Sanità territoriale post-Covid, idee e proposte: come poter rinnovare il SSN
La sanità deve restare pubblica, e il controllo deve rimanere del Ministero della Salute soprattutto in relazione alla sanità territoriale
L’epidemia tutt’ora in corso del virus Sars Cov 2 sta fortunatamente declinando: il tasso di contagi e positività dei tamponi sta diminuendo costantemente, così come i ricoveri ospedalieri e in terapia intensiva e subintesiva (stabilmente sotto le 2000 unità). Ci si pongono quindi molti interrogativi sulle criticità emerse in questo anno di pandemia e su come fare per rinnovare il nostro SSN e renderlo più in linea con i nostri tempi. Potevamo forse fare meglio e di più e potremmo essere stati colti impreparati ad una situazione pandemica di tale portata mondiale.
La sanità territoriale delle Asl
In primis la questione fondamentale della sanità territoriale delle ASL (medicina generale o di famiglia inclusa pediatria di libera scelta, guardia medica notturna prefestiva e festiva e sistemi di emergenza urgenza 118 e di trasporto del malato, nonché Dipartimenti di Igiene e Prevenzione Asl). Così come è strutturata e sotto finanziata attualmente non è più purtroppo idonea a sostenere i bisogni di salute di una popolazione molto invecchiata e affetta da policronicità anche gravi (diabete mellito, cardiopatia ischemica, scompenso cardiaco, ipertensione arteriosa, neoplasie maligne, neuropatie degenerative, demenze, tossicodipendenze e malattie psichiatriche, alcoolismo e tabagismo).
Tanti i problemi anche tecnologici
Il Covid 19 ha solamente scoperchiato ed evidenziato problemi territoriali vecchi e pochissimo affrontati seriamente, perché il nostro modello sanitario degli ultimi 50 anni è stato sempre basato sulla cultura ospedalocentrica e sempre meno sulla sanità territoriale (prevenzione primaria e secondaria). Inoltre, scontiamo anche il pesante gap tecnologico e digitale che abbiamo accumulato in quanto completamente scoperti e in ritardo sul versante della dematerializzazione documentale, della digitalizzazione dei dati sanitari, della tutela dei dati sensibili ed anche con una pesante arretratezza delle reti tecnologiche infrastrutturali (fibra ottica e cloud).
In aggiunta a ciò, le Università pubbliche e private, anche a causa del numero chiuso alle iscrizioni al Corso di Laurea in Medicina e Chirurgia, producono sempre meno laureati e gli effetti negativi di questa situazione cominciano a vedersi nel territorio.
Il risultato finale è l’ afflusso in massa – soprattutto nelle grandi aree metropolitane dei pazienti più fragili nei Pronto Soccorsi Ospedalieri, che vengono così trasformati – complici anche i grossolani e acritici tagli lineari di posti letto degenza degli ospedali – in enormi e disumane astanterie di grandi anziani, cronici e disabili: una situazione ormai incancrenita che umilia la dignità umana dei pazienti, delle loro famiglie e degli operatori sanitari.
La organizzazione territoriale attuale del SSN non è più utile in quanto tale al Cittadino, ma è funzionale solo al mantenimento dello statu quo. Perché la situazione demografica della popolazione italiana nelle grandi aree sta drammaticamente peggiorando. Una opportuna riforma sanitaria fatta con Legge Ordinaria del Parlamento è assolutamente urgente e necessaria e dobbiamo uscire quanto prima da questo loop infernale oppure a mio giudizio il SSN di Tina Anselmi ne uscirà presto con le ossa rotte.
Ecco le proposte di riforma
A seguire alcune semplici proposte e idee che possono essere una palestra per il potere decisionale politico e che scaturiscono da una esperienza ultratrentennale nel settore medico.
A mio giudizio, in primis, va radicalmente rivisto ed opportunamente finanziato, il sistema di presa in carico territoriale dei Cittadini/Assistiti da parte del Medico di Medicina Generale e del Pediatra di Libera Scelta, privilegiando gruppi di assistenza focalizzati sulle tipologie di cronicità e specializzando così il lavoro del Medico. Noi sappiamo che il carico maggiore sui MMG, in aggiunta a quello burocratico che dipende dalle Leggi e dai Decreti, è dato proprio dai pazienti con policronicità e dai pazienti anziani ultra 65enni.
Alcuni esempi
Viceversa, tutti gli altri tipi di pazienti assistiti dai MMG incidono assai meno sul carico di lavoro perché raramente si presentano a visita in studio ed invece andrebbero più diffusamente e pesantemente assistiti da una forte medicina preventiva coordinata dal Dip.to di Prevenzione delle Asl. Pensiamo per esempio ai consultori ginecologici e agli screening di primo e secondo livello del cancro della mammella che è il primo big killer nella donna, del cancro del colon retto e della prostata, del cancro del collo dell’ utero e dell’ endometrio.
La specializzazione del lavoro dei Medici di Medicina Generale
Inoltre, dobbiamo assolutamente ripensare lo status giuridico di Medico di Medicina Generale che a me appare anacronistico rimanere nella condizione della Libera professione sotto forma di lavoro di tipo subordinato così come è adesso. Ad un libero-professionista si può imporre solo quello che è previsto dal Contratto di Lavoro e non gli si può chiedere altro, a differenza del medico dipendente (assunto per pubblici concorsi) a cui si possono fare ordini di servizio. Inoltre, il Medico di Medicina Generale non è tutelato dagli infortuni professionali (INAIL) come il medico Asl o Ospedaliero e questa è una grande lacuna come ci ha insegnato il Covid 19.
Il Recovery Fund
Il Governo nel Piano di Recovery Fund ha pensato ad un nuovo modello basato essenzialmente sulle Case della Salute e sul massiccio impiego della digitalizzazione sanitaria. A mio giudizio, però, dobbiamo implementarlo con una attenzione maggiore alle risorse umane e non solo ad una infermierizzazione tout court del territorio per motivi di costi. La filiera territoriale della catena di comando della Asl e dei Distretti Sanitari e del Dipto di Prevenzione ben si integra ed è sicuramente più efficace nei sistemi a dipendenza pubblica.
Considero, inoltre nella sanità territoriale, anche il dato demografico dei MMG (medici di Medicina Generale), perché entro pochissimi anni molti di essi andranno in pensione e molte zone potrebbero restare scoperte dalla assistenza territoriale, a tutto danno dei Cittadini. Mi chiedo pertanto, guardando in avanti: quale sarà il tipo di lavoro del nuovo Medico di Sanità Territoriale (MMG e Pediatra di libera scelta) se non quello di un professionista – inquadrato prevalentemente e prioritariamente nella dipendenza pubblica SSN – dedicato in particolar modo ad una delle principali categorie di patologie croniche (per fare un esempio oncologiche, cerebrali degenerative, psichiatriche e dipendenze da sostanze, cardiorespiratorie e diabetiche metaboliche, patologie che da sole fanno oltre 80% del totale degli assistiti con pluripatologie).
La sanità digitale e il Dipartimento di Prevenzione delle Asl
La scelta di questa tipologia di riforma a mio giudizio, sarebbe moderna e raccomandabile soprattutto se legata ad un forte piano di investimenti pubblici e privati nel settore della sanità digitale. In ultimo, il nodo gordiano del “cervello” che comanda tutta la assistenza territoriale sanitaria del SSN e cioè il Dipartimento di Prevenzione – UOC SISP Igiene pubblica – UOC Epidemiologia, inserito organicamente dal Legislatore 833/1978 all’ interno delle attuali Asl.
In particolare il sistema dei SISP (Servizi di Igiene e Sanità Pubblica) ed Epidemiologia sono le UOC che si occupano di contrasto alle malattie diffusive infettive epidemiche e in particolare durante la epidemia Covid – soprattutto in certe aree del Paese – ha mostrato ritardi, latenze e criticità probabilmente dovute ad una carente organizzazione molto burocratica anche per carenze di personale specialistico medico ed infermieristico.
A mio giudizio, nel caso del Dipartimento di Prevenzione delle Asl, il nodo potrebbe essere ricondurre funzionalmente e gerarchicamente questa importante struttura Asl al controllo diretto del Ministero della Salute per il tramite della competente Direzione Generale della Prevenzione opportunamente potenziata ed arricchita di personale ad hoc.
Quindi, svincolare il Dip.to Prevenzione Asl dal controllo diretto della Direzione Asl e ricondurlo funzionalmente al Ministero della Salute, centralizzando il controllo dello Stato su queste tipologie di malattie. Questo varrebbe soprattutto nel caso delle Asl più grandi nelle aree metropolitane.
In questo modo, a mio giudizio, supereremo in un sol colpo la criticità tanto allarmante dei ritardi e delle incongruenze asimmetriche regionali. Ritardi determinati dalla modifica costituzionale del Titolo V del 2001 del federalismo regionale.
Bisogna sbloccare la sanità territoriale
Queste sono solo alcune delle proposte tecniche di riforma della sanità territoriale post-covid, fortemente innovative e che forse con opportuni passaggi parlamentari e condivisioni regionali oltre che debitamente finanziate dai fondi europei del Recovery, potrebbero innescare miglioramenti virtuosi e soprattutto sbloccare la attuale cristalizzazione della sanità pubblica territoriale che poi di fatto attualmente scarica tutto sul sistema degli ospedali pubblici e dei loro pronto soccorsi/DEA.
La sanità è e deve restare pubblica
La sanità è e deve restare pubblica, statale e con una forte componente di tipo centrale. Il controllo deve rimanere del Ministero della Salute soprattutto in relazione alla sanità territoriale e al disopra di esso del Parlamento. Le Regioni continuino a svolgere la loro importante funzione gestionale ed organizzativa, soprattutto con un migliore uso della Conferenza Stato-Regioni. Ma la sanità pubblica territoriale a mio giudizio dovrebbe ritornare sotto l’ egida ed il controllo del Ministero competente, non completamente sottratta alle Regioni, ma con una gestione prevalentemente centrale.
Il passo immediatamente successivo sarebbe poi temporalmente quello della riforma del sistema nel SSN della emergenza-urgenza e dei Pronto Soccorso: ma di questo parleremo e scriveremo successivamente.