Da pochi giorni le scuole hanno riaperto e i ragazzi sono tornati in presenza. La paura del Covid (e per alcuni, anche del vaccino), sta orientando alcuni genitori a valutare la scelta dell’istruzione parentale. Innanzitutto chiariamo un concetto fondamentale: l’istruzione parentale detta anche familiare dovrebbe essere in carico alla famiglia, quindi a entrambi i genitori (senza sacrificare il futuro del coniuge disoccupato o sottoccupato che spesso è rappresentato dalla donna), che di comune accordo decidono di provvedere in autonomia all’educazione della prole.
E’ chiaro quindi che questa deve essere una scelta condivisa. In ambito legislativo, a partire dall’articolo 30 della Costituzione, a seguire articolo 31 e articolo 34 e i successivi decreti legislativi in materia di educazione, ci soffermeremo solo sul più calzante decreto legislativo del 13 Aprile 2017 n. 62 art. 23 che recita:
“In caso di istruzione parentale, i genitori dell’alunna o dell’alunno, della studentessa o dello studente, ovvero coloro che esercitano la responsabilità genitoriale, sono tenuti a presentare annualmente la comunicazione preventiva al dirigente scolastico del territorio di residenza. Tali alunni o studenti sostengono annualmente l’esame di idoneità per il passaggio alla classe successiva in qualità di candidati esterni presso una scuola statale o paritaria, fino all’assolvimento dell’obbligo di istruzione”.
I genitori che decidono di scegliere la home education o anche detta homeschooling non devono far altro che presentare ogni anno, una dichiarazione al dirigente scolastico della scuola dove si autocertifica il possesso delle capacità tecniche ed economiche per sostenere l’insegnamento parentale. Con cadenza annuale il minore dovrà sostenere un esame d’idoneità per passare all’anno successivo. La scuola scelta ha l’onere di vigilare sugli adempimenti scolastici del bambino. Oltre alla scuola anche il Sindaco del Comune di appartenenza deve vigilare sull’osservanza dell’obbligo scolastico (vedi disposizioni Miur).
Le capacità economiche le possiamo dimostrare con la dichiarazione reddituale che però potrebbe nascondere anche qui delle questioni. Ad esempio dimostriamo di avere un reddito tale per assumere un insegnante privato, per frequentare una scuola parentale, o acquistare materiali didattici, ma chi assicura che quel reddito sia finalizzato all’educazione e non ad altro? Purtroppo la legge non ne parla.
Le capacità tecniche sono ancor più misteriose e arbitrarie. Si potrebbe pensare ai titoli di studio dei genitori oppure essere un bravo educatore, aver conseguito dei master o semplicemente saper educare seguendo le inclinazioni naturali del proprio figlio. Ad oggi non si devono avere requisiti specifici, è richiesta la genitorialità e il conseguente obbligo all’istruzione della prole. A corredo di quanto detto citiamo testualmente l’articolo 26 della Dichiarazione universale dei diritti umani: “I genitori hanno diritto di priorità nella scelta del genere di istruzione da impartire ai loro figli”.
Se da una parte riconosciamo il ruolo fondamentale della famiglia sull’educazione non possiamo fare a meno di osservare la funzione, anch’essa fondamentale, della scuola. La scuola non è solo il luogo della conoscenza ma è luogo d’incontro, d’amicizia, di conflitti, di regole, di dialogo, di aspettative, di confronto. È il luogo per eccellenza dove il bambino impara ad essere parte di un gruppo, e inizia ad assottigliare il suo egocentrismo.
Quanto la famiglia si è dovuta organizzare per portare avanti il programma e il processo educativo? Siamo veramente capaci di sostituirci alla scuola? Siamo veramente in grado di costruire un programma individuale e saperlo modificare e arricchire man mano che i figli crescono? Lasciamo che ognuno faccia il proprio mestiere. Se si sceglie l’educazione parentale si deve avere la consapevolezza di essere in grado di sostituirsi all’istituzione scolastica, complessa, criticata ma pur sempre luogo deputato alla formazione culturale e personale.
Ognuno di noi ha bellissimi ricordi del periodo scolastico, delle maestre, dello scambio di merende, dei compiti in classe e delle risate fuori dalla scuola. Anche per i ragazzi con disabilità la scuola è fondamentale, anzi insostituibile e vengono messi a loro disposizione tutti i mezzi e i sostegni utili a integrarsi con gruppo. L’apprendimento delle materie scolastiche è solo alla base della formazione di una persona. Dobbiamo tenere a mente tutte quelle che definiamo soft skills o competenze trasversali fondamentali quanto le hard skills.
La formazione della personalità, la capacità di problem solving, il lavoro di gruppo, l’empatia, lo spirito d’iniziativa, la leadership, la capacità di risposta allo stress, la crescita dell’autostima, un approccio proattivo. Tutte qualità che nessuna materia specifica insegna ma solo una partecipazione continua alla vita di gruppo a scuola, nel doposcuola, nelle attività extracurriculari saranno fondamentali per una buona strutturazione della personalità e un buon livello di consapevolezza del limite del sé e del rispetto per l’altro.
I dati in Italia confermano lo scarso successo dell’istruzione parentale: circa 1500 bambini rispetto ai 70 mila in UK e oltre due milioni negli USA. Una differenza dovuta non solo alla fiducia che viene riservata ancora oggi alla scuola italiana, ma anche alla scarsa disponibilità di tempo e di denaro che le famiglie italiane, soprattutto dopo il periodo pandemico, hanno a disposizione per poter seguire i propri figli in un percorso delicato e ad ostacoli quale quello delle fasi dell’apprendimento che meriterebbe tutte le attenzioni non solo come docenti ma anche come facilitatori e psicologi, attenti osservatori della sana crescita psichica e intellettuale dei nostri figli.
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