Schneider Rieti, la battaglia e le speranze dei 180 lavoratori
La vertenza è cominciata nel 2012, quando l’azienda ha annunciato la chiusura per investire in Francia e in Bulgaria
Uno stabilimento all'avanguardia nell'automazione per la produzione di diversi modelli di interruttori elettrici. All'improvviso la multinazionale francese Schneider electric comunica ai 180 lavoratori del sito reatino che da aprile 2014 la sede avrebbe chiuso per trasferire la produzione in Bulgaria. La vertenza Schneider è cominciata in modo totalmente inaspettato quando, nel novembre 2012, la multinazionale francese ha annunciato la chiusura dello stabilimento reatino, dove lavoravano 180 operai altamente specializzati, impegnati nella fabbricazione di diversi modelli di interruttori elettrici.
La Schneider, un colosso da 19 miliardi di fatturato mondiale e 110 mila dipendenti, ha annunciato che avrebbe abbandonato l'Italia per investire in Francia e in un paese low-cost, in questo caso la Bulgaria. Dopo l'annuncio della chiusura, Schneider ha avviato lo svuotamento dello stabilimento offrendo 37 posti in altri siti di cui 22 al Nord Italia e 15 in Francia.
Ma gli operai di Rieti non si sono arresi: solo pochissimi hanno accettato la proposta mentre la maggioranza ha deciso, appoggiati dai sindacati, di chiedere una soluzione che potesse coinvolgere tutti i 180 dipendenti, un percorso individuato anche dal ministero dello Sviluppo Economico, ovvero una soluzione industriale per il sito. Il paradosso è che l'azienda è un modello di eccellenza nell'automazione, mentre il prodotto che sostituirà quello attualmente costruito all'interno del sito reatino, sarà costruito in manuale. Rieti era in testa alle classifiche sul sistema di produzione Schneider, nessuno si aspettava la chiusura. Secondo le oo.ss. la soluzione industriale esiste. La multinazionale ha investito 4 milioni in Bulgaria e 18 milioni in Francia ma uno studio dimostrerebbe che con un impegno di 1,5 milioni lo stabilimento potrebbe essere competitivo.
Al momento la produzione è ferma, con gli operai in cassa integrazione che seguono un corso di formazione un giorno a settimana. La speranza rimane quella della reindustrializzazione, con l'arrivo di un acquirente che possa rilevare lo stabilimento e riassumere i lavoratori.