Cambiano i Presidenti del Consiglio, cambiano i Commissari per l’emergenza Covid, ma non cambiano gli errori e il clima di incertezza che circondano la somministrazione dei vaccini disponibili, con sorti alterne, ormai da quattro mesi.
Pfizer, Moderna e AstraZeneca sono stati immessi nella giostra delle prenotazioni e somministrazioni senza un criterio unico valido per tutte le regioni e senza soprattutto una indicazione precisa sulle categorie che avrebbero dovuto usufruirne in via prioritaria.
Escluso il personale sanitario degli ospedali e delle RSA, sono state vaccinate, a discrezione dei vari governatori regionali, categorie di soggetti (anche giovani) a scarso rischio di seria malattia, tralasciando quelle degli ultraottantenni (finora vaccinati nella percentuale del 35%) e dei soggetti della fascia 70-79 anni di età (2%).
Con il risultato, sotto gli occhi di tutti, di ancora migliaia di contagiati e di centinaia di morti al giorno.
Il Presidente Draghi, finalmente lo ha detto nell’ultima conferenza stampa. E anche il precedente Governo Conte avrebbe dovuto fare e dire le stesse cose.
La notizia di oggi è che, a causa dell’allarme ingenerato dalle controindicazioni causate dal vaccino AstraZeneca (prima smentite e poi in parte ammesse dagli stessi organi di controllo), il sistema di prenotazione della somministrazione dei vaccini, fin qui egregiamente svolto dalla Regione Lazio, è andato in tilt.
E infatti, visto che il vaccino AstraZeneca non lo vuole più nessuno, di fatto, già da qualche giorno il Pfizer e il Moderna, troppo richiesti non sono più disponibili alla prenotazione.
Ad esempio il S. Eugenio e il Biocampus, che sono attrezzati per la complessa conservazione dei vaccini Pfizer e Moderna e che finora hanno regolarmente preso le prenotazioni fino a giugno (2° richiamo a 21 giorni), non sono più raggiungibili nel sito “Salute Lazio” che gestisce le prenotazioni.
In pratica, oggi è disponibile (anche fra uno e due giorni) solo il vaccino AstraZeneca somministrabile in moltissimi punti di Roma e Lazio.
Ma la storia del vaccino AstraZeneca non è certo delle più rassicuranti: prima era consigliato per soggetti fino a 55 anni, poi fino a 65 anni, poi per tutti. Successivamente è divenuto potenzialmente pericoloso a causa di una trentina di morti sospette dovute a trombosi cerebrali improvvise di soggetti sottoposti alla sua somministrazione. Riabilitato, un mese fa, dall’EMA in virtù del rapporto benefici/controindicazioni è tornato nuovamente sul banco degli imputati per altre morti sospette in donne con età “non superiore a 60 anni “( come si è affrettato a sottolineare il presidente del CTS Prof. Locatelli).
Adesso quindi è diventato consigliato per soggetti dai 60 anni in su. Cioè esattamente il contrario della indicazione iniziale.
E’ evidente che, di fronte a questa gestione scriteriata della comunicazione sanitaria, il pubblico è perplesso e impaurito. E il primo risultato che si è visto è la sparizione, di fatto, della disponibilità degli altri vaccini troppo richiesti (Pfizer e Moderna), che invece erano disponibili fino a qualche giorno fa, e l’offerta del solo vaccino Astrazeneca.
Cosa inaccettabile per un paese civile. E’ pur vero che hanno somministrato il vaccino AstraZeneca a milioni di persone nel mondo con (dicono) rari casi di reazioni letali.
A questo punto però, per rispetto degli italiani, ci aspettiamo dagli organi preposti una presa di posizione seria e supportata da evidenze scientifiche su questo vaccino; altrimenti è meglio farne a meno e riprogrammare la campagna vaccinale sugli altri vaccini finora risultati (sembra) più sicuri: Pfizer, Moderna e il prossimo a venire, da metà aprile, della Johnson & Johnson.
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