Categorie: Cronaca

Salute: Le terapie post infarto per abbattere il colesterolo

Agli italiani fa più paura l'idea di avere il primo infarto che la concreta possibilità di averne un secondo. E' la malattia dei paradossi: diminuiscono le morti in ospedale ma aumentano quelle a un anno dalla dimissione, perché spesso i pazienti interrompono le terapie anche a causa degli effetti collaterali. Ma il recente studio internazionale Improve-it, basato sul monitoraggio di 18.144 persone affette da sindrome coronarica acuta in tutto il mondo, per 9 anni, dimostra quanto sia importante abbattare i livelli del cosiddetto colesterolo 'cattivo' (Ldl), che i pazienti ritengono essere un fattore di rischio di poca importanza. Il punto della situazione sulle terapie post infarto è stato fatto questa mattina a Roma all'Antico circolo di tiro al volo, dove si è tenuto un incontro cui hanno partecipato i più noti esperti italiani del settore come Gaetano Maria De Ferrari, professore di Cardiologia dell'universita' degli studi di Pavia, Michele Massimo Gulizia, presidente dell'Associazione nazionale medici cardiologi ospedalieri (Anmco) e direttore della struttura di Cardiologia dell'ospedale Garibaldi-Nesima di Catania, e Claudio Rapezzi, direttore della Cardiologia del policlinico Sant'Orsola di Bologna.

Il messaggio che gli esperti lanciano è che non basta abbassare l'Ldl: bisogna abbatterlo, soprattutto dopo un infarto. Ormai non ci sono più dubbi: il livello di Ldl dopo una sindrome coronarica acuta deve scendere ben al di sotto della soglia di sicurezza, indicata fino ad oggi, di 70 mg/dl. Più basso è meglio è. Un obiettivo oggi possibile grazie alla terapia a doppia inibizione con ezetimibe e simvastatina, a patto che i pazienti siano diligenti. Cosa non scontata. In Italia tra il 2001 e il 2011 la mortalità intraospedaliera dell'infarto si è progressivamente ridotta dall'11,3% al 9%. Questo vuol dire che se si arriva in tempo in ospedale sono sempre maggiori le possibilita' di rimanere in vita. Al contrario le nuove ospedalizzazioni fatali dalla dimissione a 60 giorni sono aumentate dello 0,13% e quelle delle dalla dimissione ad un anno dello 0,53%. Un andamento ancora più evidente dei pazienti con scompenso cardiaco, con una mortalità tra la dimissione e il primo anno pari al 10%. Numeri che fanno chiedere se il paziente italiano segua un percorso post ospedaliero sufficientemente virtuoso. E che sembrano un monito: la terapia farmaceutica va seguita costantemente. Cambiare solo lo stile di vita non basta. E così il tweet per il cuore che sintetizza il messaggio dei cardiologi è #abbattoilcolesterolo.

Redazione

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