Il 18 maggio 1920 veniva al mondo a Wadowice Karol Wojtyła, il futuro Papa San Giovanni Paolo II. In occasione del centenario della sua nascita, il suo successore sul Soglio pontificio, Benedetto XVI, ha voluto ricordare quello che era anzitutto un caro amico. E lo ha fatto con una commovente lettera indirizzata al Cardinale Stanisław Dziwisz, già segretario particolare di Papa Wojtyła.
La missiva con cui Papa Ratzinger ha voluto commemorare i cent’anni dalla nascita di San Giovanni Paolo II è datata 4 maggio 2020. La Conferenza Episcopale Polacca ha poi diffuso il messaggio in lingua inglese lo scorso 15 maggio.
Nel testo, che si apre con un excursus sulla storia della Polonia e la giovinezza del futuro Pontefice, ci sono alcuni passaggi che meritano particolare attenzione. Come ha fatto saggiamente notare il giornalista Antonio Socci.
Anzitutto, la difficilissima situazione in cui si trovava la Chiesa post-conciliare al momento dell’elezione del Pontefice polacco.
«Le deliberazioni del Concilio erano state presentate al pubblico come una disputa sulla stessa Fede» ha notato Papa Benedetto. In un clima avvelenato da quella caricatura del cattolicesimo rappresentata dal catto-progressismo, Giovanni Paolo II riuscì a riportare la Barca di Pietro sulla giusta rotta. Anche grazie al fatto che la Polonia aveva accolto il Vaticano II con un atteggiamento «di gioioso rinnovamento», anziché «di dubbio e incertezza».
La seconda riflessione riguarda il fatto che Papa Wojtyła mise la misericordia al centro del proprio Pontificato. In primis perché «profondamente toccato dal messaggio di Faustina Kowalska, una suora di Cracovia, che enfatizzava la Divina Misericordia come un centro essenziale della fede cristiana».
Ma non solo. San Giovanni Paolo II viveva questa virtù in prima persona, tanto da aver rinunciato con umiltà anche a proposte a cui teneva molto. Come quando desiderava istituire la festa della Divina Misericordia nella seconda domenica di Pasqua. Chiese un parere sulla data che aveva scelto alla Congregazione per la Dottrina della Fede, il cui Prefetto era l’allora Cardinale Joseph Ratzinger. L’opinione dell’ex Sant’Uffizio fu negativa, e «non è stato certamente facile per il Santo Padre accettare la nostra risposta».
Tuttavia, per rispetto verso la Chiesa il Vicario di Cristo si piegò al suggerimento dei porporati. Trovando poi, in un secondo tempo, una formulazione che risolveva le perplessità degli organi ecclesiastici e gli permise di istituire la festività. Nei cui primi momenti vespertini, il 2 aprile 2005, sarebbe tornato alla casa del Padre.
«Ci sono stati spesso casi simili in cui sono stato colpito dall’umiltà di questo grande Papa, che ha abbandonato le idee che amava perché non riusciva a trovare l’approvazione degli organi ufficiali che dovevano essere richiesti secondo le norme stabilite». Così Benedetto XVI, smentendo anche l’idea (forte più che altro presso certi media) che dipingeva il Pontefice polacco come un rigorista morale.
«Con la centralità della divina misericordia, ci dà l’opportunità di accettare il requisito morale per l’uomo, anche se non potremo mai soddisfarlo pienamente. Inoltre, i nostri sforzi morali sono fatti alla luce della divina misericordia, che si rivela in una forza che guarisce la nostra debolezza».
L’ultimo aspetto trattato da Papa Ratzinger concerne la possibilità che a San Giovanni Paolo II possa essere riconosciuto l’appellativo Magno. Titolo che hanno ricevuto solamente due Pontefici.
Il primo fu Leone I (440-461) che, attraverso il dialogo, «riuscì a convincere Attila, il Principe degli Unni, a risparmiare Roma». Il secondo e ultimo fu Gregorio I (590-604), che «fu più volte in grado di proteggere Roma dai Longobardi». Anche se oggi è noto soprattutto per aver promosso la modalità di canto liturgico che da lui prese il nome di “gregoriano”.
Benedetto XVI ha evidenziato come vi sia un’inconfondibile somiglianza tra le loro figure e quella di Papa Wojtyła. Il quale, con la forza della fede «scardinò il sistema di potere sovietico nel 1989».
È un tesoro prezioso quello donatoci dalla memoria del 93enne Joseph Ratzinger, di sicuro l’unico che avrebbe potuto raccogliere l’eredità del Pontefice polacco. Per la profonda amicizia che li legava, certamente. Ma soprattutto perché Papa Benedetto è «il più grande intellettuale dei nostri tempi e un Dottore della Chiesa dell’età moderna come non ce ne saranno più». Così il suo biografo Peter Seewald, secondo cui «la sua opera sarebbe stata indimenticabile anche se non fosse salito al Soglio di Pietro».
Sottoscriviamo in toto. E ancora restiamo attoniti di fronte all’incredibile vicinanza, spirituale ma anche cronologica, di due così straordinari giganti della fede.
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