Sta diventando un po’ troppo martellante, la propaganda della Chiesa a favore degli immigrati. Al punto che se il Vaticano fosse considerato una vera e propria nazione estera, anziché l’attuale ibrido “ad assetto variabile” tra un’organizzazione religiosa e un’entità statale, ci sarebbe da accusarlo senza giri di parole di interferenza negli affari interni dell’Italia. E magari da interrompere le relazioni diplomatiche, almeno per qualche tempo.
Purtroppo, invece, questa chiarezza non c’è. E non ci può essere a causa dello status particolare, anzi anomalo, di cui gode il governo mondiale dei cattolici. Uno status che venne sancito dai vecchi Patti Lateranensi del 1929 (quasi cento anni fa!) e che ha avuto poi una riconferma nel Concordato del 1984.
Tuttavia, in attesa o nella speranza di arrivare a una revisione sostanziale di tali accordi, se non proprio a un loro disconoscimento in blocco, bisognerebbe quantomeno passare al contrattacco in maniera sistematica. E non stancarsi mai di dire/ricordare al Papa & C. che lo Stato italiano non riconosce loro la benché minima autorità. Né spirituale, né morale, né tantomeno politica.
La verità sarebbe evidente, se si avesse l’onestà di riconoscerla. Ciò che viene predicato dalla Chiesa è funzionale ai suoi interessi di proselitismo indiscriminato, e più che mai indirizzato a quei popoli che più facilmente possono abboccare alle lusinghe del Vangelo. Ma per gli stessi motivi è in antitesi con le nostre esigenze di tutela sociale ed economica dei cittadini italiani. Anzi: degli italiani-cittadini. Tanto per sottolineare che l’italianità precede la cittadinanza. Visto che si è italiani per stirpe, e non per mera iscrizione anagrafica.
Matteo Salvini fa benissimo, a ribadire che lui risponde appunto “agli italiani e non ai vescovi”. Ma di contro paga pegno al suo essersi dichiarato cristiano: che è poi il problema (la croce…) di tutti i leader politici che non abbiano il coraggio di prendere definitivamente le distanze da quell’eredità così ingombrante e così insidiosa. Da quei richiami astratti, per non dire ipocriti, a un amore universale che è semplicemente incompatibile con il mondo reale nel quale siamo costretti a vivere.
Lo stesso mondo reale, di matrice liberista e capitalista e speculativa, che si è affermato in Occidente e altrove senza che il Vaticano gli si opponesse mai con ferrea determinazione. O almeno con ferma continuità. O almeno senza andare a braccetto con i potenti che sono stati via via ai vertici di quel sistema che ha per dio il denaro. Come liturgia il consumismo. Come catechismo i mass media.
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