BOLOGNA – Da una nuova tecnica mini-invasiva per polverizzare i calcoli renali, all’analisi di come il virus influenzale si trasmette dagli uccelli all’uomo. Fino allo studio dei meccanismi alla base della Sla, del morbo di Alzheimer o anche solo del labbro leporino. Sono gli otto progetti di ricerca già conclusi e finanziati tra il 2013 e il 2014 dalla Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna, presentati oggi nella Sala dello Stabat Mater, in Archiginnasio. “Un contributo prezioso – loda il rettore dell’Alma Mater di Bologna, Francesco Ubertini – troppo spesso si parla di giovani e ricerca, ma raramente alle parole corrispondono i fatti. La Fondazione dimostra che investire in ricerca si può“.
Ubertini cita anche un indice internazionale sull’attrazione dei giovani talenti. “L’Italia è 40esima- riporta il rettore- ma Bologna è 26esima al mondo e prima in Italia. Significa che questo territorio ha una enorme potenzialità, ancora inespressa”. La presidente della Fondazione del Monte, Giusella Finocchiaro, sottolinea il “sostegno concreto” dato alla ricerca con questo contributo. “Cerchiamo di fare del nostro meglio- afferma- sono finanziamenti che diamo in particolare ai giovani, tramite assegni di ricerca”. Luigi Bolondi, consigliere delegato per la ricerca dell’ente di via delle Donzelle, aggiunge: “La Fondazione finanzia costantemente da anni la ricerca scientifica, non sono interventi spot. Diamo la garanzia di essere al fianco dei ricercatori ogni anno“.
In sintesi, ecco gli otto progetti di ricerca sostenuti dalla Fondazione del Monte e presentati oggi a Bologna:
Giuseppe Martorana, del dipartimento di Medicina specialistica (Dimes) dell’Ateneo di Bologna, col suo team ha messo a punto una tecnica mini-invasiva per operare l’adenoma della prostata e i calcoli renali, riducendo complicanze, giorni di degenza e anche la necessità di tenere il catetere, “che era il vero spauracchio”. In particolare, grazie al laser i calcoli renali vengono polverizzati senza intervento chirurgico. Una procedura diversa “dalle altre fonti di energia- spiega Martorana- che rompevano i calcoli, ma con frammenti talmente grossi che dovevano essere a loro volta estratti”.
Marco Delogu, del dipartimento di Veterinaria, ha studiato invece come i virus influenzali degli uccelli “volano nell’aria, si mantengono nell’ambiente e vengono attratti dalle superfici del corpo, ad esempio il sebo della pelle, su cui si fissano, rendendo più facili le infenzioni” e generando i virus influenzali stagionali nell’uomo. Questo in futuro potrà permettere di studiare “trappole per virus ambientali”.
Pierandrea De Iaco, del Policlinico Sant’Orsola, ha invece sperimentato l’ecografia con mezzo di contrasto per valutare la risposta alla chemioterapia nelle donne affette da tumore ovarico. “Una metodica semplice e di basso costo- spiega- che ci permette di valutare con grande affidabilità” l’effetto della chemioterapia e permette al chirurgo “una più precisa selezione delle pazienti da operare e il momento esatto in cui intervenire”. In futuro, questo potrebbe “anche ridurre costi e l’uso di tac e pet, con minor apporto di radiazioni che le pazienti devono sopportare”.
Paola Dal Monte del Dimes si è occupata invece di tubercolosi, per arrivare a “una diagnosi la più rapida possibile per interrompere la catena di trasmissione dell’infezione”. Allo stesso tempo, si è studiato come “individuare anche l’infezione latente, che è asintomatica ma che può essere curata, per fare in modo che la malattia non venga riattivata”.
Marcella Martinelli, anche lei del Dimes, ha curato invece la ricerca sui geni coinvolti nell’insorgenza del labbro leporino, che colpisce un nuovo nato ogni 700.000 bambini. In particolare, spiega, “si è verificato il coinvolgimento di un complesso di proteine nell’insorgenza di questa malformazione”.
Patrizia Romualdi, del dipartimento di Biotecnologie, ha studiato gli enzimi che possono rappresentare dei bio-marcatori e dei predittori nel sangue dell’insorgenza del morbo di Alzheimer. Una ricerca che in futuro può portare alla nascita di nuovi farmaci in grado di frenare l’evoluzione della malattia.
Maria Carla Re, numero uno della microbiologia del Sant’Orsola, ha analizzato invece come il virus dell’Hiv riesca a diffondersi nei reni “nonostante la scarsezza di recettori, portando le cellule a una sorta di suicidio”. Questo studio consentirà un “ulteriore miglioramento della terapia”.
Barbara Monti, del dipartimento di Biotecnologie, fa ricerca sulla Sla e si è concentrata sulle cellule immunitarie del sistema nervoso. “Come in altre malattie neurodegenerative- spiega- anche la Sla è caratterizzata da un processo di infiammazione dovuto all’attivazione di queste cellule. Nel modello in vitro, abbiamo visto che c’è un’alterazione di queste cellule, che può determinare la morte dei neuroni”. Un passo avanti per le terapie contro la malattia.
(Agenzia Dire)
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