Il brano di Mt. 16, 13-19, che ascolteremo domenica prossima nella solennità dei Santi Pietro e Paolo, è una raccolta di testi che riguardano la figura di Pietro. L’evangelista Matteo ha riunito insieme la professione di fede di Pietro nei riguardi della persona di Gesù e la promessa di Gesù sui compiti ecclesiali di Pietro. Ha unito insieme i due testi con una nota personale, che riflette l’atteggiamento della comunità nei confronti del suo primo vescovo. La promessa di Gesù sul ruolo di Pietro nella Chiesa è assente nel vangelo di Marco e di Luca. Se Marco e Luca non riportano il testo del primato pur riferendo l’episodio di Cesarea di Filippo (la professione di fede da parte di Pietro verso la persona di Gesù), è perché originariamente non vi faceva parte. La spiegazione più ovvia è che i vv. 17-19 (“Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa…”) provengono da un altro contesto storico. Essi sono stati rapportati e inseriti nel contesto della professione di fede a Cesarea di Filippo per ragioni evidenti. Un passo che riguarda la professione di fede di Pietro ne richiamava un altro che ne costituisce l’integrazione e il superamento più perfetto.
La professione di fede di Pietro (vv. 13-17.20)
La scena di Cesarea di Filippo ha un contenuto essenzialmente cristologico. Gesù compie una specie di sondaggio sulle concezioni messianiche della folla e più ancora dei dodici prima di aprire un nuovo capitolo nella sua predicazione. La gente che ha visto o ascoltato Gesù non è stata in grado di scorgere in lui il messia umano-divino che il titolo Figlio dell’Uomo evoca. E’ molto se è arrivata a scoprire in lui un profeta. La fede degli apostoli è ancora più manchevole di quella della folla: “Tu sei il Cristo…” (v. 16). L’Unto del Signore è il re di Israele, il messia, chiamato ad instaurare una dominazione intramontabile da una parte all’altra della terra, nella prospettiva di un ideale messianico davidico terrestre e nazionalistico: la risposta contiene un’invocazione che Gesù ne realizzi quanto prima i postulati. In essa il maggior interesse è il rilievo dato alla parte svolta da Pietro: ciò convalida l’ufficio di porta-parola e di rappresentante dei propri colleghi che egli esercita davanti a Gesù.
Il severo divieto di Gesù (v. 20) di parlare di lui si spiega con il fatto che il Salvatore non vuole compromettere la realizzazione del suo programma accettando designazioni facili ai fraintendimenti popolari: il messia era un re, ma l’ascesa al trono doveva passare attraverso il patibolo della croce. Matteo amplia la risposta di Pietro: Gesù è il messia, ma anche “il Figlio del Dio vivente”. Si tratta del riconoscimento non solo della messianicità, ma anche della divinità del Salvatore: ciò viene confermato dalla precisazione successiva fatta da Gesù stesso. E’ probabile che l’evangelista riferisca la fede pasquale di Pietro, posteriore alla sua piena conversione e a quella che egli ha avuto a Cesarea di Filippo. Il “beato te, Simone” pronunciato da Gesù, esprime un giudizio sull’apostolo dell’intera comunità primitiva; esso è il primo “tu es Petrus” che la chiesa delle origini, sulla indicazione di Gesù, canta al suo vescovo e supremo pastore.
La missione di Pietro (vv. 18-19)
I compiti che l’apostolo è chiamato ad assolvere nella comunità sono riassunti in tre metafore: la “pietra”, le “chiavi”, il binomio “legare-sciogliere”. “Tu sei Pietro, e su questa pietra…” (v. 18). L’appellativo “Pietro” rievoca il cambiamento del nome dell’apostolo compiuto da Gesù in uno dei primi incontri. Nella tradizione biblica tale mutamento è sempre collegato ad una particolare missione da svolgere nel piano della salvezza: egli sarà la pietra su cui si innalza la chiesa di Cristo. Chiamandolo Simon Pietro, Gesù non pensa alle doti naturali dell’apostolo, che si riveleranno presto tanto precarie, ma alla missione che dovrà svolgere.
Se un nome di cosa è attribuito a un uomo vuol dire che egli ne possiede le proprietà. Il termine “kefas” può designare sia una pietra, sia un terreno solido, roccioso. Gesù parla della pietra in rapporto alla costruzione della chiesa: la pietra è la terra stabile che il costruttore cerca prima di gettare la basi del futuro edificio. Pietro-Kefas è la roccia, dura e irremovibile, su cui gravita l’intera costruzione. Nel Vangelo è Cristo stesso la pietra di sostegno della sua chiesa, ma accanto e insieme a lui d’ora in avanti vi è anche Pietro. “Edificherò la mia chiesa”: la chiesa è l’assemblea del popolo di Dio, radunata per il culto, lo studio della legge, la preghiera. La chiesa è di Cristo, ma per tutto il tempo della sua fase terrestre essa è affidata a Pietro. Gesù non si è allontanato dalla sua istituzione, ma vi è ufficialmente presente tramite il suo apostolo. La compagine ecclesiale affidata alle cure di Pietro non teme attacchi di nessun genere e di nessuna provenienza: le porte dell’inferno non prevarranno contro di essa.
Se la chiesa è raffigurata a un edificio, vuol dire che deve avere innanzitutto una compagine salda, che vale per tutto il tempo della sua esistenza. In essa Pietro ha la funzione più che accentratrice, unificatrice e sostenitrice. Come il fondamento che regge la casa tiene compaginato il vario materiale adibito, l’autorità unifica, coordina le forze centrifughe confluite nella comunità e ne fa un organismo vivo e operante. Kefas non è soltanto un appellativo casuale, ma il nome nuovo che annunzia la funzione dell’apostolo nell’ambito della comunità cristiana. “Essere con Pietro” è la condizione per far parte della comunità di Cristo.
“A te darò le chiavi…”: la metafora delle chiavi esplicita e conferma il contenuto della precedente, la pietra. Nella Bibbia la trasmissione dei poteri è fatta anche tramite la consegna delle chiavi. La consegna delle chiavi fatta a Pietro è segno della sua potestà nella chiesa: egli è il fiduciario e il responsabile immediato. “Aprire e chiudere” significa ammettere o escludere dalla società di Cristo, ma anche interpretare con autorità il suo insegnamento e la sua legge. “Legare e sciogliere”: significa assumere un atteggiamento proibitivo o permissivo nei punti controversi dell’insegnamento ufficiale; nella Chiesa significa interpretare autenticamente l’insegnamento di Gesù, che deve essere sempre più compreso, esplicitato e soprattutto annunziato agli uomini di tutti i tempi. E’ questa la missione di Papa Francesco!
Bibliografia consultata: Ortensio da Spinetoli, 1971.
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