Scuola Rignano: tg5 condannato

Erano state mostrate immagini dell’audizione protetta di quattro bambini della “Olga Rovere”

Confermata, dalla Cassazione, la condanna all'ammenda di 3420 euro, oltre al risarcimento dei danni alle parti civili, nei confronti del direttore del Tg5 Clemente Mimun e di una giornalista della stessa testata per la divulgazione, vietata dalla legge, di immagini di minori presunte vittime di abusi sessuali nell'ambito della vicenda della scuola materna "Olga Rovere" di Rignano Flaminio conclusasi in primo grado con l'archiviazione delle accuse.

La Suprema Corte – con la sentenza 2887 depositata oggi e relativa all'udienza svoltasi lo scorso 12 dicembre – ha sottolineato che chi viola l'art. 734 bis del codice penale (divieto di diffondere senza il loro consenso immagini e dati sulle persone vittime di abusi o pornografia) non può in nessun caso invocare "una scriminante quale è quella del diritto di cronaca".

Perché è stata una precisa "scelta" del legislatore, rivolta in primis agli "operatori dell'informazione", quella di imporre questo "vero e proprio divieto" che non può essere aggirato. Nel caso delle immagini incriminate, che mostravano l'audizione protetta di quattro bambini della "Olga Rovere", il verdetto degli ermellini rileva come sia emerso dall'istruttoria che "il sacrificio della privacy delle vittime sia stato operato non sull'altare dell'interesse generale bensì su quello della tempestività del servizio giornalistico, al fine di dare la notizia per primi, quindi esclusivamente per il successo della testata".

Mimun insieme alla giornalista era stato "il diretto protagonista della confezione del servizio". Per quanto riguarda la mancata concessione delle attenuanti generiche e degli altri benefici di legge, per la Cassazione correttamente i giudici della Corte di Appello di Milano – con decisione del luglio 2012 – le hanno negate in presenza "del riscontrato dolo, palesatosi con la piena subordinazione dell'interesse alla riservatezza delle giovanissime vittime di gravi (seppur presunti) abusi alle ragioni non tanto della cronaca quanto della competizione giornalistica".

Gli imputati – osserva la sentenza – non si sono nemmeno "preoccupati" di "commettere, pur di pubblicare la notizia esclusiva, anche l'ulteriore reato" di diffusione di atti di un procedimento penale non pubblicabile, reato che hanno estinto per oblazione. I ricorsi sono stati dichiarati "inammissibili" e 'multati' con il pagamento delle spese processuali e il versamento di mille euro alla Cassa delle ammende

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