Ma è davvero un nostro nemico, la Russia di Putin? Un nemico dell’Europa e dell’Italia? O è piuttosto un nemico degli USA e noi ci stiamo comportando, per l’ennesima volta, come dei servi sciocchi?
A rilanciare tutte queste domande, sia pure in modo implicito, è lo studio di Coldiretti sulle ripercussioni dell’embargo contro Mosca. Un provvedimento che venne adottato quattro anni fa, con il decreto n. 778 del 7 agosto 2014, e che in seguito è stato ripetutamente confermato. Il ‘casus belli’ fu il dissidio tra Russia e Ucraina, divampato allora e mai più ricomposto. Al contrario: proprio in questi ultimi giorni si sta rinfocolando, rendendo pressoché certo il perdurare di un atteggiamento ostile da parte della UE.
E quanto ci costa, a noi italiani, tutta questa rigidità? Coldiretti ha tirato le somme e ha fornito il totale: solo nel comparto agroalimentare, che è quello di competenza dell’Associazione, il ‘conticino’ assomma già alla considerevole cifra di un miliardo. Dalla frutta alla verdura, dai formaggi alla carne, dai salumi al pesce. E chi più ne ha più ne metta. Anzi ne tolga, visto che ci hanno vietato di esportarli.
In aggiunta, oltre ai danni che si possono calcolare, ce ne sono altri la cui quantificazione esatta è impossibile. Ma che trascurabili non sono di sicuro. Al primo posto c’è l’impatto negativo sull’immagine del ‘made in Italy’: nel vuoto che si è determinato per il venir meno dei nostri prodotti, lo spazio è stato occupato dai surrogati che si spacciano per quello che non sono. Usurpando le denominazioni autentiche, e il fascino genuino, attraverso il noto escamotage del cosiddetto ‘italian sounding’: i nomi riecheggiano quelli originali, o li imitano spudoratamente, e traggono in inganno il consumatore.
Più limitato, ma non irrilevante, è il contraccolpo sui ristoranti italiani in territorio russo: non potendo contare sugli ingredienti nostrani, devono arrangiarsi pure loro con i succedanei che riescono a trovare.
Come sottolinea giustamente Coldiretti, si tratta di un costo insostenibile. E, aggiungiamo noi, insensato. Specialmente nei confronti di un grande Paese come la Russia, le sanzioni commerciali sono un atto di puro autolesionismo. Il classico caso in cui i politici si fanno belli a spese dei cittadini. Loro si ergono a giudici delle nazioni invise, impartendo la ‘lezione’ ai cattivi di turno, e se ne strafregano delle conseguenze interne. Come anche della sostanziale inutilità di queste misure come arma di pressione: non è che se non arrivano i tortellini o il culatello o la ‘nduja il Cremlino decreta lo stato d’emergenza e invoca pietà.
Coldiretti pone il problema dal suo punto di vista, ma la questione riguarda anche tutti gli altri settori dell’export italiano. E sarebbe bene che le relative associazioni si muovessero anche loro, a suon di cifre e di proteste.
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