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Se ne è andato un mito vero: Diego Armando Maradona, il 25 novembre, come George Best

Se ne è andato un mito vero: Diego Armando Maradona. Per passare all’altra dimensione, però, non si è accontentato di un giorno qualunque. Ha scelto il medesimo della morte di un altro amato mito genio-sregolatezza come lui: Geoge Best! Io, in questo momento, non riesco a scrivere nulla. La mia anima è veramente addolorata e pretende il silenzio. Ma vorrei ricordare Dieguito con questo articolo da me scritto più di venti anni fa.

Maradona come Leonardo da Vinci…

Leonardo da Vinci, è l’essere che nella storia dell’umanità, si è avvicinato maggiormente alla figura del genio completo.

Egli, molto modestamente, si considerava un semplice artista, ma attraverso la visione e lo studio dei suoi preziosi appunti, comprendiamo, che molte cose da lui intese come “concetto d’arte”, potrebbero rientrare, nello spazio delle scienze naturali.

Vedere e sapere, per lui, coincidevano. Riteneva, l’occhio, strumento ideale per esplorare la natura, e diceva, che gli artisti sono i migliori scienziati, per il loro spirito d’osservazione. Perché meditano su ciò che vedono e lo comunicano per mezzo dei colori e delle forme. Eseguiva opere che nonostante il tempo trascorso dalla realizzazione, ci giungono con i loro concetti, nitidi all’anima e s’impadroniscono di noi. Fu il primo, a disegnare macchine volanti e l’interno del corpo umano. Mirava all’armonia della forma, e l’energia esplosiva, delle figure e scene da lui rappresentate, pur restando, immobili, sulle due dimensioni delle tele, danno la sensazione a chi le guarda, che stiano fuoriuscendo da esse, per entrare nei loro corpi e diventare carne e spirito.

Le sue opere hanno un fascino irreale, ossessionante; entrano nel luogo della fantasia dell’osservatore e non gli danno pace, col loro mistero infinito. Ricordo splendidi disegni sulla “natura in azione”, terremoti, apocalisse, animali, opere straordinarie, uniche. L’ispirazione, gli era elargita, secondo il mio modo d’intendere, direttamente, da Dio. In Leonardo, la materia inerte, prendeva improvvisamente vita e come detto, per giungere a quei risultati, occorreva, per forza, possedere qualcosa di divino…o…essere la divinità stessa.

Quelle numerose volte in cui il pensiero va a lui, mi domando se egli ha considerato il “dono”, come una grazia o una maledizione. Il suo carattere, non certo facile, da molti considerato “strano”, destava, però, riverenza, rispetto.

Diego Armando Maradona, come Leonardo da Vinci, è ormai nella storia dell’umanità, ed è universalmente riconosciuto come genio anche lui.

Qualcuno, obietterà che il paragone che sto azzardando sia irriverente nei confronti del pittore…ma se continuate a leggermi, forse riuscirete a capire meglio se sto vaneggiando, o se il mio pensiero si avvicina ad un piano di verità accettabile. Non so se Maradona dipinge, ma penso che anche se egli dipingesse non riuscirebbe mai ad eguagliare Leonardo…neanche so, se Leonardo, nato a Vinci, vicino Firenze, non abbia mai giocato a calcio. Sono certo che quest’affascinante gioco (mi spiace per gli inglesi) ideato nella splendida città toscana, anche se con regole diverse da quelle d’oggi, doveva essere conosciuto da “Leonardito”. Penso però, che anche se ha giocato, non ha potuto mai eguagliare la grandezza di “Dieguito”.

Mi domando, sovente, come Maradona si considerasse…se si riteneva artigiano, artista, genio, o semplicemente un uomo che giocava a calcio. Non conosco il suo pensiero sull’argomento, ma qualunque sia stato o sia, non cambia l’essenza del mio sentire.

Per me, Diego Armando Maradona è un genio totale. Mi assumo la responsabilità nell’affermare che le sue giocate, (jugadas), sono entrate prepotentemente a far parte del “concetto d’arte”, e alcune anche nello spazio delle scienze naturali, della fisica.

Diego, aveva un occhio acutissimo: occhio di lince. Gli antichi, assicuravano che l’occhio del mammifero “attraversava le pareti”. Maradona, come Leonardo, considerava l’organo della vista, come strumento ideale d’esplorazione…del campo, d’ogni zolla, d’ogni filo d’erba, d’ogni pendenza del terreno, dei suoi “avversari”, della porta, della natura che lo circondava. Lo aveva affinato, nelle interminabili partite, nei “campitos” di Villa Fiorito e di Buenos Aires…oltre averlo ereditato cromosomicamente.

Per il da Vinci “vedere” e “sapere” coincidevano; per Maradona, avevano anche lo stesso significato. Egli “vedeva e sapeva”, e il suo “vedere”, passava inosservato ai difensori delle squadre contro le quali giocava, e che tentavano, spesso, in vano, di fermarlo, con ogni mezzo. Dieguito, vedeva…vedeva con tutto il corpo tutto il campo.

Alcuni difensori, che incontrava, sconvolti, gli spostavano i lunghi capelli dalla nuca per vedere se egli avesse qualche occhio nascosto dietro la testa…visto che non riuscivano a capire com’egli facesse a gabbarli senza neanche voltarsi; e riuscisse a fare passaggi smarcanti per i compagni…o direttamente un gol. Prima che la palla arrivasse a lui, come tutti i grandi, di questo gioco, “già aveva visto” e “già sapeva” dove, come, e quando, collocarla nel luogo in cui lui desiderava che la palla dovesse andare a finire.

Provate, per un attimo, a guardare o immaginare uno schermo televisivo…

Avete già guardato? Immaginato? Bene!

Sono certo che voi siate in possesso delle vostre capacità cognitive, logiche, geometriche, ed alla mia domanda: “Che forma ha un televisore?”, risponderete : “Rettangolare”. Bravi! “Ed un campo da gioco?” “Rettangolare”- aggiungerete ancora. “Bravi! Bravissimi! “E quali sono le dimensioni dei televisori e dei campi?” “Le tv sono di varie dimensioni ed i campi pure, ma hanno dimensioni massime e minime” Bravi!Bravissimi! Bravissimissimi! Parlo di televisori e di campi, perché l’opera “maradonesca”, si poteva ammirare dal vivo sul campo o attraverso le tv.

Provate ora a pensare alle tele dei pittori. Sono, di varie dimensioni e in larga maggioranza rettangolari…anche se qualcuno usa tele ovali o di altre forme. Ecco, in questi spazi racchiusi da un rettangolo, si svolge l’azione artistica. Gli strumenti adoperati dai due geni, sono diversi, ma il risultato sarà lo stesso: l’opera d’arte.

Leonardo adoperava la mano, Diego, il piede. Tutti e due, erano mancini. Mi potete, perfidamente, far notare ancora, che Diego nel 1986, adoperò pure la mano, contro gli inglesi…ma quella come si sa era “la mano de Dios”, non quella di Maradona. Per vostra conoscenza vi racconterò, che per sfida, Leonardo, si mise un pennello tra le dita del piede sinistro e dipinse un quadro di una donna. Il premio, ve lo lascio immaginare.

Tentate di ricordare le giocate di Diego Armando Maradona…e create delle linee, che seguano i suoi movimenti sul rettangolo di gioco; come fanno a volte i manovratori delle moviole, con quelle penne incorporate ai computer…ottiche, mi sembra che si chiamino.

Alla fine della partita, noterete che non c’è una linea disarmonica, in disequilibrio, e fuori luogo. Chi se ne intende di quadri, mi capirà facilmente; gli altri, attraverso l’istinto, intuiranno ciò che voglio comunicare. Il significato è lapalissiano, ma per essere ancora più chiaro, voglio affermare che nella costruzione dell’opera, Maradona, adoperava lo spazio con naturalezza e vi costruiva l’impianto scenico con talento sublime.

Le sue azioni, sono rimaste nelle nostre menti come i quadri più belli, come i film d’autore più coinvolgenti, incisi nella nostra anima. I colori, che adoperava, erano quelli delle squadre in cui ha militato e quelli degli sportivi festanti sugli spalti…celeste e bianco della “selecciòn argentina”, rojo y negro de Newell’s old boys, azzurro ed oro del Boca Junior, quella del Barsa, dell’Argentino Junior e quella Celeste del Napoli: la tavolozza, era policromatica.

Leonardo da Vinci, diceva, come prima avete letto, che gli artisti sono i migliori scienziati…e se lo affermava lui, io non posso che essere d’accordo.

E’ innegabile che Diego Armando Maradona, nel suo campo, è stato un ineguagliabile artista, perciò, ascoltando il precetto leonardesco, egli è da annoverare pure tra i migliori scienziati mondiali.

Dieguito, secondo me, non solo ha sconvolto difensori e portieri, ma anche le leggi della fisica; forse, creandone una nuova: “La fisica maradomica”o “maradonica”o “maratomica”…così come c’è la fisica atomica o nucleare.

Ricordate quando Don Diego palleggiava? Ricordate, anche, certamente, che un cerchio, è una superficie geometrica limitata da una linea curva chiusa i cui punti sono tutti egualmente distanti dal centro. Tanti cerchi della medesima dimensione, fatti passare attraverso uno stesso diametro, formano una sfera…una palla…o un pallone, come preferite. Spero di non confondervi e confondermi.

Se noi prendessimo la linea curva chiusa e la aprissimo, sarebbe più lunga del diametro (non ricordo di quanto e se c’era un metodo per calcolarla). Orbene…io, “mi dispero”, ma nonostante il tentativo di una spiegazione logica, non sono mai riuscito a capire come Diego, col suo mitico piede sinistro, girandolo intorno alla circonferenza della palla, riuscisse ad arrivarle di sotto, prima che essa cadesse per terra, e continuasse a palleggiare con quell’abilità straordinaria che gli era, da tutti, riconosciuta e quel sorriso infantile, de “pibe”, che conosce, ormai, tutto della vita, e se ne prende beffa.

Non è questa una sfida alla fisica?…una sfida a Newton e le leggi della gravità universale? Io non riesco a far quadrare il cerchio del mio pensiero.

Ricordate quella discesa messicana nella quale si trascinò dietro tutta la possente difesa inglese e poi segnò quel gol incredibile? Quale nome, noi, dovremmo dare a quell’evento? Non somiglia ad una macchina volante di Leonardo? Ricordate i suoi tiri ad effetto?…non erano altre sfide alla fisica? Mi sono spesso chiesto, quando calciava Maradona, cos’era che faceva cambiare improvvisamente direzione ed altezza alla palla.

Aveva gli angioletti in cielo che erano amici suoi e soffiavano su di essa?o aveva un contratto esclusivo con Eolo? E i gol dal calcio d’angolo? E da centro campo? E la “chilenita”, “la rabona”, “la bicicletta”, “el doble paso” o “el paso doble”, “el tango”, “la zamba” ed “il samba” “la salsa” “el merengue” “la cumbia”?…insomma Dieguito-Diego-DiegoArmandoMaradona-DonDiego, ha fatto ballare tutti i ritmi ai difensori avversari, ma non ricordo mai che li abbia derisi, presi in giro.

Nessuna palla, si è mai sentita offesa da Dieguito. Lui, non solo dava ad esse del tu, ma da materia inerte quali erano, donava ad esse la vita, le rendeva gioiose. Vuoi mettere una palla calciata in gol da un giocatore qualunque ed una calciata in gol da Maradona? L’energia vitale che egli sprigionava nelle sue corse, petto in fuori, testa alta, e palla incollata al piede, mi rammentano le scene leonardesche della “natura in azione”o come ho scritto prima, “le macchine volanti”. Le sue “ superjugadas”, le sue opere, hanno un fascino irreale, che m’impongono di rivederle ogni volta che ne ho l’occasione o il desiderio..

Ricordo che nel 1990, andai, con mio fratello, a trovare alcuni giocatori amici a Trigoria, quando si allenavano con la nazionale argentina. Dieguito scese in campo dopo tutti gli altri. Quel giorno non si allenò, non stava tanto bene… ma si mise a giocare la partitella, con le scarpette slacciate. Non ci crederete, ma fece cose straordinarie, e non riesco a capire come ci riusciva, e come nessuno gli calpestava i lunghi lacci.

Dell’affetto che i suoi compagni nutrivano per lui, già si sa tutto, per cui non mi soffermerò ancora su questo. Credo che anch’egli come Leonardo, abbia una comunicazione diretta col divino.

Forse, per tutto quest’insieme di cose, l’irraggiungibile genio creativo di Diego Armando Maradona, risplende ancora oggi così luminoso. Egli, non solo è stato famoso nella sua epoca professionale e ne ha reso ampia testimonianza, ma la ha vissuta pienamente, la ha sentita più intensamente degli altri in tutte le sue vicende, nelle sue speranze, nelle sue delusioni. Dieguito trova, come fanno i veri geni: senza volerlo. Forse con un pizzico di pensiero anarchico, rifugge ogni conformismo.

E’ uno dei rari artisti della nostra epoca ed è la sua autenticità a renderlo tale. Non è soltanto l’artista-calciatore o il calciatore-artista più universale, ma anche il più umano il più vero…proprio perché ha vissuto, come dicevo, la sua epoca ed ha pagato in prima persona, e ad alto prezzo, il suo incredibile talento e ciò che la vita gli ha messo a disposizione. Potrei andare all’infinito, scrivendo del “pibe de oro”, ma un articolo deve pur finire.

Sono certo, in ogni caso, che la sua migliore opera d’arte, deve ancora realizzarla ed egli ce la sta mettendo tutta per portarla a termine, ed emozionarci per l’ennesima volta…per far sì che il “dono” sia una grazia e non una maledizione.

Dieguito, fu il primo essere, a chiamarmi “signore”, nel 1979, al Hilton di Roma, ed io non l’ho mai dimenticato.

Il 24 di Dicembre del 2002, mi ha voluto onorare, inserendo la canzone che negli anni ottanta gli avevo dedicato, nel suo sito ufficiale, e facendomi vivere il Natale più bello della mia esistenza. Grazie, Signore Maradona.

De alma a alma, Domenico Mimmo Politanò

Nesta e Totti, eterni simboli del calcio romano

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