Se Draghi è il vero Super Mario la folle scelta di Renzi avrebbe un senso
Perché dovremmo sperare che Mario Draghi ce la faccia? Per diverse ragioni: la prima è che è un uomo che sa cosa fare e come farlo
La scelta di “Capitan Fracassa” Renzi
Matteo Renzi ha voluto tirare al massimo la corda per costringere Giuseppe Conte, secondo le sue intenzioni, a migliorare l’azione di Governo. Renzi era cosciente che la corda si sarebbe potuta spezzare, ma sull’altro piatto della bilancia c’era l’utilizzo delle immense risorse – cioè i prestiti – ottenute dall’Europa per il rilancio dell’economia italiana. La corda purtroppo s’è spezzata, per colpe che vanno ripartite forse in parti uguali tra Renzi, per lo stile da Capitan Fracassa che lo caratterizza, Conte e i Cinquestelle, per il reiterato immobilismo e il PD, per la tendenza, congeniale a Zingaretti, a fare il pesce in barile.
Il Risiko della crisi al buio
Una crisi suicida, aperta al buio e gestita alla cieca, che avrebbe potuto portare a quelle elezioni anticipate che nessuno di loro voleva. Le elezioni sono una parte vitale della democrazia e in tempi normali vanno addirittura auspicate. Ma l’Italia non conosce tempi normali da quando la crisi economica internazionale ha evidenziato le debolezze strutturali del nostro sistema Paese, costretto poi a confrontarsi con le limitazioni alla spesa pubblica imposte dall’Europa per arginare l’immenso debito pubblico che abbiamo accumulato. La pandemia ha fatto il resto, amplificando ulteriormente, se mai possibile, i problemi.
La scelta di Mattarella
Per il momento il Presidente della Repubblica ha scongiurato lo scioglimento delle Camere. Egli, oltre ad essere il garante della costituzione è anche di tutore degli interessi primari della Nazione. Mattarella ha detto chiaramente di aver valutato l’ipotesi di indire le elezioni, ma di averla scartata dopo aver considerato i rischi ai quali sarebbero stati esposti la salute, l’economia e il futuro dell’Italia.
Il Presidente ha quindi optato per l’estremo tentativo di scongiurare questi rischi, affidando prima un mandato esplorativo al Presidente della Camera Roberto Fico, il quale ha dovuto prendere atto dell’impossibilità di ricomporre i pezzi del Governo Conte e poi chiamando Mario Draghi a tentare di formare un governo, possibilmente di larghe intese.
Un uomo di valore per una scelta difficile
Si può discutere Mario Draghi per la sua storia personale o per la sua appartenenza all’establishment finanziario, ma due punti sono indiscutibili: le sue capacità, universalmente apprezzate e il suo attaccamento all’Italia. Non sappiamo se Draghi riuscirà o meno a formare un governo. I primi segnali sono positivi, visto che persino Salvini non ha assunto una posizione pregiudizialmente ostile. Ma i politici italiani ci hanno abituati a sorprese di ogni tipo, quindi incrociamo le dita.
Ma perché dovremmo sperare che Draghi ce la faccia? Per diverse ragioni.
I punti di forza di Draghi
La prima è che avremmo finalmente a capo del Governo una persona di grande esperienza. Un uomo che sa cosa fare e come. Non è cosa da poco. Giuseppe Conte forse sapeva “cosa” ma non sembrava avere chiaro il “come”, attorniato com’era da tanti Ministri improvvisati e inadeguati.
La seconda è che Draghi, per la libertà che gli deriva dalla sua autorevolezza e dal mandato “ultimativo” ricevuto da Mattarella, non sarà disponibile a formare un governo di basso profilo o dal programma confuso, né rischierà la credibilità e il prestigio conquistato in anni di duro lavoro su un progetto fallimentare.
La terza è che gli attestati di stima che i Governi mondiali formulano ad ogni nuovo Premier, stavolta non saranno formali ma sostanziali, per il prestigio che quest’uomo ha saputo conquistare ovunque e con chiunque, persino nei momenti di duro confronto. La discesa dello spread sotto “Quota 98” al solo annuncio dell’incarico a Draghi, la dice lunga sulla fiducia che egli ispira.
La speranza della “spesa pubblica buona”
L’entusiasmo a priori non ha mai senso né è auspicabile. Ma se il Governo Draghi si formerà, avrà come obiettivo la rinascita dell’Italia attraverso quella che egli stesso ha definito “spesa pubblica buona”, cioè la spesa pubblica capace di innescare processi virtuosi e non dispersa in mille rivoli assistenziali o clientelari. Una spesa capace di creare occupazione e benessere attraverso lo sviluppo delle imprese e il riordino della macchina pubblica. Un tentativo che in passato è spesso fallito o per le condizioni generali, che limitavano le possibilità di spesa o per l’inadeguatezza dei governi, interessati a mantenere il consenso con regalie localistiche e prebende agli amici. E per incredibile che sia, se Draghi dovesse riuscire alla fine darebbe un senso alla folle scelta di Renzi.
Da “Unitalian” a “Superman”
La stampa anglosassone ha definito Draghi, per le capacità, la tenacia e la calma mostrata nelle situazioni critiche “The unitalian”, per sottolineare la sua “non italianità” rispetto allo stereotipo arruffone, approssimativo e meschino dell’italiano incarnato dai personaggi di Alberto Sordi. Ma Draghi non si è mai confrontato con la sfida di governare un Paese, impresa che, per chi vuole riformare l’Italia, fa davvero “tremare le vene ai polsi”. Ma se riuscirà in questa impresa, risvegliando l’Italia dal suo torpore e dalla subalternità politica ed economica, potrà davvero fregiarsi del titolo, che qualcuno gli ha già tributato in passato, di “Super Mario”.