“Finalmente mia figlia potrà tornare libera”. Sono le parole con cui Genzianella e Giorgio, genitori della 30enne Samantha D’Incà, immobilizzata in un letto d’ospedale in coma irreversibile, pongono fine alla loro battaglia. Un anno di sofferenza, attesa estenuante, e lotte incessanti per la tutela della dignità umana, in cui Samantha era costretta a vivere una vita che non avrebbe mai voluto vivere. Ma ieri, sabato 6 novembre, il tribunale di Belluno – con una sentenza che farà giurisprudenza – ha nominato il padre amministratore di sostegno e gli ha dato la possibilità di staccare la spina.
“È una sentenza rivoluzionaria perché dimostra che anche senza disposizioni scritte le volontà possono essere rispettate”, ha affermato l’avvocato Davide Fent. “Ne parlavamo a casa, lei non avrebbe mai voluto vivere così, ogni volta le chiedo scusa. Venerdì siamo andati a trovarla e le abbiamo detto che forse siamo alla fine! Forse ce l’abbiamo fatta”, ha dichiarato la mamma. La famiglia aveva infatti chiesto da subito di far rispettare la volontà di Samantha. La giovane non ha mai compilato un testamento biologico, ma ha più volte espresso a voce il suo fermo “no” all’accanimento terapeutico.
Una volta nominato ufficialmente tutore, Giorgio D’Incà dovrà ancora sentire il parere dell’equipe medica che segue Samantha. Poi la porterà al mare per l’ultima volta, prima di lasciarla andare via. “Finalmente ho sentito parlare i giudici di dignità e rispetto. Finalmente mia figlia potrà tornare libera. Ma non la dimenticheremo mai”, ha commentato il padre.
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