comunque a questo punto entra in campo sempre la chirurgia con un intervento che se ben calibrato sul paziente riesce a dare risultati eclatanti, mi riferisco al controbattuto minibypass. Questo è un intervento più completo della sleeve, ottiene gli stessi ottimi risultati del bypass, ma ha minori complicanze, la degenza è uguale a quella di una semplice sleeve, il paziente può alimentarsi in tempi brevi quasi normalmente, e soprattutto è reversibile e modulabile.
Siamo in piena estate, possiamo dare qualche piccolo suggerimento per chi è già sovrappeso o a rischio obesità?
Il classico consiglio sulla dieta è d’obbligo purché sotto stretto controllo medico. Le diete vegetariane è vero che hanno abbassato il rischio di diabete II, tuttavia attenzione a certi snack vegani o alimenti altamente trasformati che invece hanno effetti nulli se non opposti. Meglio quindi far uso di cibi sani, naturali, con una dieta equilibrata, magari con un bel piatto di spaghetti pomodorini e melanzane fritte e poi una bella nuotata per smaltire.
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