Le scuole di danza in Italia rappresentano un comparto dello spettacolo dal vivo molto importante: la formazione dei danzatori è affidata quasi totalmente a loro. Non solo. La loro valenza educativa e sociale è ormai ampiamente provata poiché contribuiscono, in maniera sostanziale, alla promozione, allo sviluppo e alla diffusione della cultura nel nostro Paese, svolgendo un’attività di primaria importanza a livello sociale e aggregativo per i giovani e formando il pubblico del domani.
La tremenda emergenza della Covid-19 che ci ha travolti, immergendoci in una situazione surreale, ha imposto la loro chiusura mettendole in ginocchio. Nel decreto “Cura Italia” la categoria non è citata in alcuna misura di sostegno, sia in termini di ammortizzatori sociali che in altri ambiti economici. Carlotta Bilato è tra le danzatrici ferme.
Oltre all’aspetto economico, attuale, quali altre problematiche hanno le scuole di danza?
«Il momento è davvero difficile oltre a tutte le spese che stiamo affrontando come mutui, affitti e utenze che continuiamo a pagare senza nessuna entrata economica da quando il decreto ce l’ha imposto (8 marzo 2020), si rischia di compromettere un intero anno di lavoro, impegni in Italia e all’estero come concorsi, audizioni, nuovi ingaggi in compagnie saltati o annullati (con strascichi di minimo ulteriori due-tre anni). I teatri hanno calato il sipario e tutti coloro che ne fanno parte, danzatori, attori, musicisti, tecnici, organizzatori, maestri coreografi , costumisti sono a casa, giustamente, ma senza tutela, risposte, possibilità di lavoro».
«Alla scadenza dell’ultimo DPCM saranno 60 giorni di chiusura (al nord Italia 80 giorni) per le scuole danza, in nessuna manovra del governo LA CULTURA E L’ARTE SONO STATE CITATE eppure nelle scuole di danza facciamo cultura, benessere per mente e corpo, condividiamo emozioni e sentimenti veri, ma per lo stato siamo invisibili. Noi, che rappresentiamo l’art 9 della Costituzione della Repubblica Italiana: “Gli artisti sono la parte viva di una società civile, sono ciò che rende dinamico un paese, sono l’impulso alla crescita culturale, sociale ed economica di una nazione”».
«In realtà ora siamo nulla: lo Stato continua a non tutelarci, trattandoci non come lavoratori, ma come bambini che inseguono un sogno o un hobby. L’insegnante di danza costruisce ogni giorno LA CULTURA della società; aiuta a crescere imparando le regole, il rispetto dell’altro, ad ascoltare prima di parlare, a rispettare l’autorità, a convivere con lo “spazio” dell’altro con disciplina. Insegna la pazienza, il sacrificio, la sopportazione del dolore fisico. La scuola di danza nei piccoli paesi (così come nelle grandi città) offre un’alternativa ai “muretti” di quartiere, alle ore infinite davanti a tablet, computer e telefonini».
Quali misure si dovrebbero adottare, e vi aspettate, che vengano attuate a vostro favore?
«In una marea di voci di corridoio, fake-news, ipotesi, dove quotidianamente siamo coinvolti come al solito il calcio ha già un piano A, B e pure C. Io sono una danzatrice e insegnante di danza non spetta a me elaborare le misure o le proposte, immagino e spero ci sia qualcuno di competenza; so solo che “reinventare la danza” per “aggiustarla” a norme come il distanziamento sociale sarebbe difficile (non impossibile!) e si andrebbe a perdere la sua vera essenza».
«Alla sollecitazione per la riapertura ritengo indispensabile il parere di epidemiologici ed esperti che si esprimano con cognizione di causa. Al momento dato nelle ultime settimane si sono mossi perorando la causa, molti volti noti (Nicoletta Manni, prima ballerina alla Scala, Eleonora Abbagnato, ballerina e direttrice del Teatro dell’Opera di Roma, Steve La Chance, Ilir Shaqiri, Kledi Kadiu e molti altri) mi auguro che il governo nel prossimo decreto si attivi anche per il settore danza (me lo auspico per tutte le associazioni sportive, culturali)».
Lo smart working è uno strumento utile per insegnare danza?
«100% Danza sta svolgendo degli appuntamenti on-line con i propri allievi, dai più piccoli ai corsi avanzati (con questi ultimi già da metà marzo) ma con limiti didattici del mezzo digitale, specie considerata la complessità dello studio della danza. Con lo smart working si prova a dare la possibilità di allenarsi, mantenersi attivi, curiosi e ambiziosi per il futuro.
Il legame dei rapporti umani specialmente maestro-allievo vivono di passione, sentimenti e gesti talmente profondi che la tecnologia non potrà sostituire».
Confidiamo che gli appelli dei danzatori siano accolti dal Governo! Un settore così importante non può essere abbandonato e scomparire nel nulla! Anche la ripresa futura delle attività sarà piena di difficoltà e a rischio perché niente sarà come prima! Auguro a tutti di tornare quanto prima nelle amate sale danza a diffondere l’arte.
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