Sea Watch. La pietà per i singoli diventa un pessimo esempio
La durezza di Salvini può sembrare eccessiva soltanto a chi non guardi al fenomeno nel suo insieme
Domanda secca: ma lo avete capito o no, che lo scontro sulla Sea Watch non riguarda affatto la Sea Watch in quanto tale?
Figuriamoci se il problema può essere questa specifica nave e questo specifico gruppo di immigrati. Il problema, invece, è che questa specifica nave, e questo specifico gruppo di immigrati, sono l’ultimo anello di una catena lunghissima. Che per troppo tempo si è lasciata allungare a dismisura spacciandola per un fenomeno ineluttabile. Da un lato, un sommovimento storico che era impossibile fermare, tipo un cataclisma di livello 9 o 10 sulla scala dei “massamoti”. Dall’altro, un obbligo morale alla solidarietà e all’accoglienza, che nel mondo della competizione globale è una contraddizione in termini.
“I migranti della Sea Watch – titolava ieri un lancio d’agenzia dell’Agi – non capiscono perché nessuno li vuole”.
La risposta è elementare: non lo capiscono perché sono sprofondati nell’aspettativa, nella convinzione, nella certezza, che anche per loro dovesse andare come per gli innumerevoli altri che li hanno preceduti, a meno di essere così sfortunati da incappare in un naufragio autentico e senza scampo.
Lo schema normale è indubbiamente rischioso, ma allo stesso tempo è collaudato. E statisticamente abbastanza sicuro. Ti metti per mare sulla carretta di turno, lanci l’allarme e aspetti che qualcuno lo raccolga. Cosa tutt’altro che improbabile, tra le navi commerciali in transito e quelle “umanitarie” di vedetta. A quel punto, il più è fatto: i soccorritori ti prendono in consegna e o prima o dopo arrivi dove volevi. O quantomeno in un posto che ti fa comodo come tappa intermedia verso la destinazione finale.
Non che siano tutte rose e fiori, tra i centri di raccolta e di smistamento (qui in Italia, i vari CPSA, CDA, CARA, CID, CIE, CPR, SPRAR), ma considerato che nella maggior parte dei casi non ci dovevi venire affatto, la tua scommessa l’hai comunque vinta.
Ma è qui che la situazione si complica. Ciò che è buono per te come singolo, e su cui si potrebbe sorvolare se rimanesse un avvenimento sporadico, o se al massimo rientrasse in un afflusso ragionevolmente contenuto, ha purtroppo un risvolto inaccettabile. E, esso sì, inevitabile.
Questo risvolto è che tu diventi un esempio. Agli occhi di chissà quanti altri come te: che preferiscono comunque le società occidentali a quelle di origine. E che con l’andare degli anni, con il perpetuarsi di quel lassismo che abbiamo già ricordato, danno appunto per scontato che l’azzardo al quale si espongono abbia parecchie chance di successo. Se sopravvivono alla traversata del Mediterraneo questo o quel paese europeo si farà carico anche di loro.
Immigrazione: il tempo della durezza
La Sea Watch, suo malgrado, è diventata un simbolo. Il simbolo di qualcosa che deve essere assolutamente fermato, visto che ha superato da un pezzo i livelli di guardia e che non accenna a esaurirsi.
L’irrigidimento di Matteo Salvini si spiega dunque alla perfezione. Il messaggio da lanciare è drastico e definitivo, ed è che il succitato pacchetto “aspettativa-convinzione-certezza” va smantellato per sempre.
Il ricatto dell’umanitarismo deve essere disarmato a priori, mettendo bene in chiaro che il salvataggio in mare non comporta il ricovero a terra: tolti i rifugiati (sui quali peraltro andrebbe rivista la normativa attuale, che è sorta in un’epoca nella quale si poteva largheggiare con le affermazioni di principio nel presupposto, ormai svanito, che a fruirne sarebbe stata una sparuta minoranza) tutti gli altri devono sapere con granitica chiarezza che verranno rispediti nei luoghi di provenienza.
È una posizione dura? Sì, lo è. Ma deve esserlo perché viene dopo tanti anni di acquiescenza. Nella quale, d’altronde, si mescolano insieme le semplici ottusità di quello che una volta si chiamava cattocomunismo e i calcoli infidi di chi ha interesse ad acquisire in Occidente una massa di nuovi proletari da sfruttare, e da mettere in antagonismo con quegli europei che si sono “troppo” abituati a certi standard di reddito e di welfare.
Come spesso accade, nella Storia, gli aspiranti immigrati di Sea Watch pagano per colpe che non sono strettamente le loro. Ma la lezione che li sta colpendo è in realtà destinata a tutti gli altri: clandestino avvisato, mezzo bloccato.