Sanremo 2018. Il Festival di Michelle Hunziker
Come si dice a teatro, la bella svizzera ci è sembrata ‘’nel ruolo’’, d’altronde era l’unica conduttrice sul palco
Ascolti superiori alle previsioni, 52,1% di share, meglio dello scorso anno con Carlo Conti. Con questo risultato eccellente si svegliano il direttore generale della Rai Mario Orfeo, il direttore artistico e conduttore Claudio Baglioni, i coconduttori Michelle Hunziker e Pierfrancesco Favino. Ma veniamo alla serata di ieri.
L’apertura a secco di Fiorello merita un plauso se non altro perché ci domandiamo chi, a parte il glorioso Pippo Baudo, avrebbe attualmente saputo fare di meglio? Certo il monologo forse era un po’ troppo lungo.
Arriva Baglioni, entrata da vera primadonna, la scenografia si apre come le acque che si dividono per Mosè, spaziale quasi quanto l’Apollo 11. Botox a parte, resta un uomo fascinosissimo ed elegante. Grande maestro cerimoniere saluta il pubblico anche lui con un lungo monologo , stavolta senza ironia però. L’ars oratoria non gli fa difetto, con le parole ci sa fare, con o senza ‘’gobbo’’, è forbito, quando più tardi con una Pausini afona in collegamento al telefono cita Ode All’amica Risanata di Ugo Foscolo. Meno gradevole il fatto che si autociti addosso attraverso le parole di una sua canzone. Pierfrancesco Favino il più ingessato e fuori ruolo tra i tre, poco incisivo lungo tutto il corso della serata, nonostante si sia cimentato in una prova di abilità su un divertissement basato su un cambio di registri di voce repentini dando atto che il compitino sa farlo, ma non è Mastroianni come lui desidererebbe.
La vera regina della serata è stata Michelle Hunziker, luminosa e dalla linea perfetta, nonostante le numerose gravidanze, con un seno che si tiene su da solo sfidando ogni legge gravitazionale e i suoi 41 anni, potere della fisica? Per lei un cambio di ben quattro abiti, uno più elegante dell’altro, firmati Giorgio Armani Privè, da sogno. Certo il primo era molto simile a quello di Morticia Addams nella versione originale di Carolyn Jones, ma gli Addams ci sono sempre piaciuti.
Come si dice a teatro, proprio la bella svizzera ci è sembrata ‘’nel ruolo’’, d’altronde era l’unica conduttrice sul palco. Non l'hanno minimamente scalfita nemmeno le polemiche scaturite in seguito a un articolo di denuncia di Selvaggia Lucarelli nei confronti dell'associazione in cui sostiene le donne, Doppia Difesa, assieme all'avvocato Giulia Bongiorno, anzi ha sottolineato il suo impegno e ha portato un fiore a mo' di spilla da far indossare a tutti sul palcoscenico per ricordare la lotta contro la violenza sulle donne. Ci vuole coraggio e un po' di faccia tosta, ammettiamolo. Versatile, sciolta, solare. Baglioni dalla sua, però, ha dimostrato grande generosità dandole ampio spazio, facendole quasi da spalla, così come a Favino. Bravo!
Prima standing ovation. Duetto nostalgia Fiorello e Baglioni che intonano ‘’E tu’’ e subito si torna ai falò sulla spiaggia, all’amica alla quale tieni i capelli perché ha bevuto troppo, un po’ prima di quell’età in cui si scopre il rock, che dio lo benedica.
Andiamo alle canzoni. La media è superiore agli anni scorsi, intendiamo quelli del ‘’patron’’ Carlo Conti, forse perché Baglioni è un bravo musicista?
I nostri preferiti: Peppe Servillo ed Enzo Avitabile portano sul palcoscenico dell’Ariston la melodia, la tradizione, la più alta memoria napoletana di due grandissimi artisti. Neanche a farlo apposta sono tra i meno votati, ma chi vota?
Max Gazzè ritorna alla scrittura seria di una bella canzone non facile al primo ascolto, abbandonando le sue ultime canzoni ‘’marcetta’’, torna alla sua scrittura migliore, quella de L’amore pensato, per intenderci; ottimo brano, testo non banale.
Mario Biondi ha una canzone raffinata con un’introduzione che ricorda My Funny Valentine o qualunque altro standard jazz, elegante che non guasta a Sanremo, una volta tanto; certo la sua voce, pur importante e inconfondibile, non è ‘’jazz’’ ma che importa?
Diodato e Roy Paci provano a fare un’operazione interessante: gli ottoni in primo piano e un testo sull’incomunicabilità , però un po’ incerto, c’è qualcosa che non funziona appieno. Peccato, vedremo nelle prossime serate.
Pacifico, Bungaro e la straordinaria Ornella Vanoni hanno classe da vendere, ma la canzone disattende le aspettative che per artisti di questo calibro sono molto alte.
Ron porta sul palco un inedito di Lucio Dalla e gioca molto sul ricordo dell’immenso artista e sulla nostalgia. Vedi alla voce: ‘’astuzia’’. Il testo non è sembrato, a un primo ascolto, propriamente un campione di originalità: ‘’se vuoi pensarmi pensami…se stai dormendo sognami…senza lei, io morirei…almeno pensami senza pensarci pensami’’. La musica del pezzo ci ricorda Dalla e ci emoziona un poco.
Renzo Rubino, nonostante l’incertezza vocale, sarà stata l’emozione da prima serata, non è male, specialmente il testo che in un pieno di retorica e rime baciate prova a vocalizzare su ‘’vuoi custodire l’affetto dell’insolenza’’. Ne apprezziamo l’arrangiamento. Unica pecca: ricorda molto il suo brano nella categoria dei giovani di qualche anno fa, Il postino ( amami uomo) che era davvero molto bello.
Quelli dati per vincitori. Ermal Meta e Fabrizio Moro portano a Sanremo una canzone dall’impegno sociale, sul terrorismo, e quindi molto furba. Peccato che per parlare di sociale ci vogliano immagini e versi più poetici e meno banali. Scarseggia la melodia, i due poi sono sprovvisti di spessore vocale. Tendenzialmente sono la copia di loro stessi, ripetitivi, non capiamo davvero dove risieda la loro capacità di emozionare le tante persone che li apprezzano.
Nina Zilli a nostro avviso, assieme alla Hunziker, detiene lo scettro di più bella donna dell’Ariston e del miglior abito, non per niente porta la firma della divina Vivienne Westwood. La canzone però è sbagliata e non la valorizza, al contrario appunto del vestito. La Zilli prova a incarnare l’interprete raffinata, ma non ce la fa, sarebbe meglio tornasse a farci divertire con canzoni più indicate al suo registro vocale e alla sua personalità frizzante.
The Kolors non pervenuti, ma la canzone ha un refrain astuto e siamo sicuri sarà tra le più programmate in radio.
Forse il podio per la canzone più brutta ma con alte e altre pretese è quella de Lo Stato Sociale che utilizza una vecchietta di 83 anni un po’ come fece Gabbani con la scimmia. Si ballicchia ma non sono i Subsonica, o almeno quel che furono, con ‘’Tutti i miei Sbagli’’
Momento più alto della serata: Gianni Morandi che, dopo una introduzione strumentale meravigliosa dell’orchestra di Sanremo che omaggia il compositore Luis Bacalov, autore del brano eseguito, assieme a Franco Migliacci autore del testo, entra e intona, da brividi, il suo cavallo di battaglia Se Non Avessi più te (grazie mamma per avermi fatto crescere a pane e musicarelli di Morandi, tra i quali l’omonimo Se non avessi più te, nda). L’arrivo di Baglioni rende ancora più magico il momento, anche se, a onor del vero, la canzone avrebbe brillato lo stesso.
Momento più basso. Michelle Hunziker, bravissima padrona di casa che si lascia andare a una gag, con tanto di Baglioni e Favino che gattonano, mon dieu, e canta, poveri noi, E se domani. Perché?
E se gli uomini invidiano Tomaso Trussardi per avere sposato la Hunziker, a noi donne l’invidia scatta al contrario per il giovane dagli occhi azzurri, bello come un novello principe azzurro, erede della fortuna della Maison Trussardi.
Momento mamme e figlie. Il duetto Gianni Morandi e Tommaso Paradiso, sconosciuto alla media di chi guarda Sanremo, è un cantautore e frontman del gruppo The Giornalisti, riunisce il vecchio mondo, superbo, della gloriosa tradizione della canzone italiana e quello nuovo delle band che non sono alternative ma neanche troppo mainstream. Contente mamme e figlie con i loro beniamini uniti assieme. Morandi ringrazia Paradiso più volte pubblicamente, Paradiso invece non lo nomina neanche. Bella comunque la canzone, la classe di Morandi è un’altra cosa.
Una bella serata nel complesso, come da tanti anni non se ne vedevano più, forse un po’ lunga ma si tratta pur sempre di Sanremo.
Le radio, i network monopolizzatori, intanto stanno già mandando in rotazione le canzoni più brutte, come sempre, quindi proponiamo di andare a riascoltare la canzone più emozionante della serata, Se non avessi più te, perché così non se ne fanno più.