Categorie: Opinioni

Se il popolo tradisce nasce il terrorismo

Sono stato e sono, spettatore forzato dello stupro, della'assassinio e della vendita della mia terra da parte del popolo italiano, coglione, dei suoi rappresentanti politici, giornalisti e conduttori TV che hanno capito la coglionaggine di questo popolo. Molto hanno contribuito a tale scempio i vostri cosiddetti intellettuali, più coglioni del popolo, ma con una piccola differenza, gli intellettuali per dire le loro cazzate insensate, non dico ignoranti perché dovrei chiedere scusa ai veri ignoranti che sono uomini veri e sinceri, vengono pagati profumatamente con i soldi del popolo bue.

Ne sarà valsa la pena, constatando ieri e oggi il tradimento del popolo italiano, combattere contro l'insurrezione armata? Così la chiamavano, senza sapere che era tutto un gioco politico e di potere nel quale sono morti centinaia di ragazzi che indossavano la mia divisa e inermi cittadini. Oggi come allora mi rendo conto che non è possibile contrastare quel potere, eravamo e siamo delle pedine mosse da sciacalli in cravatta che giocavano e giocano con la nostra vita per i loro sporchi affari.

Chi sparò per uccidere, oggi è esaltato da tutti i media, è eletto in parlamento, fa il sindaco nei grandi comuni appoggiati dalla vostra classe politica, è uno scrittore affermato e fa lezioni nelle università. Alcuni prendono la pensione da parlamentare. Tutto il sangue versato è stato inutile, vergognati popolo italiano, che il sangue di quei ragazzi che credevano nella libertà ricada su di voi.

Non credo più in questo popolo, non credo più nei suoi rappresentanti politici, nei suoi giudici, nei suoi giornalisti, nei suoi intellettuali, tutti eredi di quegli anni dove è stato versato sangue innocente per tutto il territorio italiano, sangue umile e contadino pronto ad essere sacrificato per le vostre ambizioni di potere, e oggi ne è la dimostrazione tutti voi avete speculato sulla loro morte e siete uomini importanti di questo popolo infame, coglione e traditore, mentre quei morti stroncati a 20 anni di età sono dimenticati, sono stati solo dei numeri di matricola da sacrificare per il vostro sporco gioco.

Ecco una delle tante prove:
Tutti ricordate la vicenda del caso Battisti su tutti i quotidiani ci sono state paginate scandalizzate, sempre in nome del "rispetto per le vittime", interviste solidali al povero figlio del gioielliere ucciso, costretto a vivere su una sedia a rotelle, immagine vivida del dolore che ha provocato il terrorismo in Italia.
Il rimprovero al Brasile, con scatto di patetico orgoglio nazionalista, dovrebbe far avanzare il sospetto che l'Italia, in nome del "rispetto per le vittime", sia stata inflessibile contro i terroristi.

Che il Giorgio Napolitanooffeso con i carioca non sia lo stesso che ha firmato la grazia per l'assassino materiale del commissario Calabresi, Ovidio Bompressi. Che i soloni che chiedono la caccia grossa in Brasile a Battisti non siano gli stessi che firmavano pagine in nome del diritto di Giorgio Pietrostefani, condannato per lo stesso omicidio, di viversene tranquillo in Francia a poche centinaia di chilometri dal nostro confine.

O coloro che vantano amicizie con Francesca Mambro e Giusva Fioravanti, condannati a nove ergastoli, completamente liberi e osannati dai media anche se per la giustizia italiana hanno ucciso oltre cento persone (e ferito altre duecentoventi) alla guida dei loro violentissimi Nuclei armati rivoluzionari.

Vi faccio l'elenco, va. Così ci capiamo meglio:
Giovanni Senzani, capo delle Brigate Rosse, in semilibertà dal 1999, oggi completamente libero.

Renato Curcio, capo delle Brigate Rosse, in semilibertà dal 1993, oggi completamente libero
Alberto Franceschini, capo delle Brigate Rosse, libero dal 1992
Corrado Alunni, capo delle Brigate Rosse, in semilibertà dal 1989, oggi completamente libero.

Adriana Faranda, capo delle Brigate Rosse, completamente libera dal 1994.

Giusva Fioravanti, capo dei Nar, in semilibertà dal 1999, oggi completamente libero

Francesca Mambro, capo dei Nar, in semilibertà dal 1998, oggi in libertà condizionale (nessuna limitazione)

Lauro Azzolini, capo di Br-Walter Alasia (quattro ergastoli), è in semilibertà

Sergio Segio, capo di Prima Linea, completamente libero dal 2004

Marco Barbone, capo della Brigata 28 marzo (omicidio Tobagi), libero dal 1983

Giovanni Senzani ha sparato undici proiettili addosso al ventiquattrenne Roberto Peci e ha trattato con lo Stato per il sequestro Cirillo. Mambro e Fioravanti hanno ucciso a sangue freddo persino i passanti, ma poi si sono lamentati con il Corriere della sera perché loro erano all'ergastolo ma i loro camerati erano al governo. Discrasia rapidamente risolta. Tutte le figure di vertice del terrorismo italiano, quelle che hanno causato morte e distruzione e dolore infinito, sono fuori.

Non da oggi. Da lustri. In alcuni casi da decenni. Tranne Barbone, non si è mai dissociato né pentito. Non ha mai dato informazioni né raccontato la verità. L'elenco sarebbe lunghissimo, gli assassini in libertà sono decine: Valerio Morucci, Annalaura Braghetti, Antonio Savasta, Barbara Balzerani, Paola Besuschio, il feroce Mario Moretti (solo semilibero), Raffaele Fiore, Franco Bonisoli ecc ecc.

Pontificano, scrivono libri. L'esponente di Prima Linea, Sergio D'Elia, condannato per fatti di sangue, è stato eletto persino deputato, così come attraverso il posto di deputato si liberò dal carcere Toni Negri, salvo poi rientrare in Italia per una microdetenzione finale.

Il capo della formazione terrorista (Pac – Proletari armati per il comunismo) a cui si affiliò Cesare Battisti si chiama Pietro Mutti. E' il principale accusatore di Battisti e pur essendo riconosciuto colpevole di omicidi ha trascorso in carcere solo otto anni. Ma, in nome del "rispetto per le vittime", è l'Italia a doversi vergognare.

Non il Brasile. Ha scarcerato tutti silenziosamente senza chiedere neanche loro di dire la verità. Ha calpestato il dolore di centinaia di famiglie, lo Stato italiano.
Giorgio Napolitano, tacendo, farebbe una miglior figura ai loro e ai nostri occhi.
Che provano a tenere viva una memoria. Almeno quella, perché la giustizia sappiamo in che posto è finita, in questo paese.

Redazione

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